Il lavoro ibrido e la trasformazione degli ambienti professionali stanno ridefinendo il concetto di digital workspace e cambiando la vita di impiegati e manager.
L’ hybrid work è una modalità molto apprezzata dai milioni di italiani che, grazie alla possibilità di scegliere con flessibilità giorni e orari in cui recarsi in ufficio, possono oggi gestire in maniera ottimale il proprio work-life balance. L’attuale scenario richiede alle aziende di definire un nuovo balancing, ripensando a modalità ed aspetti del lavoro come programmi di formazione e sviluppo oltre a nuovi modelli di collaborazione per i team. Inoltre, in questo contesto, è fondamentale mettere a disposizione dei dipendenti una corretta dotazione tecnologica che consenta loro di lavorare al meglio, ovunque si trovino.
Questa nuova modalità di lavoro è destinata a durare nel tempo. Per IDC Worldwide, gli investimenti nelle tecnologie legate al “future of work” hanno raggiunto 656 miliardi di dollari nel 2021. Entro quest’anno si ritiene che il 70% delle aziende avrà adottato il modello ibrido. Per il 2024 si prevede una spesa a livello mondiale arriverà a circa 1 trilione di dollari.
Nel nostro Paese, dove il 50% dei dipendenti preferisce un modello di lavoro ibrido, sono state attivate soprattutto piattaforme digitali per lo svolgimento delle riunioni a distanza – sia nel settore pubblico (71,5%) che in quello privato (64,4%).
Opportunità e mentalità
Quando si parla del modo in cui lavoriamo nella nuova era del lavoro ibrido, si deve necessariamente considerare non solo la tecnologia che lo consente, ma anche la cultura che lo definisce. Oltre a investire nelle tecnologie di esperienza digitale per supportare i dipendenti ovunque scelgano di lavorare, le organizzazioni devono anche ripensare la cultura di una forza lavoro che non è più confinata in un ufficio.
Se la decisione tra il lavoro ibrido permanente e il ritorno in ufficio non fosse già abbastanza difficile, i datori di lavoro devono anche considerare i punti di vista diversi e spesso opposti dei dipendenti. Inoltre, devono farlo bilanciando una serie di questioni culturali, aziendali ed economiche. Come la produttività, la destinazione di uffici vuoti e costosi e il modo per aumentare la collaborazione o ridurre il senso di isolamento.
Il divario più netto tra le opinioni generazionali si riscontra nel modo in cui i gruppi di età considerano lo sviluppo delle connessioni personali. Il 70% della Gen Z (18-25 anni) ritiene che il cambiamento delle circostanze lavorative abbia migliorato i legami personali con i colleghi. Mentre solo il 30% dei Baby Boomers (56+ anni) può dire lo stesso. Forse si tratta di ciò a cui sono abituati: i Baby Boomer hanno lavorato in ufficio per tutta la loro carriera lavorativa. Tuttavia, il mantenimento e la creazione di legami per promuovere team collaborativi devono essere al centro dell’attenzione dei datori di lavoro. Le connessioni sono positive dal punto di vista dell’apprendimento e della socialità. Inoltre, contribuiscono ad aumentare il rendimento del lavoro e i livelli di performance del team e di coinvolgimento dei dipendenti.
Uno dei tratti distintivi del lavoro ibrido è la flessibilità. Possono esserci dei divari di esperienza tra le diverse generazioni, ma i datori di lavoro devono cogliere l’opportunità di colmare questi divari. Questo è necessario durante la transizione verso il nuovo modello di lavoro ibrido, per assicurarsi di costruire una forza lavoro realmente inclusiva e diversificata. Le imprese oggi operano in un mercato del lavoro difficile. Riuscire a trovare un equilibrio tra le esigenze di diversi tipi ed età di lavoratori sarà fondamentale per trattenere e attrarre nuovi talenti.
Sebbene trovare questo equilibrio possa sembrare difficile da raggiungere, la ricerca mostra che c’è una correlazione molto importante che, se risolta, avrà un effetto positivo a catena. Si tratta della correlazione tra l’aumento dei legami personali e il conseguente aumento della produttività e delle prestazioni del team. Sebbene ciò sia particolarmente vero per le generazioni meno giovani, le connessioni di tutte le età sono ciò che aiuta le persone (e l’azienda) a prosperare.
Visione e tecnologia
Per rendere efficace e produttivo il lavoro ibrido non è sufficiente dotarsi di nuove soluzioni tecnologiche. ma occorre agire anche su aspetti legati all’inclusività e al ‘benessere’ dei dipendenti. È una sfida importante di management, che crea problemi ed opportunità. Per esempio, più della metà (57%) dei dipendenti italiani dichiara di sentirsi disconnesso dalla propria organizzazione e dai colleghi, esplicitamente a causa del lavoro remoto e ibrido. Senza dimenticare il risvolto negativo rappresentato dal conseguente aumento dei costi delle utenze domestiche. Ma non mancano gli aspetti positivi del lavoro agile principalmente relativi alla flessibilità di organizzare il lavoro e gestire gli impegni familiari.
