E’ stato annunciato da Microsoft un grosso cambiamento nella politica di licensing per Windows Server 2016, il sistema operativo in arrivo il prossimo anno: i costi saranno infatti legati al numero di CPU fisiche presenti sul server e non più ai core virtuali. Alessandro Colasanti, Responsabile Divisione SAM di SoftwareONE, ci spiega cosa comporterà questa scelta per i sistemi attualmente funzionanti e per i futuri aggiornamenti.
Microsoft ha annunciato l’introduzione di un nuovo modello di licensing core-based in occasione del lancio di Windows Server 2016. Si tratta di un cambiamento che sarà immediato e contestuale al rilascio della nuova release nel corso del prossimo anno e verrà applicato automaticamente al rinnovo delle licenze già acquisite o all’acquisto di nuove.
Fonti ufficiali Microsoft motivano questa scelta con la volontà di allineare al meglio le licenze relative alle proprie offerte di cloud pubblico e privato in modo che siano entrambe basate sui core e offrano così un modello semplificato per gli ambienti multi-cloud, sempre più diffusi sul mercato. In un contesto dove virtualizzazione e cloud ibrido giocano un ruolo sempre più sostanziale, il nuovo modello proposto da Microsoft consente, in sintesi, di adottare una maggiore coerenza tra gli ambienti cloud e le installazioni on-premise.
Il cambiamento, in realtà, era nell’aria già da diverso tempo! Molto è cambiato nello scenario IT rispetto alla precedente versione di Windows Server del 2012. La potenza di calcolo del singolo processore è, infatti, aumentata in modo esponenziale e i trend dei prossimi anni vedono sempre più in calo i sistemi multiprocessore e in aumento il numero di core per processore.
Il nuovo modello di licensing prevede che una licenza “base” copra due core fisici. Tutti i clienti che avranno in essere un contratto già attivo usufruiranno di un fattore di conversione basato sullo standard di mercato che oggi vede per un processore un minimo di 8 core. Le attuali licenze Windows Server 2012 R2 coprono due processori, pertanto ogni licenza attuale sarà convertita in otto licenze Windows Server 2016 a copertura di 16 core. Oltre alla metrica a core, questo nuovo modello di licensing riserva dei vincoli che impongono dei minimi di licenze, i quali prescindono dalle caratteristiche hardware del server; nello specifico per ogni server fisico, anche quelli con un solo processore, il cliente dovrà licenziare un minimo di 16 core (otto licenze).
Cosa significherà tutto questo per i clienti Microsoft? Al momento i clienti con licenze per processore che possiedono una Software Assurance saranno in grado di eseguire senza costi aggiuntivi l’aggiornamento a Windows Server 2016 e i clienti che hanno in essere accordi di licenza con Microsoft come Enterprise Agreement (EA)o Server and Cloud Enrollment (SCE) saranno in grado di continuare ad acquistare licenze per processore fino alla fine dei loro accordi attuali.
Inoltre, Microsoft ha messo a disposizione una reportistica per supportare i clienti in modo che non debbano subire passivamente il cambiamento e possano riconoscere quali licenze non rispettano la compliance. Si tratta del Transaction Report, che consente di analizzare lo stato dell’infrastruttura IT e ricevere da Microsoft le licenze che mancano.
Quindi, a una prima occhiata sembrerebbe tutto molto semplice e positivo per tutti! Il nuovo modello si può tradurre in vantaggi per i clienti, che possono modernizzare la propria infrastruttura con maggiore facilità, e per Microsoft dal punto di vista del rinnovo e della manutenzione.
In realtà, se guardiamo avanti nel tempo, in una prospettiva di circa tre anni la situazione può assumerne dei connotati ben diversi.
Cosa succederà quando, inevitabilmente, l’azienda dovrà affrontare degli aggiornamenti tecnologici?
Il rischio, nel caso non vengano variati il numero di nodi ma la potenza, è che l’organizzazione si ritrovi a non rispettare più i termini del contratto senza nemmeno essersene accorta! Da qui costi imprevedibili per ristabilire la compliance che rischiano di ripercuotersi pesantemente sul business e sull’ottimizzazione delle proprie risorse software. Si tratta di un pericolo reale, anche se al momento non è ancora percepito perché si concretizzerà solo nel tempo.
Dal punto di vista delle aziende, esiste in realtà un modo per affrontare al meglio questi pericoli nascosti.
La soluzione è fare chiarezza e porsi una domanda fondamentale: “Fino a quando sarò compliant?”.
Si tratta di una domanda che richiede una risposta complessa, con un’analisi e valutazione accurata dello stato attuale dei propri sistemi per poi promuovere e adottare una strategia appropriata nel tempo.
Per molti clienti la soluzione migliore potrebbe rivelarsi anticipare l’entrata in vigore del nuovo modello, controllando lo stato della propria infrastruttura e acquistando quello che serve già oggi, sfruttando così la vecchia metrica, con la facoltà di passare a quella nuova in un momento successivo.
Il mio suggerimento è quindi quello di condurre al più presto un’analisi della propria infrastruttura per capire l’impatto reale del nuovo modello di licensing sui costi e sulla futura innovazione. Passare a un modello per core e non più per processore significa infatti dovere ripartire da zero nelle proprie valutazioni,riconsiderare gli scenari futuri del proprio IT e le prospettive in termini di spesa e ottimizzazione degli asset IT. Alcune scelte possibili o strategie in termini di riduzione dei costi che in precedenza erano state scartate perché non convenienti, come magari passare a un diverso sistema operativo o adottare un approccio open source, potrebbero oggi rivelarsi più interessanti.
Stabilire l’impatto del nuovo modello di licensing è quindi indispensabile per avviare al più presto le misure necessarie; non sarà semplice per le aziende, pertanto è necessario affidarsi ad esperti in grado di comprendere e valutare gli aspetti tecnologici, le implicazioni di licensing e, più in generale,l’impatto sul business: solo così si potranno analizzare e prevedere rischi e opportunità, traducendo il tutto in una nuova prospettiva di crescita.
Si tratta, in conclusione, di un cambiamento che non si può bloccare: la scelta è se subirne passivamente le conseguenze o se cavalcarlo e sfruttare questo momento come leva per un’ottimizzazione e migliore gestione delle proprie risorse IT.