Red Hat, Alessandro Perilli spiega perché scegliere un Open Hybrid Cloud

Red Hat, Alessandro Perilli spiega perché scegliere un “Open Hybrid Cloud”

Alessandro Perilli, GM Open Hybrid Cloud di Red Hat, ci illustra i reali vantaggi offerti da una piattaforma cloud ibrida e aperta e la flessibilità che caratterizza questa architettura.

Prima di entrare nel dettaglio del perché scegliere un open hybrid cloud, diamo uno sguardo ai suoi elementi di base.
Un open hybrid cloud ha cinque pilastri fondamentali:
– La capacità di fornire alle organizzazioni IT strumenti idonei a rispondere alle esigenze delle line of business nell’era del cloud computing.
– La possibilità di accogliere e supportare l’eterogeneità dei sistemi IT in un ambiente enterprise, indipendentemente dalla strategia scelta per il cloud computing.
– La flessibilità di adattarsi al livello di maturità tecnologica dell’azienda, offrendo le funzionalità più sofisticate solo quando l’organizzazione è pronta ad implementarle.
– La capacità di espandersi facilmente, supportando un’ampia gamma di hardware e strumenti di enterprise management, grazie ad un’architettura modulare e ad un ricco ecosistema di partner.
– La caratteristica di basarsi completamente su tecnologie open source, in grado di offrire il grado di innovazione necessario alla trasformazione dell’IT.

Al giorno d’oggi le nostre vite sono altamente dipendenti dalla tecnologia, supportate ed arricchite da servizi erogati in cloud come ad esempio sistemi di messaggistica, strumenti per la gestione dei contenuti e piattaforme di collaborazione, oltre a strumenti di archiviazione e produttività. Utilizziamo servizi cloud ovunque ci troviamo – a casa o in viaggio – e lo facciamo quotidianamente, perché “semplicemente funzionano”.
Gli utenti aziendali sono innanzitutto persone. Quando le persone utilizzano servizi cloud pubblici al di fuori dei confini aziendali e questi semplicemente funzionano, questa esperienza porta ad un livello di aspettativa completamente nuovo.
A casa, esattamente come tutti gli altri, anche gli utenti corporate usano applicazioni cloud, e si aspettano lo stesso tipo di interazione ed esperienza con l’IT aziendale: semplice, immediata e conveniente. Perché mai l’IT aziendale dovrebbe essere meno efficiente di quello personale?
Le infrastrutture di public cloud sono state progettate da zero per essere semplici, agili e convenienti. Queste sono le colonne portanti del loro core business, e tutto ciò che rappresenta un ostacolo, come ad esempio la conformità alle normative di sicurezza, viene sacrificato o demandato ad un secondo momento. Al contrario l’IT aziendale si basa su strati di sistemi software e hardware proprietari, accumulatisi nel corso negli anni, progettati in epoche diverse e sulla base di differenti paradigmi tecnologici. In aggiunta alle problematiche tecniche, vi sono poi policy e normative di sicurezza da rispettare, senza contare le correnti politiche e culturali che influenzano la strategia IT in modi che diventano evidenti solo ad anni di distanza dalle decisioni prese.

L’IT corporate fatica a competere con i fornitori di servizi di public cloud ed ha ancora molto da fare per essere percepito come qualcosa che semplicemente funziona, ma i business manager nelle aziende non possono aspettare. Perché accontentarsi di un servizio meno efficiente quando si può scegliere fra così tante alternative migliori sul mercato? La conseguenza è che le line of business spenderanno il proprio budget in servizi esterni all’azienda. Il rischio, in definitiva, è che l’IT aziendale diventi sempre meno importante mentre i dati aziendali diventano sempre più a rischio.

Perché un “hybrid”cloud?
I dipartimenti IT hanno ormai realizzato che l’unico modo per soddisfare le richieste delle line of business è operare con maggiore agilità. Sebbene il public cloud sia una scelta ideale per determinati scenari, il mercato non è ancora sufficientemente maturo per rispondere a tutte le esigenze delle enterprise relativamente all’hosting delle applicazioni mission-critical.
Ogni singolo gruppo, per quanto parte di un’organizzazione IT, ha la propria idea su come accelerare il ciclo di vita delle applicazioni, ed ognuno di essi si affida a tecnologie diverse per farlo. La prototipazione, il testing ed il provisioning in produzione delle applicazioni di business possono tutti essere ospitati sia su sistemi di virtualizzazione tradizionale, che su Infrastructure as a service (IaaS) o Platform as a Service (PaaS).

