Cloud computing, Akamai illustra la sua nuova aggressiva proposta

Akamai ha esteso dalla CDN al cloud computing i propri servizi. Con Nicola Ferioli, Head of Engineering dell'azienda, vediamo cosa comporta questa nuova strategia.

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Dalla CDN al cloud computing. Akamai ha esteso il proprio raggio d’azione offrendo una nuova piattaforma chiamata Akamai Connected Cloud che l’azienda definisce come “una piattaforma edge e cloud ampiamente distribuita per il cloud computing, la sicurezza e la delivery di contenuti che avvicina le applicazioni e allontana le minacce”. L’obiettivo è fornire nuovi servizi strategici di cloud computing per consentire agli sviluppatori di creare, eseguire e proteggere carichi di lavoro più vicino ai punti in cui le aziende e gli utenti si connettono online.

Avvicinare i servizi di computing ai clienti

Attraverso Connected Cloud, Akamai sta in pratica aggiungendo siti core e distribuiti sulla stessa backbone sottostante che oggi supporta la sua rete edge, distribuita su più di 4.100 sedi in 135 Paesi.

Più in dettaglio, Akamai intende avvicinare ulteriormente i servizi di computing, storage, database e altri servizi agli utenti, alle aziende e ai centri IT. L’intento è di garantire una continuità di computing, dal core all’edge, consentendo alle aziende di creare, distribuire e proteggere in modo più efficiente carichi di lavoro altamente performanti che richiedono una latenza di pochi millisecondi e una portata globale. Diversi settori dai media al gaming, dai SaaS al mondo retail, fino all’ambito governativo sono campi in cui questi requisiti sono molto richiesti.

“Stiamo adottando un approccio fondamentalmente diverso al cloud computing, basandoci su 25 anni di esperienza nella scalabilità e nella protezione delle maggiori aziende al mondo – ha affermato Tom Leighton, cofondatore e CEO dell’azienda –Akamai sta costruendo il cloud che servirà nel prossimo decennio”.

Nuovi data center e siti distribuiti

Akamai sta compiendo un passo importante, che ha deciso di supportare con una serie di iniziative. La prima è l’apertura di tre nuovi data center per il cloud computing di livello enterprise negli Stati Uniti e in Europa. Come gli 11 siti di cloud computing esistenti, i nuovi siti “core” si collegheranno alla backbone di Akamai. Operativi dalla fine del secondo trimestre del 2023, conterranno tutti i servizi di cloud computing acquisiti da Linode, il fornitore di infrastrutture cloud intuitive per gli sviluppatori che Akamai ha rilevato nel 2022. I nuovi siti diventeranno, inoltre, il modello per altri 10 siti core che Akamai prevede di implementare in tutto il mondo nel corso dell’anno. Ai nuovi siti core, Akamai affiancherà siti distribuiti in oltre 50 città per portare le funzionalità base di cloud computing in località difficili da raggiungere e attualmente poco servite dai fornitori di servizi cloud tradizionali.

Prezzi aggressivi e nuovo programma per i partner

L’azienda ha previsto anche di attuare una nuova politica di prezzi per il traffico in uscita (egress) in modo da offrire tariffe notevolmente scontate rispetto agli hyperscaler e ai fornitori di cloud alternativi.

È inoltre previsto un nuovo programma per i partner tecnologici pensato per rendere disponibili ai clienti Akamai servizi basati su soluzioni interoperabili con Akamai Connected Cloud. Tali servizi saranno forniti da partner che supereranno un accurato processo di selezione, garantendo che siano prontamente disponibili per l’implementazione e la scalabilità sulla piattaforma distribuita a livello globale.

Data la portata delle novità presentate, abbiamo incontrato, Nicola Ferioli Head of Engineering Akamai Italia, per avere maggiori dettagli su questa nuova direzione strategica intrapresa dall’azienda.

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– Chi è Akamai oggi?

Da parecchi anni, Akamai propone soluzioni di computing altamente distribuito. Si tratta, sostanzialmente, di sistemi di elaborazione molto leggeri che consentono di lavorare su una rete multi-distribuita come una CDN, con task che devono essere molto veloci. Da questo modello, l’anno scorso ci siamo spostati verso un modello di cloud computing più classico. Abbiamo acquisito Linode, cloud service provider con molti anni di esperienza che ci ha permesso di soddisfare anche le necessità della piccola e media impresa e degli sviluppatori nel segmento enterprise. Come è poi stato annunciato, nel corso del 2023 aggiungeremo diversi nuovi data center, di cui uno sarà a Milano e, più avanti uno anche a Roma, e svariati punti di presenza di Linode in modo che a fine anno la piattaforma di Akamai computing sia estremamente distribuita.

– Che strategia c’è alla base di così tante aperture?

Il modello di business di Akamai è sempre stato basato su una presenza estremamente distribuita e ridondante così da essere fisicamente vicino all’utente finale.

Nel tempo, Akamai si è trasformata in una security company e oggi l’offerta è principalmente legata ai servizi di sicurezza e di protezione, sia a livello applicativo sia di infrastruttura.

