Quando nel 2011 Simone Merlini e Alessandro Molina hanno fondato beSharp parlare di progetti cloud voleva dire seguire un approccio decisamente innovativo. Tuttavia, Merlini e Molina avevano le idee chiare e sin dall’inizio hanno voluto puntare sul cloud. Una strategia che ha premiato: nel tempo, beSharp si è trasformata da piccolo team a realtà di 60 persone e il fatturato ha raggiunto i 6 milioni di euro. “La nostra peculiarità sta nella specializzazione esclusivamente nella consulenza su Amazon Web Services (AWS) – precisa Simone Merlini, CEO e CTO di beSharp–. È una scelta che abbiamo fatto nel 2015 ritenendo che AWS fosse il miglior provider pubblico di tecnologia cloud. E nonostante i progressi di altri provider, come per esempio Google, ancora oggi siamo convinti della validità della nostra scelta. AWS ci ha permesso di diventare un top player, grazie alla capacità di fare molto con risorse limitate, un principio che rispecchia il nostro approccio di usare il cloud per migliorare ciò che altrimenti non sarebbe possibile”.
Intelligenza artificiale e dati “puliti”
beSharp ha sempre posto una forte enfasi sulle competenze: “Ciascuno dei nostri tecnici ha più certificazioni. Tuttavia, oggi, diversi competitor hanno raggiunto un livello simile al nostro, facendo diventare la competenza tecnica quasi una commodity. Questo ci ha spinto a riposizionarci, considerando l’evoluzione del contesto tecnologico degli ultimi 15 anni che ha portato il dato a rivestire un ruolo sempre più centrale”.
Analytic, big data, data mining e machine learning sono diventati cruciali per l’estrazione di insight e le aziende necessitano di tecnologie avanzate per sfruttare correttamente questo valore. Questo processo è stato facilitato e democratizzato dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa. “L’uso di strumenti apparentemente semplici ha reso comprensibili concetti complessi anche ai non addetti ai lavori, alimentando un crescente interesse verso l’intelligenza artificiale”.
L’intelligenza artificiale generativa si basa su modelli addestrati con enormi quantità di dati. Il cloud computing gioca un ruolo fondamentale in questo contesto, poiché l’estrazione del valore e la costruzione di modelli matematici che trasformano enormi volumi di dati in algoritmi intelligenti richiede infrastrutture scalabili e potenti.
Il cloud per la servitizzazione e il data-driven
Tuttavia, alla base di ogni processo c’è la qualità del dato. “Anche con le tecnologie più sofisticate, se i dati di partenza sono di bassa qualità, i risultati ottenuti sono inevitabilmente inaccurati. Raramente le aziende hanno dati puliti e pronti all’uso. Bisogna trattarli in modo accurato per poterli utilizzare in un sistema di analisi, sia esso tradizionale o basato su intelligenza artificiale. La pulizia del dato non è un’operazione eseguibile manualmente, per operare su larga scala in modo tempestivo e a costi ragionevoli sono necessarie tecniche automatiche ed efficienti”.
Obbligatoria un’automazione avanzata
In questo contesto, risultano essenziali discipline come DevOps e MLOps, perché usano tecniche avanzate di automazione e governance del dato per sfruttare correttamente la potenza di calcolo del cloud, sia in fase di sviluppo sia di prototipazione. “Nel machine learning, spesso non si ha la certezza di ottenere un risultato immediato. Il processo è altamente iterativo, in quanto richiede tentativi multipli per ottimizzare i parametri del modello. Questo obbliga a gestire automaticamente l’addestramento e la valutazione dei modelli, provando diverse alternative in parallelo per identificare la soluzione migliore”.
Anche la governance e la sicurezza dei dati sono fondamentali, specialmente in contesti multiutente e multitenant, dove diversi gruppi di persone interagiscono con lo stesso insieme di dati. “È essenziale garantire flessibilità, mantenendo al contempo riservatezza e sicurezza. Alla base di governance e sicurezza ci sono competenze avanzate nella gestione del dato, nonché una profonda conoscenza delle infrastrutture cloud. La maggior parte delle aziende che operano nel campo dell’intelligenza artificiale utilizza il cloud per supportare i propri flussi di lavoro, evidenziando il legame indissolubile tra dati, intelligenza artificiale e cloud”.
