Chief Information Officer, evoluzione e competenze

Romeo Scaccabarozzi, AD di Axiante

Il ruolo del Chief Information Officer sta cambiando. Da tempo, le attività che svolge non sono più incentrate unicamente su aspetti “tecnici” e legati alla semplice gestione dei sistemi informativi, ma sempre più spesso diventano centrali per anticipare e gestire il cambiamento e inserirlo nella strategia di business delle imprese.

Evoluzione aziendale

Nuove sfide tra complessità tecnologica e data fragmentation

A determinare questo cambiamento di ruolo del Chief Information Officer concorrono sia sfide esterne all’organizzazione sia nuove esigenze che stanno emergendo dentro le aziende. A livello esterno, si assiste a una crescente instabilità generale e a un incremento continuo della complessità a livello tecnologico: strumenti, soluzioni e piattaforme aziendali diventano sempre più numerose e sempre più complesse. Per gestirle al meglio, occorre una visione d’insieme e una chiara strategia che metta le tecnologie al servizio degli obiettivi di business.

Al contempo, le organizzazioni sono chiamate oggi a gestire una frammentazione dei dati sempre più spinta. Organizzati in silos e conservati su repository diversi, ogni gruppo di dati viene gestito da una diversa funzione aziendale con esigenze differenti e ciò rende difficile mettere a fattore comune le informazioni. L’ampliamento del perimetro aziendale e la difficoltà di confrontarsi tra colleghi hanno contribuito ad aumentare questo approccio, esasperato ancor più dalle singole urgenze di conoscere e valorizzare i propri dati. Ed è di nuovo il CIO a dover gestire la situazione.

Investire sulla formazione delle persone

C’è poi un tema legato alle risorse, ovvero alle persone che fanno parte del team del Chief Information Officer. Proprio a causa della ridotta possibilità di un confronto diretto, face-to-face, con i propri collaboratori – diretta conseguenza della diffusione delle nuove modalità di lavoro a distanza – il CIO è chiamato a interpretare in modo nuovo anche il rapporto con i suoi collaboratori. Deve, infatti, pianificare la crescita delle persone con cui lavora, investendo più tempo e più attenzione nella preparazione di piani di formazione.

Ciò si rivela fondamentale, innanzitutto, per evitare una veloce obsolescenza delle competenze rispetto alla velocità di evoluzione delle tecnologie, ma anche per scongiurare gli effetti della cosiddetta “Great Resignation”: la formazione si rivela un’ottima alleata della retention, evitando che persone demotivate – perché non si sentono più utili in azienda o perché non imparano nulla di nuovo – decidano di cercare lavoro in altre organizzazioni.

Un’attitudine alla pianificazione dinamica

Ma quali competenze servono al “nuovo” Chief Information Officer? La competenza non è altro che un sapere combinatorio, un intreccio di capacità, ovvero di caratteristiche individuali (skill), e conoscenze afferenti alle varie aree di sapere (know how). Le conoscenze si studiano, mentre le capacità si sviluppano. In realtà, dunque, le competenze che servono al CIO di domani non sono molto diverse da quelle che gli sono state utili negli ultimi cinque anni. Ciò che serve davvero è un’attitudine diversa, ovvero quella a guardare lontano.

Per acquisirla, il CIO deve sviluppare un forte coinvolgimento con le line of business, perché solo attraverso questa relazione continua e informale sarà in grado di scoprire prima tendenze, desiderata e difficoltà non ancora esplicite, in modo da essere preparato in futuro. Deve, inoltre, sviluppare un’attitudine a pianificare in modo dinamico, mediante una revisione continua dei piani, con la previsione di numerosi piani “B” o contingency plan e un adattamento costante all’evoluzione.

Trovare un equilibrio tra presente e futuro

Il CIO, infine, è chiamato a trovare un nuovo equilibrio tra due spinte contrapposte. Non si tratta tanto di gestire le esigenze contrastanti di innovazione e stabilità, quanto più di essere capace di lavorare sul presente e maturare al contempo una visione sul futuro. Il CIO, infatti, per definizione è chiamato a performance eccellenti. Da chi si occupa di informatica, tecnologie e dati ci si aspetta da sempre la massima qualità del servizio, perché è fondamentale che tutto funzioni alla perfezione per non ingolfare la macchina operativa di un’organizzazione. L’eccellenza è un obbligo per il CIO e deve essere garantita sempre.

Affinché questa qualità sia assicurata non solo nel presente ma anche nell’immediato futuro, è necessario dunque che il CIO dedichi un po’ di energia, di spazio e di budget a sperimentare il nuovo oggi per poter essere eccellente anche domani. Se il team del CIO si concentrasse solo sulla stabilità – cioè sul presente – allocando tutte le energie sull’oggi, la sua squadra non si troverebbe pronta a fronteggiare eventuali cambiamenti. Al contrario, per non farsi trovare impreparati e magari per essere i primi a lanciarsi su qualcosa di nuovo, bisogna provare e sperimentare costantemente, perché la stabilità nel futuro passa dall’innovazione.