Il debito tecnico non deve più ostacolare l’innovazione, la forza del digitale è prorompente secondo Fabio Invernizzi, Sales Director EMEA South di Boomi.
L’affermarsi con forza del digitale, in considerazione anche del recente contesto, ha spinto anche le aziende più scettiche ad accelerare la propria modernizzazione applicativa.
Tale accelerazione ha portato a una consapevolezza diffusa sul tema della modernizzazione, che però spesso incontra quello che il Professor Clayton M. Christensen ha definito “il dilemma dell’innovatore”, teorizzato nel 1997 nel libro “The Innovator’s Dilemma: When New Technologies Cause Great Firms to Fail”.
Il “dilemma dell’innovatore”mette in evidenza la difficile scelta che si pone a qualsiasi azienda che voglia innovare.
In che modo dedicare risorse finanziarie e umane a tecnologie innovative che sono diventate fondamentali per stare al passo con la concorrenza da un lato e, dall’altro, garantire la continuità di un’attività ben avviata?
Questo dilemma è ancora più complesso nell’IT, tanto che esiste il cosiddetto “debito tecnico”, un concetto relativo allo sviluppo del software e al suo impatto sull’azienda, che risale al 1992.
La forza del digitale
Ward Cunningham
Il debito tecnico è il lavoro che deve essere ancora fatto per poter considerare totalmente completata una singola attività di sviluppo. Quando si inizia una modifica a un progetto di sviluppo software, spesso devono essere apportate modifiche in altre parti di codice. Le modifiche richieste, ma non completate, sono considerate debito tecnico, che dovrà essere pagato prima o poi in futuro.
Le competenze messe in campo e i budget impegnati vengono quindi monopolizzati a scapito dell’innovazione.
Come risolvere questo dilemma? Come ridurre il debito tecnico senza rivedere le fondamenta del sistema informativo e senza rischiare un sovraccarico, nemico dell’innovazione?
La forza del digitale. Spesa IT: verso un nuovo paradigma?
Tradizionalmente, le organizzazioni hanno speso tra il 70% e l’80% del loro budget IT per la manutenzione operativa.
Tuttavia, secondo i CIO che abbiamo intervistato in Europa e in Asia in una nostra recente ricerca*, questa cifra oggi si aggira ora intorno al 35%, permettendo di liberare risorse per la modernizzazione e l’innovazione.
La tabella qui sotto riassume efficaciemente lo spostamento della spese IT negli ultimi 20 anni.
Le grandi aziende affrontano la modernizzazione delle applicazioni
I sistemi ERP (Enterprise Resource Planning), cuore dei sistemi applicativi della maggior parte delle aziende, hanno ricevuto ingenti investimenti negli anni.
Attorno ad essi si è inoltre sviluppato un ampio ecosistema di processi e applicazioni che, sempre più spesso, ha purtroppo reso l’evoluzione complessa e faticosa.
Per i grandi sistemi ERP basati su ambienti IT ibridi e/o tecnologie legacy, la portata ed i rischi legati al processo di modernizzazione preoccupano spesso i decisori, con la conseguenza di rimandare la decisione sull’introduzione di innovazione e cambiamento.
La forza del digitale
Gli utenti si trovano quindi ad affrontare il dilemma tra investire in soluzioni ERP cloud, per stare al passo con la concorrenza, o rimandare l’inevitabile trasformazione a un momento successivo. Il cosiddetto “dilemma dell’innovatore”.
Le aziende interpellate affermano che gli sviluppi nei prossimi 12 mesi si svolgeranno nel cloud e il 56% ritiene che tra un anno il loro intero sistema ERP sarà in cloud.
Annunciato da almeno due decenni, oggi sta quindi emergendo definitivamente il cloud come strategia di modernizzazione dell’ERP.
Ma indipendentemente dall’approccio che sarà scelto, la difficoltà di modernizzazione non risiederà tanto nelle tecnologie quanto nell’integrazione stessa.
Nessuna modernizzazione delle applicazioni è possibile senza la modernizzazione della loro integrazione
La forza del digitale
La maggior parte delle aziende ritiene che la modernizzazione di un sistema informativo non possa essere effettuata in modo efficace senza modernizzare i processi di integrazione.
Un ERP, ad esempio, deve essere in grado di operare in ambienti IT ibridi che combinano il cloud e l’on-premise, e di ricevere dati da una grande varietà di fonti e dispositivi, di qualsiasi tipologia e in qualsiasi locazione (es. IoT, Edge, Mobile).
È proprio qui che entra in gioco il concetto di capacità di integrazione di tutto l’ecosistema digitale di un’azienda.
La mancanza di integrazione, per il 51% delle aziende rappresenta addirittura il principale vincolo all’evoluzione.
Molti mettono in discussione anche la mancanza di competenze legate all’integrazione (per il 39% in media).
Per superare queste difficoltà, le aziende si stanno già orientando verso l’adozione di strumenti moderni come l’iPaaS (Integration Platform as-a-Service), spesso da affiancare (e in alcuni casi anche a sostituire sul medio/lungo termine) gli attuali sistemi ESB (Enterprise Service Bus).
Le piattaforma iPaaS sono inizialmente utilizzate per casi d’uso specifici i cui i vantaggi sono già stati dimostrati: progettazione e diffusione su larga scala delle API (per il 23%), il miglioramento dell’attività di una rete di partner (per il 19%) e la sincronizzazione dei dati in tutta l’azienda per accrescere il business, il tutto in ambienti principalmente ibridi (cloud & on-premise).
In conclusione, analizzando lo scenario attuale appare evidente come, volta riconosciuta la necessità di modernizzare il proprio sistema applicativo, i decisori IT stiano convergendo verso un’idea che sta progressivamente guadagnando terreno in tutte le aziende: la modernizzazione dei processi di integrazione.