Il nostro modello cloud segue la stessa filosofia, ovvero non prevede di concentrare in pochi data center molto grandi la capacità di elaborazione, l’intelligenza e la gestione dell’applicazione del cliente. Andiamo invece verso un modello distribuito dove è possibile eseguire carichi di lavoro con una scelta molto ampia di nodi. Questo rende possibile gestire applicazioni complesse a una distanza di pochi millisecondi dall’utente finale.

–  Che tipo di applicazione può trarre vantaggio da questa proposta?

Qualunque applicazione che abbia la necessità di un’elaborazione centralizzata il cui risultato deve arrivare più velocemente possibile agli utenti. Per esempio, le applicazioni del mondo dello streaming video e della distribuzione di contenuti video. La stragrande maggioranza dello streaming oggi distribuisce contenuti live e on demand via http e HTTPS tramite protocolli HLS e Dash e si utilizzano le CDN per ottenere la scalabilità. Nel caso di Akamai, una CDN può avere migliaia di punti di presenza a livello mondiale.

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Per risolvere alcuni dei problemi dello streaming classico, stanno emergendo nuovi modelli di delivery dei contenuti video, che possono avere caratteristiche particolari come una bassissima latenza. In questo caso occorre eseguire uno streaming server con software particolare, magari proprietario dell’operatore. Si può quindi avere l’esigenza di non usare più solo caching ma di attivare anche macchine virtuali in vari punti di presenza in Italia. In tal caso la piattaforma cloud computer di Akamai può essere di grande aiuto.

Un discorso analogo vale per la videoconferenza, che deve transitare da un server centralizzato. Questo server deve avere una latenza estremamente ridotta così che si possa parlare e rispondere senza ritardi. Ma se si volesse usare una piattaforma con nuovi protocolli e un software custom si dovrebbe installare tale software in modo distribuito all’interno del territorio italiano con disponibilità di larghezza di banda verso i clienti finali. In tal caso l’ideale è utilizzare una piattaforma come quella di Akamai.

– Come influiscono i mix di carichi di lavoro nell’offerta cloud di Akamai?

Si possono avere vari driver che fanno decidere su quale piattaforma è più conveniente eseguire un certo workload. Si può scegliere tra i principali cloud provider a livello mondiale come Amazon web Services, Azure o Google Cloud. Ci sono molti altri cloud provider, definiti alternative cloud, che sono più piccoli e hanno caratteristiche particolari e soprattutto offrono vantaggi in termini di costo e semplicità d’uso.

Akamai è a metà tra questi due mondi, cioè ha notevole flessibilità e semplicità d’uso. Questo vuol dire che con pochi click e in maniera molto intuitiva si possono attivare e gestire nuove macchine, con un risparmio in costi di formazione. Ci sono poi i vantaggi legati al costo, alla connettività e alla banda uscente. Però, il punto fondamentale è che ultimamente si sta incominciando a pensare a un modello multicloud, ovvero che si possono avere decine di carichi di lavoro da eseguire e si può decidere di non tenerli tutti nella stessa piattaforma cloud, ma di usare un insieme di più piattaforme e per ogni workload da seguire si sceglie qual è la piattaforma ottimale.

– Come si sceglie il multicloud e, soprattutto, chi sceglie il multicloud?

Il numero di aziende che cominciano a pensare al multicloud, e quindi a servirsi di service provider diversi, è piuttosto limitato. Oggi la maggior parte delle aziende è ancora in una posizione più conservativa: sono on prem o stanno andando in cloud con un approccio ibrido su un singolo cloud. In certi mercati, come negli Stati Uniti e in UK, il multicloud è un po’ più diffuso, ma non è ancora per tutti.

Ci sono poi gli early adopter, cioè le aziende che iniziano a muoversi in tale direzione e fanno tendenza. Si tratta di realtà di grandi dimensioni che possono investire in soluzioni più complesse e che, quindi, sono in grado di interfacciarsi con diversi sistemi e che hanno anche persone in grado di operare con ambienti diversi.

È prevedibile che nel giro di qualche anno questo approccio sarà molto più diffuso perché chi usa il multicloud può avere vantaggi competitivi in quanto dispone di tool diversi rispetto ad altri cloud e ha più distribuzione come nel caso di Akamai.

C’è poi il segmento delle startup o di business particolari che hanno l’esigenza di andare in multicloud operando un’estrema ottimizzazione dei costi per mettere a frutto nel miglior modo possibile il poco capitale a disposizione.

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– Come si differenzia Akamai dalla concorrenza?

Akamai è oggi la più grossa piattaforma di delivery dei contenuti al mondo e si è sempre orientata verso il segmento enterprise o verso aziende più piccole ma ad elevato contenuto tecnologico. Tra le caratteristiche principali ha sempre avuto la scalabilità dell’infrastruttura e l’elevata connettività. Akamai è nota per la sicurezza delle applicazioni e delle infrastrutture.

Un’altra caratteristica di distinzione è l’estrema disponibilità di connettività di banda verso gli utenti finali. Tutti i nostri clienti possono contare su una relazione aperta e vengono seguiti da vicino in termini di consulenza e di realizzazione. In questo, un ruolo importante lo rivestono i partner tecnologici.

Il passo successivo è avere un’orchestrazione per un’infrastruttura tale da consentire di realizzare applicazioni a bassa latenza estremamente distribuite a livello mondiale o anche piattaforme per la gestione di particolari Api.