Telecomunicazioni, Italia al bivio tra innovazione e regole

Organizzato dal MIX, Il Salotto 2025 mette a fuoco infrastrutture, IA e nuova regolazione: tra investimenti, adozione e sovranità tecnologica, l’Italia cerca il suo equilibrio digitale.

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La comunità del digitale italiano si è riunita al Salotto 2025 organizzato dal MIX (Milan Internet eXchange) in un confronto serrato sulle telecomunicazioni e proiettato al futuro, analizzando le dinamiche infrastrutturali, l’impatto dirompente dell’intelligenza artificiale e il cruciale ruolo della regolamentazione nazionale ed europea. L’Italia si trova a un bivio: da un lato la necessità di sostenere gli investimenti con l’adozione, dall’altro l’urgenza di comprendere e governare una rivoluzione tecnologica che cresce con velocità esponenziale.

L’Infrastruttura tra sviluppo geografico e adozione critica

Alessandro Talotta, Executive President & Chairman del MIX, ha aperto i lavori evidenziando i recenti e significativi sviluppi infrastrutturali del MIX, che ha inaugurato il nuovo data center DC3 in Caldera per ampliare le interconnessioni. Parallelamente, sta rinnovando la piattaforma tecnologica per garantire “maggiore affidabilità e disponibilità di calcolo“.

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Un punto centrale della strategia illustrata è l’espansione geografica oltre il tradizionale asse del Nord, con l’apertura a Salonicco e il potenziamento delle sedi di Roma e Caserta, oltre al tentativo di stimolare la domanda in Sicilia. L’obiettivo è chiaro: “fare in modo che non si guardi solo al nord come punto di espansione del mondo internet, ma anche alla parte del centro-sud. Nonostante l’Italia stia registrando progressi significativi nella realizzazione delle infrastrutture in fibra ottica, raggiungendo buoni livelli di copertura”. Talotta ha evidenziato una criticità persistente e fondamentale: la scarsa adozione della tecnologia da parte degli utenti finali: Manca l’adozione, ancora pochi utilizzano pienamente la fibra ottica e questo è un problema perché la domanda deve sostenere gli investimenti che l’industria sta facendo“. Il rischio è che non si generi il ritorno economico per giustificare e sostenere future espansioni e innovazioni.

Dialogo più stretto tra settore privato e istituzioni

Per superare questo ostacolo e accelerare non solo l’infrastrutturazione ma anche l’effettivo utilizzo dei servizi digitali avanzati, Talotta ha lanciato un appello per un dialogo più stretto tra settore privato e istituzioni. Questo coordinamento è essenziale per innescare un circolo virtuoso di sviluppo, poiché è in gioco la competitività del paese nel panorama internazionale. L’obiettivo ultimo è lavorare insieme per rendere più competitivo il sistema economico italiano nel suo complesso, integrando appieno le potenzialità del digitale e delle telecomunicazioni.

L’onda esponenziale

Secondo Ruben Horbach, Innovation researcher & strategist, oggi ci troviamo alla vigilia della quarta rivoluzione, alimentata da un insieme di tecnologie esponenziali come il 5G, l’edge computing e l’AI. Questa combinazione promette un mondo contestualizzato dove i dati vengono anticipati e integrati nella nostra quotidianità, come per esempio accade con gli occhiali smart.

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L’accelerazione è palese, guidata dalla Legge di Moore (che vede la potenza raddoppiare a parità di costo) e da un’adozione utente fulminea. E qui subentra l’ostacolo umano. Come spiega Horbach, noi esseri umani pensiamo in maniera lineare. I nostri cervelli non sono progettati per parlare e pensare in maniera esponenziale“. E questa mentalità ci fa sottovalutare l’impatto reale che la tecnologia avrà nei prossimi 10-15 anni, nonostante la velocità di sviluppo sia oggi superiore a quella dell’intero decennio passato.

