Le manifestazioni di Roma e Milano hanno chiamato a raccolta 47 partner e circa 4.100 programmatori open source, che hanno affollato le 9 sessioni parallele.
Non molti anni fa, Linux era lo spauracchio dei maggiori produttori di software di sistema. Oggi, Linux e il movimento Open Source hanno conquistato un ruolo di primo piano nell’informatica aziendale, e tutti i grandi nomi del software collaborano in qualche modo con il mondo dell’Open Source. Red Hat è da tempo la punta di diamante del mondo Linux, e l’acquisizione da parte di IBM, annunciata nell’ottobre 2018 e conclusa nel luglio di quest’anno, ha solo dato un timbro di ufficialità a un fatto ormai conclamato: l’Enterprise Linux di Red Hat sta diventando la piattaforma di riferimento per l’informatica aziendale.
Gianni Anguilletti, Vice President Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Israele e Grecia di Red Hat
Il completamento dell’operazione che ha visto Red Hat entrare a far parte della galassia IBM sta portando a sinergie che – facendo leva sulle capacità di catalizzatore di innovazione della struttura IBM – vedono questo binomio sempre più protagonista delle dinamiche open hybrid cloud, con evidenti benefici per i clienti che desiderano coinvolgere entrambe le entità nelle loro iniziative di innovazione. Ma questo senza snaturare il DNA di Red Hat, che continua a investire nella cultura e nel concetto di Open Organization.
Parlando di cultura, Anguilletti alludeva ai valori fondanti di Red Hat: coraggio di porsi obiettivi ambiziosi, impegno nel fornire all’information technology la spinta di innovazione necessaria a “liberare il potenziale del mondo”, libertà per gli Associati di perseguire gli obiettivi in modo che siano sempre le idee migliori a emergere, e responsabilità nell’equilibrare questa libertà perché non si trasformi in anarchia e caos.
Anguilletti ha anche citato qualche numero per dare un’idea di Red Hat oggi. Oltre il 90% delle aziende Fortune 500 usa soluzioni e prodotti Red Hat, e l’azienda conta quasi 14.000 dipendenti basati in oltre 100 uffici in più di 40 nazioni. Intorno a RedHat si muove un vsto ecosistema di partner – all’Open Source Day ne erano presenti 47, fra i quali nomi come Microsoft, SAP, Accenture, Liferay, HPE, Cisco.
Le soluzioni
Per quanto riguarda il portfolio di tecnologie e servizi che Red Hat mette a disposizione dei suoi clienti, l’azienda continua a operare secondo le sue tre direttrici strategiche: completezza funzionale, libertà di scelta e flessibilità. Non per niente un mantra di Red Hat recita “qualsiasi applicazione, o addirittura qualsiasi container, fruibile in qualsiasi momento da qualsiasi piattaforma”.
Gianni Anguilletti
In questo contesto sono degni di nota il lancio di Red Hat Enterprise Linux 8 che, attraverso l’introduzione di algoritmi predittivi, analitici e gestionali, si merita sempre più l’appellativo di sistema operativo intelligente; il rilascio della OpenShift Container Platform 4, che si afferma in modo sempre più evidente come piattaforma in grado di ospitare tanto carichi di lavoro tradizionali quanto applicazioni che operano in ambiti più innovativi, quali Artificial Intelligence, Machine Learning, IoT, Edge Computing, Serverless Computing e così via; e il rilascio della Ansible Automation Platform, che permette di ottenere un aumentato grado di automazione in infrastrutture sempre più sofisticate ed eterogenee.
Il Keynote della giornata è stato anche l’occasione per presentare ufficialmente agli sviluppatori il nuovo Country Manager di Red Hat Italia, Rodolfo Falcone, che ha illustrato brevemente i risultati dell’azienda negli ultimi 12 mesi, soffermandosi sui clienti illustri, da Unicredit a Sogei, passando per Tim, Inail, Istat, Esercito e per il recente accordo stipulato con Consip. “Buona parte della Pubblica Amministrazione italiana usa le soluzioni Red Hat – ha detto Falcone al pubblico del keynote – sviluppate insieme a voi, e questo per noi è un grande atto di fiducia”.