La servitizzazione e il cloud
Nell’ambito dei progetti data-driven, circa il 70% dei clienti di beSharp è costituito da small enterprise. Tuttavia, l’azienda lavora anche con PMI, spesso di medie dimensioni, che mostrano un forte interesse per l’innovazione tecnologica. “Una parte significativa di clienti proviene anche dal mondo delle startup tecnologiche, che, sebbene rappresentino una piccola percentuale del nostro fatturato, offrono sfide tecnologiche stimolanti. Per esempio, abbiamo collaborato con Satispay e Musement e realtà del mondo fintech”.
Riguardo i settori, beSharp si rivolge in primo luogo al manifatturiero, al machinery e all’industry 4.0, dove la sensoristica gioca un ruolo cruciale nella raccolta massiva di dati. “Abbiamo una significativa esperienza anche in ambito retail, nel fashion retail e nel settore industriale”. In questo senso, Merlini cita l’esperienza fatta con Amada, una multinazionale giapponese che produce macchinari per il taglio e la piega della lamiera. “Con Amada abbiamo realizzato uno dei primi progetti industry 4.0 in Italia. Amada aveva una visione chiara e definita. Il nostro ruolo è stato di aiutare a concretizzare questa visione. Amada ha trasformato i macchinari esistenti in servizi avanzati per i clienti. Questo approccio ha consentito un cambiamento radicale del modello di business, passando da un semplice costruttore di macchinari a un fornitore di servizi industriali di alto livello”.
Merlini sottolinea come sia il cloud computing a permettere la creazione di piattaforme che trasformano radicalmente i modelli di business. Un esempio sono le vending machine, che sono state trasformate da semplici distributori di prodotti a dispositivi in grado di fornire servizi evoluti. Dotate di schermi e connesse tramite Bluetooth o altre tecnologie, possono offrire pubblicità, giochi interattivi e contenuti informativi, oltre a monitorare in tempo reale i livelli di stock e ottimizzare i percorsi di rifornimento. “È un esempio di servitizzazione, dove i macchinari diventano nodi intelligenti connessi tramite il cloud, consentendo il monitoraggio e il controllo remoto”.
Anche il software come servizio
La servitizzazione non si limita però alla trasformazione di macchinari fisici, ma comprende anche la conversione di software in servizi SaaS (Software as a Service). Questo cambiamento non riguarda solo le migliorie apportate da aggiornamenti frequenti, ma è una trasformazione radicale nella gestione del parco software.
La servitizzazione e le decisioni data-driven per potenziare il business
In un modello SaaS, non c’è più una miriade di installazioni separate, ognuna con i propri bug e personalizzazioni e configurazioni dipendenti dall’ambiente in cui è installato il software. “Si hanno grandi installazioni centralizzate in cui la versione del software è uniforme per tutti gli utenti. Le nuove funzionalità vengono rilasciate contemporaneamente per tutti i clienti, migliorando il go-to-market dell’azienda fornitrice e ottimizzando il ciclo di vita del software”.
Il modello SaaS, così come la servitizzazione dei prodotti hardware, tende a ricreare un legame continuo tra il cliente finale e il produttore, un rapporto che nei modelli di business tradizionali spesso si perde e deve essere ricostruito tramite iniziative specifiche.
Questa transizione non è priva di sfide. “Molte aziende devono cambiare il loro modo di pensare e operare – conclude Merlini –. Ciò richiede un lavoro strategico significativo, che va oltre l’aspetto puramente tecnologico. La nostra azienda è ben posizionata per supportare i clienti in questo percorso, grazie alle competenze sviluppate negli anni e a un approccio integrato che abbraccia tutti gli aspetti del ciclo di vita del software e del business”.