Il futuro è già qui

La prossima interfaccia chiave non sarà più lo smartphone, ma lo spatial computing: sensori che scansionano il mondo, creando uno strato digitale sul reale, permettendo un’interazione profonda con contenuti 3D. L’obiettivo è l’evoluzione verso occhiali AI sempre più piccoli e dotati di “comprensione semantica” del contesto, superando il semplice riconoscimento per arrivare al significato.

Nel frattempo, l’intelligenza artificiale è in piena rivoluzione: si è passati dall’AI generativa a quella agentica, per arrivare, in un futuro prossimo, all’AI fisicamente incorporata. La velocità di progresso è tale che i risultati di oggi superano in modo netto i benchmark stabiliti appena pochi anni fa.

Il ruolo dell’università

La Rettore del Politecnico di Milano, Donatella Sciuto, ha sottolineato come l’obiettivo primario dell’università sia preparare gli studenti a “essere capaci di imparare per i prossimi quarant’anni“, enfatizzando basi forti e competenze trasversali. Riguardo all’AI, Sciuto ha sottolineato che al Politecnico si insegna dal 1973 e l’attenzione non è sulla novità, ma sull’uso. L’ateneo sta sviluppando un sistema basato sull’AI generativa, My learning talk, un tutor associato a ogni corso. Sciuto ha precisato: “Abbiano avviato un programma che spieghi come usare l’intelligenza artificiale non per sostituire lo studio, ma per aiutare i ragazzi a studiare meglio e a imparare meglio“. È fondamentale che gli studenti non si fidino ciecamente dell’AI. Inoltre, l’università ha anche inserito l’etica della tecnologia nei percorsi magistrali, ma ha individuato nella “paura di sbagliare” un freno alla cultura imprenditoriale degli studenti.

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L’appello per la sovranità tecnologica

Il dibattito è rapidamente scivolato sul cruciale piano normativo, mettendo in luce la tensione tra l’ambizione europea alla sovranità tecnologica e il timore di un’eccessiva burocratizzazione.

Giulia Pastorella Capogruppo in IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) ha posto l’accento sulla necessità per l’Europa di interrogarsi seriamente su come affrancarsi dalla dipendenza esterna. L’obiettivo, secondo Pastorella, è raggiungere una maggiore autonomia, concentrandosi sulle tecnologie strategiche, come chip, cavi sottomarini a tecnologie quantistiche all’avanguardia”.

La deputata ha espresso forte preoccupazione per la frammentazione normativa italiana, citando la sorprendente assenza di una legislazione chiara sui data center e la tendenza italiana a sovrapporsi all’Unione Europea con leggi nazionali superflue. La sua posizione sul metodo regolatorio è chiara: Non è sempre bene regolare. Poniamo norme laddove la regolamentazione aiuta lo sviluppo, semplifica, diminuisce i tempi e cerca di fare il sistema. Non andiamo a normare quello che può essere regolato meglio a livello europeo, magari addirittura mondiale e non complichiamoci eccessivamente la vita laddove non ce n’è bisogno“.

Il “grosso errore” dell’AI Act

Giulio Centemero, Capogruppo Lega VI Commissione (Finanze), ha replicato condividendo la necessità di focalizzarsi sulle policy piuttosto che sulle dinamiche politiche, dovremmo parlare un po’ più di policies e molto meno di politics“.

Centemero ha individuato la principale debolezza italiana nella mancanza di aggregatori, ovvero di aziende leader dotate della forza finanziaria per sostenere startup, ricerca e sviluppo, analogamente ai giganti del Nasdaq.

La critica più severa, tuttavia, è stata rivolta all’approccio di Bruxelles. Secondo Centemero, a livello europeo “prevale la logica della precauzione su quella dell’innovazione“. L’AI Act è stato bocciato senza mezzi termini: “L’AI Act secondo un grosso errore”. Centemero avrebbe preferito un approccio più cauto e basato sull’osservazione anziché sulla prevenzione: Avremmo prima dovuto definire gli spazi sperimentali e poi, dopo l’osservazione del fenomeno di un’industria nuova, definire la cornice di rischio“.

