La pandemia ha obbligato le aziende a adottare soluzioni di emergenza ed è sorta la necessità di riprogettare workplace e modalità operative: è diventato strategico il ricorso a tecniche che consentano uno sviluppo rapido di software in grado di soddisfare le esigenze di business, come il DevOps. Facciamo il punto della situazione grazie al contributo di Mirko Gubian, Global Demand Senior Manager di Axiante.
– Chi è Axiante oggi?
Axiante nasce nel 2005 come system integrator. All’inizio era un’azienda composta da 6 persone, ma nel tempo ha avuto una crescita lineare e costante che l’ha portata a raggiungere oggi poco meno di 50 dipendenti.
Axiante si compone di quattro business unit. Personalmente, mi occupo della business unit Digital che, negli anni, si è formata in maniera quasi spontanea all’interno dell’azienda e racchiude l’insieme di competenze di sviluppo software. All’interno di questa BU, stiamo lavorando per far evolvere il personale attraverso la formazione, sfruttando un’impostazione moderna, in linea con le practice attuali del mercato. In pratica, tutto quello che riguarda il mondo DevOps e il cloud.
In tal senso, lavoriamo presso i clienti per realizzare applicazioni o svolgere attività di application modernization. Spesso, i clienti ci chiedono di formare i loro team interni in materia di DevOps e cloud. In quelle situazioni, ci rechiamo on site con i nostri esperti e iniziamo un percorso di formazione e di crescita.
Le altre tre business unit di Axiante sono Integra, Retail e Stream. Integra è la business unit più tradizionale, quella per cui è nata Axiante: la system integration pura e la realizzazione di applicazioni o soluzioni sulla base di pacchetti di mercato già presenti, in particolare per la business intelligence.
Abbiamo poi una BU con competenze software e funzionali e anche pacchetti specifici per il mondo retail. Infine, c’è Stream, la business unit nata qualche anno fa e che si occupa esclusivamente di sviluppo di applicazioni per il mondo del CFO, dal consolidato alla pianificazione economico-finanziaria.
– Il cloud è il grande abilitatore che consente di unificare infrastrutture e asset. Grazie all’uso pervasivo del cloud, oggi, la tecnologia è sempre più percepita come un servizio. Quali gli scenari e cambiamenti in corso?
Riscontriamo due tipologie di cambiamenti. In primo luogo, c’è un’espansione dell’utilizzo del cloud anche nelle piccole-medie imprese, che lo stanno utilizzando con le stesse logiche che abbiamo visto qualche anno fa nelle realtà più grandi. Axiante lavora sia con organizzazioni medio-piccole sia con grandi aziende: abbiamo clienti che fatturano tra 100 milioni e il miliardo di euro e clienti che superano abbondantemente il miliardo di euro.
Nella prima fascia notiamo un certo ritardo temporale, ma le imprese stanno seguendo gli stessi criteri che hanno seguito qualche anno fa le grandi aziende: un approccio al cloud tramite un’adozione parziale, molto spesso su servizi non core.
Per quanto riguarda invece le grandi realtà, l’approccio sta diventando più esteso e complesso. Hanno già accumulato consapevolezza e interiorizzato esperienza e competenza per affrontare sfide e progetti articolati, a volte pluriennali. Tutto ciò, andando spesso a coinvolgere ciò che fino a qualche anno fa si considerava intoccabile, cioè le applicazioni core e legacy. Abbiamo casi di clienti che stanno pensando finalmente di dismettere il mainframe, che in certe situazioni è ancora altamente pervasivo.
C’è poi un numero limitato di realtà che si stanno fortemente orientando al cloud. Ne hanno colto da subito i vantaggi e si sono gettate in un utilizzo completo di tutto quanto è offerto dal mondo cloud.
Sembra sia in atto una rapida evoluzione della cultura cloud…
Le risorse interne devono essere formate e avere le competenze necessarie per gestire i cloud provider. Chi ha colto da subito questa opportunità ha immediatamente capito i vantaggi in termini di scalabilità, di sicurezza e di flessibilità. La possibilità di aggiungere in maniera immediata capacità computazionale quando se ne ha bisogno e avere accesso a determinati servizi on demand, pagandoli solo se effettivamente utilizzati, rendono molto flessibile l’uso del cloud. Le piccole imprese che hanno capito questi aspetti hanno subito colto l’opportunità perché, senza effettuare investimenti faraonici, possono creare un’infrastruttura adeguata a far crescere l’azienda. Se si riesce a far percepire a livello culturale questo aspetto è difficile che sussistano resistenze.
– La pandemia ha obbligato le imprese a riprogettare modalità operative e workplace, quali considerazioni potete fare in merito?
Sicuramente la pandemia ha accelerato, ma le tecnologie per virtualizzare le postazioni di lavoro c’erano già ed erano utilizzate. Il mutamento operativo che tutti hanno subito non è stato dettato dal business, ma dalle circostanze che sono cambiate dall’oggi al domani.