Tutto questo dimostra che rimanere competitivi e costruire una forza lavoro resiliente nel mercato moderno richiede un impegno in termini di apertura ed inclusività, qualcosa che deve riflettersi in tutti gli strumenti di lavoro ibridi di un’organizzazione, nei processi e nelle soluzioni. È l’unico modo per assicurare che ogni dipendente si senta ascoltato e connesso e che abbia tutti gli strumenti per riuscire efficacemente.
Le grandi aziende devono poter assicurare un’esperienza di lavoro ibrida di alta qualità. Anche i dipendenti la pensano allo stesso modo: il 77% ritiene che sia responsabilità del datore di lavoro fornire tutti gli strumenti di cui hanno bisogno per svolgere il proprio compito. Questa modalità le supporterà nell’attrarre e trattenere i talenti, perché la maggior parte dei dipendenti – quando sono alla ricerca di nuove posizioni – sono più orientate verso quelle aziende che facilitano gli ambienti di lavoro ibridi.
La sicurezza del digital workspace
In Europa molte aziende non sono ancora del tutto pronte ad affrontare le sfide legate alla sicurezza informatica nel lavoro ibrido e da remoto. Difficoltà riconducibili prevalentemente al non disporre di soluzioni e strumenti adatti per una gestione ottimale di tali problematiche e per garantire livelli di protezione adeguati alle crescenti minacce informatiche. Tra i primi ostacoli riscontrati, la scarsa cultura sulla prevenzione. Infatti, per quanto riguarda le aziende italiane, dal report emerge la difficoltà a implementare misure preventive di protezione dei dati negli ambienti di lavoro ibrido e da remoto.
L’82% (il 79% a livello europeo) degli ITDM incontra continuamente difficoltà nel fornire ai lavoratori da remoto le patch e gli aggiornamenti IT necessari a garantire sicurezza. Mentre il 76% (77% a livello europeo) ritiene che i dipendenti non rispettino le policy di sicurezza quando sono fuori sede. La protezione dei documenti sensibili stampati e gestiti dai dipendenti a casa è un altro chiaro punto dolente. Il 77% (il 75% a livello europeo) degli ITDM italiani ha difficoltà a configurare in modo adeguato le stampanti e gli scanner remoti.
Ancora oggi il lavoro a distanza espone le aziende a un maggior rischio informatico, per lo più a causa dell’utilizzo di device personali come strumenti di lavoro e alla debolezza delle password utilizzate per questi dispositivi. In tale contesto i dipendenti abbiano un ruolo strategico da svolgere. Ma è altresì importante che le aziende definiscano e applichino una serie di procedure essenziali per mettere in sicurezza i dipendenti che lavorano da remoto. Contestualmente, è necessario che gli imprenditori rivalutino e rafforzino il livello di sicurezza informatica della propria azienda. Perché lo smart working può essere sicuro se vi sono consapevolezza, organizzazione e governance.
Policy e formazione
Occorre dunque rivedere procedure e policy organizzative. Allo stesso tempo è fondamentale comunicare tempestivamente a tutti gli interessati i requisiti di sicurezza necessari, che possono eventualmente variare in base ai diversi ruoli aziendali.
È poi importante investire sulla formazione in ambito cybersecurity. Trasmettere consapevolezza nelle scelte relative alla sicurezza che lo smart worker compie lavorando da remoto, evitando di mettere a rischio sistemi e dati aziendali. Ne consegue la necessità di organizzare, in modo sistematico e non puntuale, momenti di formazione per migliorare la cultura e la consapevolezza della sicurezza informatica dei dipendenti. Oltre a fornire tempestivamente notizie aggiornate sulle attuali tendenze e minacce cyber. Idealmente, la formazione sulla cybersecurity dovrebbe rientrare nel percorso formativo di ogni dipendente.
Tra gli aspetti cruciali: sviluppare e implementare politiche di gestione a livello aziendale che contrastino le minacce e le vulnerabilità derivate dall’estensione del perimetro di lavoro. Queste politiche dovrebbero includere i requisiti minimi di sicurezza nella configurazione e l’aggiornamento dei dispositivi aziendali, personali e delle reti domestiche. È inoltre importante determinare i rischi di sicurezza informatica associati allo spostamento degli asset oltre il perimetro tradizionale e delle attività che non sono governate dell’organizzazione per assicurare una capacità di risposta immediata in caso di incidenti di sicurezza.
Creare una cultura ibrida in azienda
Creare una cultura cyber di sicurezza che includa e coinvolga gli smart worker, i dipendenti in sede e chi si alterna tra lavoro in ufficio e da remoto. Garantire che le policy tengano conto delle abitudini del lavoratore, oltre ad offrire informazioni per comprendere i fondamenti della cyber security.
In questo senso, è importante il ruolo della comunicazione interna, fatta utilizzando tutti gli strumenti a disposizione e ancor più fondamentale quando la forza lavoro si trova distribuita su location fisiche differenti, dentro e fuori l’azienda.