Il suo avvertimento finale all’Europa è perentorio: Dobbiamo puntare ad avere degli aggregatori, dei campioni italiani ed europei e dobbiamo convincere l’Europa a perdere il vizio di fare l’arbitro e non il giocatore“. L’Europa, insomma, non deve limitarsi a imporre regole, ma deve scendere in campo per competere.

Telecomunicazioni: consolidamento vs. competizione

La parte finale della discussione ha riguardato il prossimo Digital Networks Act (DNA) europeo la cui bozza è attesa per gennaio 2026. Secondo Innocenzo Genna, Avvocato, esperto in regolamentazione europea digitale, il contesto attuale è molto più favorevole alla concorrenza rispetto al passato e ha evidenziato come anche gli operatori più piccoli di telecomunicazioni hanno un ruolo importante da svolgere, non solo grandi Questa posizione trova riscontro nelle istituzioni europee, dato che sia il Consiglio che la DG COMP (Direzione Generale per la Concorrenza) si starebbero dimostrando critici nei confronti della narrativa del consolidamento del mercato, spesso basata su pure preoccupazioni di natura finanziaria.

I piccoli operatori in trincea

Le parole di Genna sono state subito raccolte e in parte stemperate da Renzo Ravaglia, CEO di Fiber Connect e portavoce dei piccoli operatori. Pur professandosi convintamente europeista, Ravaglia si è mostrato scettico sulle possibili modalità applicative del DNA. La sua principale preoccupazione è che l’Unione scelga la strada della concentrazione, definendola una via completamente sbagliata. Ravaglia ha contrapposto con forza il concetto di economia di densità (tipica dei piccoli operatori locali di telecomunicazioni) alla logica dell’economia di scala sposata dai grandi incumbent. L’auspicio è che “il DNA non alimenti la concentrazione, altrimenti si rischierebbe di permettere ai grandi attori di uccidere il mercato.

L’urgenza dello switch off e il rischio economico

Spostando il focus sulle infrastrutture, Stefano Mazzitelli, Direttore Commerciale Open Fiber, ha espresso alte aspettative per un’azione normativa incisiva sullo switch off del rame nelle telecomunicazioni. Tale passaggio è ritenuto essenziale per lo sviluppo e il pieno sfruttamento della fibra ottica. Mazzitelli ha messo in guardia sulla situazione attuale: con appena 1 milione di linee FTTC migrate su un totale di 10 milioni, “il progresso non è adeguato. Il monito è severo: “un mercato con rendimenti così bassi è destinato a generare un tracollo economico per tutti.

Il timore della deregolamentazione

Una delle principali ipotesi del white paper sul DNA, la deregolamentazione dell’accesso, è stata la maggiore preoccupazione sollevata da Ruggero Slongo, Chief Operating Officer di Retelit. Secondo Slongo, eliminare la regolazione ex ante per alcuni operatori di telecomunicazioni più grandi rischia di essere un meccanismo perverso che potrebbe favorire il consolidamento attraverso il fallimento dei piccoli. Slongo ha ribadito con forza che “l’eliminazione della competizione non può essere la soluzione”.

L’appello alla collaborazione

A chiudere il cerchio sono stati stato Roberto Bussolotti, Wholesale Director Gruppo WindTre, e Guido Garrone, CEO di Eolo. Bussolotti ha auspicato che il Digital Networks Act agisca come facilitatore piuttosto che un ingessatore. Il suo intervento ha messo l’accento sul ruolo chiave della collaborazione nel mondo wholesale delle telecomunicazioni: Va scardinato il concetto di competizione esasperata per far emergere il ruolo di abilitatore per i piccoli operatori. Bussolotti ha portato l’esempio della sua azienda, che mette a disposizione la propria rete 5G perconsentire anche a chi non può permettersi grossi investimenti, di avere un’offerta per i propri clienti“.

Anche Garrone ha sottolineato il ruolo di facilitatore che dovrebbe avere il DNA: “Una normativa come il DNA va bene se aiuta a semplificare. Non dovrebbe ammazzare gli investimenti, ma favorire l’innovazione”.