Tuttavia, ora, si deve cercare un nuovo modo di lavoro e bisogna farlo operando sul modello di management. Esso non deve più essere gerarchico, ma fortemente basato sulla delega, sulla condivisione e sulla misura effettiva dei risultati. Deve consentire ai team di lavoro di autogestirsi, non più solo sugli obiettivi, ma anche nel tempo e nello spazio. Per fare questo ci deve essere una vera e propria rivoluzione in termini manageriali e di gestione del personale, perché è un tema di cultura aziendale e di sicurezza. Il lavoro deve essere misurato sui risultati e non più sulla presenza fisica, lasciando al team la facoltà di decidere qual è l’equilibrio fra lavoro da casa e lavoro in ufficio.
Se, a questo, aggiungiamo la sicurezza, il discorso si amplia e si complica, perché vanno messe in sicurezza le applicazioni utilizzate e le infrastrutture aziendali a cui si accede. C’è poi da considerare come dipendenti e collaboratori si collegano a tali infrastrutture e applicazioni, un aspetto su cui, soprattutto nelle prime fasi della pandemia, si è sorvolato.
– Le organizzazioni richiedono sempre più interlocutori che risolvano sfide complesse, offrendo servizi e soluzioni innovative che creino valore. Come si concretizzano i vostri sforzi?
Axiante si definisce “business innovator integrator”, perché la componente di business è importantissima. Riteniamo che la vera sfida quando si parla di application modernization, di portare qualcosa nel cloud o di realizzare da zero un’applicazione, sia rendere trasparente per il business la sua complessità.
Il business ha precise esigenze e vuole delle risposte da chi si occupa dell’IT. E queste risposte non devono essere figlie di alcun vincolo dell’infrastruttura attuale o del modo con cui si è lavorato sinora. La soluzione deve essere più vicina possibile all’esigenza del business.
Per raggiungere il risultato atteso, Axiante si fa interprete del linguaggio del business e delle sue esigenze. Questo può essere fatto creando team multidisciplinari. Ciò significa che all’interno dei gruppi devono coesistere competenze tecniche e funzionali, affinché le persone siano in grado di comprendere velocemente i processi dal punto di vista del business.
DevOps, per Axiante lo sviluppo software è una questione di cultura.
Nella fase iniziale di progetto, Axiante predilige un approccio con figure senior o mid-senior, perché hanno più esperienza e riescono a inquadrare meglio la situazione, sia sotto il profilo del business sia sotto quello dell’IT.
In questo contesto, ci occupiamo di sviluppare progetti complessi che probabilmente hanno un’area di rischio abbastanza elevata. Affrontiamo il tema del rischio legandolo alla forma di ingaggio che privilegiamo, quella dei contratti “chiavi in mano”: ci assumiamo il rischio progettuale, il rischio che comporta la modifica o la realizzazione di un pezzo di processo in un’applicazione.
In tal senso, in fase di definizione del perimetro del tema applicativo, spendiamo molto tempo a nostro investimento per definire al meglio gli obiettivi di business e la soluzione di massima. Quindi, cerchiamo di mitigare il rischio con l’investimento iniziale e di eliminare completamente la componente di rischio economico-finanziario del cliente con un progetto “chiavi in mano”, dove ci impegniamo a essere retribuiti solo in caso di successo.
Affrontiamo le situazioni complesse cercando di ridurre il rischio, affidando a persone senior la valutazione dei pro e contro delle diverse soluzioni. È uno sforzo che i clienti ci riconoscono e apprezzano molto.
– DevOps nel cloud, quali soluzioni proponete per accelerare il business d’impresa?
In un progetto ci si deve mettere sempre dalla parte del business del cliente e chiedersi: perché un’azienda dovrebbe adottare practice DevOps? Perché comprare applicazioni o servizi da un’altra azienda che utilizza practice DevOps?
La prima risposta sta nel definire quali sono i vantaggi per il business, in termini economici e di riduzione del TCO, dell’uso di un’applicazione e dell’eliminazione della dipendenza da applicazioni legacy che diventano sempre più inefficienti.
La seconda risposta riguarda più propriamente i temi di business perché le applicazioni, sia che debbano soddisfare necessità interne sia che portino a vendere un servizio, devono essere flessibili e ridurre il più possibile il time-to-market, ovvero il tempo che intercorre tra quando nasce l’esigenza e il tempo in cui l’applicazione rispecchia questa nuova esigenza.
Utilizzando le practice DevOps, questo tempo diminuisce perché, di fatto, con un mix tra processi e tecnologie, si va a lavorare sulla cultura di chi sviluppa in modo che ogni volta che c’è da realizzare un progetto ci si occupi del ciclo completo, dall’ideazione al rilascio.
Questo velocizza drasticamente le attività di sviluppo perché ogni progetto è eseguito in concerto da tutti i team che invece, in precedenza, operavano in modo autonomo, generando importanti tempi di latenza nel passaggio delle informazioni dall’uno all’altro.
Di nuovo, è importante diffondere la cultura in azienda e formare le persone su metodi e tecnologie.