Davide Villa, Director Business Development EMEAI di Western Digital, ci parla dello sviluppo dello storage in ambito green data center, e non solo, per il prossimo anno.
Nel 2022 crescerà soprattutto lo storage dei dati freddi, ovvero dati a cui non è necessario accedere istantaneamente
La nuova modalità di lavoro ibrida si consoliderà nei prossimi mesi: si prevede che nel Regno Unito il 52% delle risorse lavorerà da remoto nel 2022. Ovviamente, le aziende dovranno fronteggiare nuove sfide.
I dati d’archivio a cui si accede di rado e che non richiedono accessi istantanei (conosciuti anche come dati freddi o “cold storage”) sono solitamente memorizzati in sistemi di storage a costo inferiore. In questi anni stiamo assistendo all’esplosione della mole di dati freddi – pensiamo alla genomica, o a tutti i filmati che vengono prodotti. Pertanto, il cold storage sarà il segmento di mercato che crescerà più di tutti gli altri.
L’importanza dei dati di archivio è anche collegato al problema sempre presente degli attacchi ransomware, potendone ridurre l’impatto se è possibile accedere ai backup di informazioni rubate o danneggiate. Lo stesso discorso vale in caso di inondazioni, uragani e altri eventi meteorologici estremi che si verificano con maggiore frequenza in tutto il mondo.
La maggior parte di questi dati è su nastro o su unità disco rigido (HDD). Gli HDD, sebbene abbiano un costo maggiore dei nastri, avendo una latenza nettamente inferiore, sono un’ottima soluzione per l’archiviazione dei dati freddi. Gli HDD stanno evolvendo verso tecnologie e piattaforme di nuova generazione, che miglioreranno sia il Total Cost of Ownership (TCO) che l’accessibilità delle soluzioni di archiviazione attive. Queste comprendono la suddivisione in zone, densità areali più elevate, innovazioni meccaniche e innovazione dovuta a nuovi materiali.
L’evoluzione del green data center
Al termine del 2021, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 ha messo in luce nuove opportunità per le imprese che vogliono impegnarsi per raggiungere obiettivi di sostenibilità e ridurre le emissioni di anidride carbonica. I data center sono responsabili di un consumo energetico elevato e quindi dell’aumento di emissioni di anidride carbonica: ad esempio, si prevede che i data center consumeranno il 70% dell’energia dell’Irlanda entro il 2030.
Nel 2022 assisteremo a una crescita esponenziale di organizzazioni che trasformeranno i loro data center per renderli più sostenibili. Avendo in agenda importanti obiettivi di riduzione dei consumi di energia, gli investimenti delle aziende saranno rivolti a utilizzare in maniera più efficiente i data center già esistenti piuttosto che costruirne di nuovi.
La volontà sarà quella di migrare a dischi di maggiore capacità, per raggiungere una maggiore efficienza energetica riducendo il numero dei dischi rispetto ad avere un numero maggiore di dischi di capacità inferiore. Questo determina anche una maggiore densità di archiviazione per rack, riducendo il numero di quelli necessari per raggiungere la capacità richiesta e di conseguenza abbassando ulteriormente il consumo energetico complessivo e il TCO.
Soluzioni JBOD
Le soluzioni JBOD (“Just a Bunch of Disks”) possono essere utilizzate per ridurre il consumo energetico, facendo girare in maniera intelligente ogni unità al massimo delle sue prestazioni, grazie alla capacità di isolarle dalle vibrazioni e di incanalare il flusso d’aria per mantenere temperature operative ottimali, che altrimenti avrebbero un impatto sulle prestazioni e richiederebbero un ulteriore raffreddamento più costoso.
Le aziende daranno inoltre sempre più priorità ai green data center e alle operazioni che funzionano con il raffreddamento ad aria o con l’energia rinnovabile: a partire dalla metà del 2021, le strutture di Western Digital nel nord della California funzionano al 100% con energia rinnovabile.
La sovranità digitale crea nuove preoccupazioni
L’accelerazione della trasformazione digitale in tutti i settori, spinta dalla pandemia, ha riportato la cosiddetta “sovranità digitale” tra le priorità delle imprese. Secondo McKinsey, la pandemia ha accelerato di diversi anni l’adozione di tecnologie digitali, sia nel mondo privato che pubblico, dalle scuole al settore della sanità. Mantenere un controllo territoriale sui dati generati da queste tecnologie digitali sarà fondamentale per le organizzazioni. In una fase più matura della trasformazione digitale, gli attori dell’Information Technology dovranno garantire che i dati siano conservati e protetti in maniera conforme.
