“Qlik compie trent’anni, è un traguardo molto importante caratterizzato da una leadership ottenuta in un mercato molto dinamico e competitivo come quello della business intelligence. Un’azienda per mantenere questa leadership deve essere resiliente, innovativa agile e deve continuamente evolvere e crescere per soddisfare le esigenze dei clienti che si modificano nel tempo”. Con queste parole Stefano Nestani, Senior Regional Director & Country Leader di Qlik Italia, ha accolto clienti e partner presenti alla tappa italiana del Qlik World Tour 2023, che si è tenuta a Milano.
Chi è Qlik oggi
Nestani ha voluto ricordare come l’azienda nel corso degli anni abbia “costruito una piattaforma end to end per la gestione dei dati in tempo reale, trasformandoli in azioni di business. Qlik ha introdotto l’intelligenza artificiale cinque anni fa negli analytics e oggi tre clienti su quattro in cloud usano i nostri modelli di machine learning. Inoltre, lo scorso mese di maggio ha completato l’acquisizione di Talend e ora stiamo iniziando a muoverci per integrare azienda e prodotti”.
Oggi Qlik è una multinazionale presente in 100 Paesi che realizza un fatturato di circa 1 miliardo di dollari, conta 50 uffici a livello globale (due in Italia), circa 3.600 dipendenti, 40.000 clienti (il 10% in Italia) e 2.000 partner. Ed è anche, ricorda con un certo orgoglio Nestani, un’azienda che da tredici anni Gartner colloca tra i leader all’interno del magic quadrant relativo alla business intelligence.
La corsa a più velocità verso l’IA generativa
Il tema della continua evoluzione è stato ripreso anche da Dan Sommer, Senior Director e Market Intelligence Lead di Qlik. “Dobbiamo continuare a cambiare perché il mondo sembra più incerto di quanto non sia mai stato – ha precisato Sommer –. Le turbolenze geopolitiche, sociali ed economiche, ma anche i mutamenti climatici, stanno creando una frammentazione in ambito tecnologico. Basti pensare a quanto sta avvenendo nella corsa all’intelligenza artificiale. I cinesi hanno un’intera popolazione da usare quasi come un set di dati per migliorare i loro modelli linguistici.
All’opposto, l’Europa è entusiasta dell’IA ma ha un approccio più cauto. Così è nato l’AI Act che obbliga a rendere noto come sono fatti i modelli prima di lanciarli. Il resto del mondo guarda all’Europa per vedere come si concretizzeranno le normative. Gli Stati Uniti stanno nel mezzo: sono i fautori di gran parte dell’innovazione, come Open AI, ma grandi leader di pensiero, come Elon Musk, Steve Wozniak o Max Tegmark, dicono che forse dovremmo fermarci e riflettere su quale sarà l’impatto di tutto questo”.
Cosa significa davvero essere data first
Nonostante l’incertezza del periodo, Sommer si è detto ottimista perché ha osservato come molti clienti sono riusciti a migliorare il loro business grazie alle decisioni prese in tempo reale sulla base delle indicazioni fornite dai dati. D’altro canto, secondo McKinsey il 50% delle organizzazioni sta già utilizzando l’IA per migliorare il processo decisionale e le realtà che sono resilienti e investono ora, che la situazione è più difficile, avranno un profitto migliore del 25% rispetto a quelle che non lo fanno.
I dati dovrebbero quindi essere l’elemento cardine per il business di oggi e anche di domani. Ma che cosa significa davvero essere data first? “È un concetto di cui si sente spesso parlare – ha dichiarato Sommer – ma credo che per potersi dire data first ci siano un paio di aspetti in cui bisogna diventare davvero bravi. Il primo è ovviamente la capacità di consolidare i dati provenienti da varie fonti e di collegarli tra loro.
Questo richiede tecniche come le API, il recupero dei dati in tempo reale e l’automazione. L’altro aspetto su cui si deve essere preparati è avere dati pronti per il business. I propri dati non possono essere qualcosa che viene prodotto dall’IT e che poi viene scaricato sperando che qualcuno lo adotti. I dati devono assomigliare a un prodotto, devono poter essere presi da una sorta di scaffale in modo semplice e devono potersi adattare a diversi scopi per fornire i risultati di cui le aziende hanno bisogno”.
Dall’analisi del passato alla previsione del futuro
Sommer ha sottolineato come per molti anni la BI ha usato i dati per concentrarsi solo sull’analisi del passato, per capire il motivo di quello che stava succedendo. “Ma gli stessi dati forniscono un’enorme opportunità: poter guardare avanti per capire cosa succederà – ha precisato Sommer –. E questo include l’uso di tecniche di apprendimento automatico come il machine learning, identificando modelli e anomalie che potrebbero non essere immediatamente evidenti. Se si dispone di informazioni in tempo reale, si può reagire molto rapidamente prendendo velocemente decisioni. Questo è ciò che chiamiamo velocità decisionale. E Gardner dice che il 90% di tutte le decisioni che si basano sui dati può essere automatizzato. Quindi, c’è un futuro molto interessante davanti a noi”.
Tutto questo però crolla se gli utenti non hanno fiducia nell’accuratezza, nell’affidabilità e nella sicurezza dei loro dati. In altre parole, è la fiducia a determinare quanto ci si può basare sui dati per prendere decisioni informate e intraprendere azioni. “Penso che questa fiducia sarà l’elemento chiave per il futuro – ha evidenziato Sommer –. Dobbiamo passare dai big data, di cui abbiamo parlato per molto tempo, a dati sempre migliori”.
Cloud first non è sinonimo di cloud only
La frammentazione attuale sta creando però un po’ di problemi ad avere sempre una totale fiducia nei dati. Bisogna creare una rete in modo da avere una visione centralizzata dei dati che si trovano in molti luoghi diversi. “Crediamo che l’unione di Qlik e Talend crei un reale potenziale per i nostri clienti per ottenere più valore dai loro dati – ha sostenuto Sommer –. Naturalmente siamo molto concentrati sull’integrazione del business e tecnologica: cerchiamo sinergie che combiniamo i nostri packaging commerciali e integrazioni anche nel cloud. Tuttavia, l’indipendenza è una parola chiave e continuerà a essere fondamentale sia per i Qlik sia per i Talend”.
La priorità principali di Qlik sarà di consentire l’adozione dei servizi cloud, supportando i clienti nel loro percorso di migrazione, continuando a promuovere le migliori funzionalità di integrazione dei dati e di analisi da un’unica piattaforma. Consentendo anche di sfruttare tutta l’intelligenza artificiale (compresa quella generativa) e il machine learning disponibili nell’intera pipeline, non solo alla fine, quando si costruisce la dashboard,
“Sebbene la strategia di Qlik sia cloud first, non è però solo cloud – ha assicurato Sommer –. Continueremo a investire nelle soluzioni on premise gestite dai clienti con nuove fonti e obiettivi per l’integrazione dei dati e nuove capacità di analisi e visualizzazione”.