Le tecnologie e obiettivi
Werner Knoblich, SVP & GM Red Hat EMEA, è poi salito sul palco per parlare di obiettivi, e ha usato l’esplorazione spaziale come esempio. Per arrivare a grandi risultati, bisogna porsi obiettivi ambiziosi, ha detto in sintesi Knoblich, ma non basta: per raggiungere questi obiettivi servono due cose, le tecnologie e le persone. “In Red Hat, noi ci poniamo obiettivi ambiziosi, aiutiamo a portare avanti l’innovazione tecnologica, e collaboriamo con persone appassionate per far sì che le cose succedano” ha detto Knoblich,
Il keynote ha preso una piega più tecnologica con l’intervento di Paul Cormier, EVP & President, Product & Technologies, che ha delineato quali fossero gli obiettivi di Red Hat sul lungo periodo.
Il primo è fare di Linux lo standard per l’enterprise, sfruttando il fatto che RHEL nei suoi 17 anni di vita è riuscito a diventare un’alternativa concreta alle troppe versioni di Unix e di Windows in circolazione, che creavano frammentazione rallentando l’innovazione.
Oggi, RHEL è un mattone importante dell’economia globale, e fa girare le applicazioni mission critical. Fra le altre, il 90% dei sistemi di prenotazione delle aerolinee, il 95% dei servizi core e di trading delle banche, e in generale il 95% delle aziende dell’elenco Fortune 1000. RHEL 8.0 è un vero sisrtema operativo cloud, in grado di garantire performance, sicurezza e consistenza delle operazioni sul cloud, oltre a una facile gestibilità, con gli analytics predittivi.
Il secondo obiettivo di Red Hat è di rendere il cloud ibrido l’infrastruttura di default per le aziende.
L’avvento del cloud, negli ultimi 10 anni, è stato positivo, con l’arrivo di nomi come Amazon, Google e Azure, ma gli utenti hanno bisogno di qualcosa di più di un singolo cloud. Serve il supporto alle applicazioni legacy, sia “bare metal” che virtualizzate, serve il supporto a cloud pubblici e privati, e serve l’utilizzo di multipli cloud pubblici, sia per ragioni di costi che di disponibilità di servizi unici. E lo sviluppo e la gestione devono estendersi su tutte e quattro le possibili configurazioni. In Red Hat da 7 anni si punta su questo modello ibrido.
Paul Cormier, EVP & President, Product & Technologies Red Hat
Forniamo il software infrastrutturale per costruire cloud ibridie diamo consistenza operativa con RHEL come base, con OpenShift colleghiamo e gestiamo i carichi di lavoro, forniamo strumenti di sviluppo nativi per cloud per sviluppare le app, e disponiamo di strumenti di management per gestire il sistema informativo in tutte le sue componenti ibride.
Le tecnologie di Red Hat permettono poi di organizzare uno strato di astrazione hybrid cloud, che nasconda la complessità del sistema sottostante tramite container (che forniscono servizi) e Kubernetes (che collegano fra loro i container). Per quanto riguarda lo sviluppo delle applicazioni vere e proprie (e dei servizi) RH mette a disposizione i suoi Runtimes, ambienti Java nativi per il cloud, Quarkus, la prossima generazione di Java per sviluppare container (nativa Kubernetes), i servizi di gestione API per le connessioni, il data streming e la DevOps toolchain nativa per cloud.
Terzo obiettivo è quello di estendere il data center all’edge ibrido – in pratica, con il successo del cloud si comincia a spostare potenza di calcolo sull’edge, ovvero a tutti quei dispositivi lontani dal data center. Dalle automobili elettriche connesse alle fabbriche, ai dispositivi IoT, spesso colelgati via 5G. Anche qui, il punto è mantenere il controllo della gestione, e le tecnologie Kubernetes, container e la virtualizzazione permettono di creare un’infrastruttura edge-hybrid facilmente gestibile, con l’aiuto di OpenShift.
In chiusura del suo intervento, Cormier ha annunciato che il prossimo obiettivo di Red Hat sarà di portare RH e l’Open Source all’intero universo. Ventotto anni fa, quando Linux era appena nato (ed era un semplice abbozzo di un sistema operativo simil-Unix), Linus Torvalds dichiarò che l’obiettivo di Linux era la conquista del mondo. Allora sembrava una battuta, oggi è realtà. Missione compiuta.