Nel 2022, assisteremo a una rivoluzione dello storage per soddisfare le richieste di protezione dei dati. Per esempio, nel Regno Unito, l’NHS deve conservare le cartelle cliniche per un periodo di cento anni. Con il trasferimento sempre più online delle informazioni mediche (sostenute dal recente impegno del governo di stanziare 5,9 miliardi di sterline per sostenere la tecnologia digitale del NHS), cresceranno gli investimenti in soluzioni di archiviazione ad alta capacità e bassa latenza.
Il futuro del gaming potrebbe essere nel cloud
Nel 2021 abbiamo assistito alla migrazione dei giochi dai dispositivi al cloud. Anche i servizi di streaming di TV e film hanno generato nuove aspettative nel settore: Netflix è entrata nel mercato del cloud gaming con il lancio di Netflix Games alla fine del 2021 su tutti i dispositivi mobili. Il data center gioca un ruolo determinante, sia in termini di abilitazione del gioco online che di memorizzazione dei contenuti di gioco in live-streaming.
In ambito gaming, assisteremo nel prossimo anno all’ascesa degli NFT, i Non-fungible token.
EA ha dichiarato pubblicamente che gli NFT rappresenteranno il futuro dell’industria del gaming. Questi token sono unità di dati uniche memorizzate su blockchain, che dimostrano l’autenticità dei prodotti e permettono ai giocatori di commercializzare contenuti scaricabili personalizzati, dalle armi ai codici cheat, ai pacchetti. Gli NFT si basano su un’architettura di archiviazione distribuita, permettendo la convalida e lo scambio della proprietà.
Veicoli autonomi: obiettivo dei prossimi 10 anni
La comparsa di veicoli parzialmente autonomi ha innescato un’ondata di previsioni fiduciose, seppur premature, per una prossima diffusione di massa. Tuttavia, si tratta di un percorso che richiede ancora almeno un decennio prima che la guida autonoma, conosciuta come Livello 5 dalla Society of Automotive Engineers (SAE), diventi una pratica comune.
Sebbene la pandemia non abbia arrestato lo sviluppo dei veicoli autonomi, ha sicuramente rallentato il processo di innovazione. Nel 2022, assisteremo alla comparsa di nuove collaborazioni e consorzi tra soggetti chiave nell’innovazione tecnologica e l’industria automotive, e lo sviluppo dell’infrastruttura stradale, con la diffusione del 5G.
Infatti, per consentire alle auto connesse di funzionare in una maniera completamente ottimizzata, il 5G è fondamentale per supportare sia i veicoli connessi che quelli autonomi. Questa tecnologia fornisce le alte velocità e la bassa latenza necessarie per trasferire i dati dal veicolo al data center, ai veicoli e alle infrastrutture esterne più vicine. Il Vehicle-to-everything (V2X) permette alle auto di comunicare con diversi elementi del sistema del traffico (come le unità a bordo strada, altre auto), che è cruciale per una guida sicura e per avere il giusto tempo di reazione del veicolo.
Storage in cluster per i veicoli autonomi
Se i veicoli autonomi di oggi utilizzano un’architettura di storage distribuito, quelli del futuro si baseranno su uno storage in cluster. Questi cluster o zone comunicheranno con un “cervello” centrale, che conserverà i dati critici, permettendo test e una manutenzione semplificata. Le auto connesse e autonome fungeranno da piccoli data center.
La guida autonoma del futuro si fonderà sull’elaborazione dei dati, che avviene all’interno dell’hub centrale, che a sua volta comunica con ogni zona: ad esempio, il software applicativo prende i dati dalle mappe interne insieme alle informazioni più recenti su eventi come incidenti, sulle condizioni della strada o su potenziali pericoli. Anche i sensori IoT interni al veicolo come telecamere, radar e Lidar contribuiscono a ottenere un quadro completo della situazione generale del traffico.
Questo genere di architettura di storage si baserà su un’elaborazione centrale e su soluzioni di archiviazione piuttosto che su una soluzione distribuita con numerose ECU e piccoli dispositivi di archiviazione, riducendo così il peso dell’auto e quindi i costi associati, oltre a migliorarne la sostenibilità: la diminuzione del peso dell’auto comporta una riduzione delle emissioni di CO2, così come lo storage locale rispetto a un sistema distribuito.