I team di sviluppo possono avere un approccio piú affine all’utilizzo di sistemi PaaS mentre i team di infrastructure & operations potrebbero propendere per la virtualizzazione tradizionale o IaaS. Non esiste lo strumento “giusto”. Molto probabilmente, l’organizzazione IT dovrà sfruttare alcune o tutte queste tecnologie, combinandole tra loro e selezionando di volta in volta lo strumento più efficace per ogni situazione, da qui deriva il concetto di ibrido dell’hybrid cloud.
D’altra parte quando a casa ripariamo qualcosa non facciamo tutto con un martello, giusto?
Ognuna delle tecnologie sopracitate comporta vantaggi e svantaggi e probabilmente le organizzazioni IT ospiteranno parti diverse della stessa applicazione di business su piattaforme differenti. Ad esempio, nelle prime fasi di approccio al cloud computing, il front-end web sarà ospitato da una piattaforma scale-out, come IaaS o PaaS, mentre database e middleware rimarranno su una piattaforma di virtualizzazione tradizionale, che meglio supporta le architetture scale-up. Nel corso del tempo, le tecnologie scale-up verranno sostituite da quelle scale-out anche nel caso del middleware, che passerà quindi dalla virtualizzazione ad IaaS, altri componenti dell’applicazione verranno spostati su PaaS mentre altri ancora saranno ospitati da una piattaforma di public cloud.
Naturalmente, non è sufficiente supportare molteplici piattaforme cloud. Senza un uno strumento di management unificato, le organizzazioni IT finirebbero per costruire silos separati, ricreando le stesse policy e gli stessi processi di automazione per ciascuna piattaforma. Questo strumento unificato di management, chiamato anche Cloud Management Platform, è ciò che mantiene unite le diverse componenti di una stessa applicazione, indipendentemente dal fatto che siano ospitate su piattaforma scale-up o scale-out, garantendone la consistenza dal momento del provisioning a quello della dismissione.
In ultima analisi, essere “ibrido” significa veramente abbracciare e supportare l’eterogeneità dell’IT garantendone allo stesso tempo la consistenza. Un hybrid cloud dovrebbe supportare la strategia IT delle organizzazioni, indipendentemente dal fatto che evolva verso un approccio PaaS o IaaS, che si focalizzi solo sulle implementazioni in locale, oppure che utilizzi un mix di servizi cloud, privati e pubblici.

Perché un “open” cloud?
Il public cloud è decollato perché, ancora una volta, semplicemente funziona. Questo è possibile perché i provider cloud hanno innovato e continuano costantemente ad innovare l’intero stack IT, dall’infrastruttura all’applicazione. Questa capacità di innovare dipende dalle possibilità offerte dalle tecnologie open source.
Open source infatti non significa solo trasparenza del codice. Più di ogni altra cosa, open source significa open collaboration. Alla metà del 2014, le menti più brillanti della nostra epoca si riuniscono e lavorano insieme per risolvere problemi di portata globale che una decina di anni fa non esistevano neppure, ed il veicolo scelto per innovare è appunto l’open source.
Grazie al suo modello di open collaboration, l’open source è passato dall’essere un mero sostituto delle tecnologie proprietarie a piattaforma di riferimento per l’innovazione. Pensate alle grandi aziende del web, come Facebook, Google, LinkedIn, Netflix, Yahoo e centinaia di altre. In questi ambienti, che servono centinaia di milioni di utenti – addirittura miliardi in alcuni casi – la scelta tra open source e software proprietario non è mai stata nemmeno oggetto di discussione. La prima è l’opzione di default, la seconda richiede la costruzione di un business case.
Rispetto alle aziende citate, le organizzazioni tradizionali spesso non possono adottare l’innovazione tecnologica, cosi come viene offerta dalle community open source. Le grandi aziende necessitano di cose quali il supporto pluriennale, l’integrazione certificata con vendor di terze parti, programmi di formazione, l’intellectual property indemnification, velocità di risposta nel caso di problemi di sicurezza, e molto altro ancora.
Le grandi aziende necessitano dell’innovazione derivante dall’open source, e del suo modello di open collaboration per restare competitive nei propri rispettivi settori e rispetto ai fornitori di servizi di public cloud. Allo stesso tempo, queste stesse aziende hanno bisogno di un partner affidabile, per far sì che l’innovazione si adatti alle proprie infrastrutture ed alla propria cultura.