Trasformazione digitale nella PA, a che punto siamo?

L'Italia è il Paese più avanti nella realizzazione dei progetti PNRR. Ma cosa significa in termini di trasformazione digitale? Se ne è parlato in un convegno.

La trasformazione digitale del settore finanziario

In questi giorni si è diffusa la notizia che l’Italia è il Paese europeo più avanti nella realizzazione degli interventi previsti nel PNRR per la trasformazione digitale. Dati alla mano, sino al 16 dicembre 2022, sono stati realizzati 30 delle 173 milestone e target previsti per l’Agenda Digitale ed è così stato completato il 17% di milestone e target dedicati. Abbiamo così superato Spagna e Francia che hanno raggiunto solo il 10% e 15 Paesi fermi ancor a zero, tra i quali sorprende la presenza della Germania.

Da sottolineare anche che nel 2022 l’Italia è salita di due posizioni nel ranking europeo del Digital Economy and Society Index (DESI). Anche se il nostro Paese rimane nella parte bassa della classifica (siamo al 18esimo posto sui 27 Stati membri) e manteniamo importanti gap rispetto ad altri Paesi, in particolare sulle competenze digitali e sui servizi pubblici digitali, si comincia finalmente a concretizzare un modello “Government as a Platform” di sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali, in cui la PA diventa una piattaforma di innovazione.

Trasformare le procedure semplificandole

Ora è però necessario portare a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione del PNRR, accelerando gli ambiti più critici. Lo ha evidenziato il senatore Alessio Butti sottosegretario con delega all’innovazione tecnologica e transizione digitale che intervenendo al convegno  convegno “Il digitale chiama: l’Italia risponde? Organizzato dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

Basta recarsi in un qualsiasi ufficio pubblico per notare discrasie procedurali e incongruenze di carattere burocratico che complicano la vita ai cittadini e alle imprese invece di facilitarla – ha sottolineato Butti –. La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione non si fa con le dotazioni informatiche, questo è un retaggio ideologico del passato. La si fa trasformando le procedure e semplificandole. Non si può digitalizzare se prima non si semplifica. Così si faciliterà anche un aspetto molto importante, l’interoperabilità tra i sistemi”.

Il PNRR rende disponibili somme ingenti che rappresentano un mezzo per raggiungere obiettivi sfidanti in termini di nuovi servizi e prodotti. “Qualcuno in passato ha considerato come obiettivo la pura e semplice erogazione di fondi – ha precisato Butti –, senza preoccuparsi se e come quelle somme venissero spese e con quale livello di efficacia di soddisfazione per i cittadini e per le imprese. Così siamo arrivati al paradosso che abbiamo a disposizione così tante risorse che non si sa come spendere. Dobbiamo cominciare ad abituarci a spendere tutto e bene. Quindi a verificare soprattutto che tutte le cose finanziate siano poi funzionanti, efficaci e soddisfino i cittadini e le imprese.

Spendere in modo efficace ed efficiente

Alle parole del senatore Butti hanno fatto eco quelle di Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale e Membro della Segreteria tecnica per l’attuazione del PNRR presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. “È importante non fermarsi e raccordare le risorse del PNRR a quella degli altri strumenti disponibili per sostenere la trasformazione digitale del Paese (ad esempio Horizon Europe) – ha sostenuto Gastaldi . Bisogna, inoltre, assicurarsi che i quasi 10 miliardi di euro dedicati alla trasformazione digitale della PA siano spesi in modo efficace ed efficiente, monitorandone l’impiego nel tempo”.

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Va ricordato che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede uno stanziamento globale di 48 miliardi di euro in iniziative di digitalizzazione. In questo la Pubblica Amministrazione riveste un ruolo di primo piano, con almeno il 60% delle risorse destinate a enti pubblici e tutte le risorse gestite e rendicontate dalla PA. Per la trasformazione digitale dell’apparato pubblico sono ben 13 le milestone e 27 i target da realizzare nel 2023, con intenti particolarmente rilevanti sul fronte del procurement, in cui si prevede la completa digitalizzazione di tutto il ciclo di vita dei contratti pubblici e target importanti sui tempi di aggiudicazione delle gare pubbliche, realizzazione e pagamenti.

Per l’Italia digitale, questa è la più importante chiamata della storia moderna: dobbiamo rispondere in modo rapido, compatto e ordinato – afferma Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation –. Ora è necessario tradurre in realtà le ambizioni del PNRR, portando a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione e accelerando sugli ambiti più critici, come lo sviluppo di competenze digitali tra la popolazione. Dobbiamo dedicare i prossimi mesi a raccordare visioni, risorse e sforzi che, se non ben allineati, rischiano di far perdere tempo ed energie cruciali”.

Pregi e difetti che nasconde il DESI

Come detto, nell’edizione 2022 del DESI l’Italia sale di due posizioni, ma continua ad attestarsi nella parte bassa del ranking. Più in dettaglio, l’Italia è 25esima per diffusione di competenze digitali (stabile rispetto allo scorso anno), settima per connettività (guadagnando 16 posizioni rispetto alla precedente rilevazione), ottava per digitalizzazione delle imprese (guadagnando due posizioni) e 19esima per digitalizzazione della PA (perdendo una posizione).

Si riscontrano ottimi risultati nella connettività e nell’integrazione delle tecnologie digitali, dovuti essenzialmente a copertura 5G, diffusione del cloud, fatturazione elettronica. E si registra un progressivo miglioramento nell’utilizzo di internet da parte dei cittadini. Rimane però sostanzialmente stabile la digitalizzazione dei servizi pubblici.

Il DESI, regione per regione

L’Osservatorio Agenda Digitale ha calcolato anche un DESI regionale, da cui emerge il divario tra regioni del Mezzogiorno e del Centro – Nord. Le dimensioni su cui l’Italia è più in difficoltà nel DESI – capitale umano e servizi pubblici digitali – sono anche quelle con i maggiori divari regionali, dato significativo per comprendere come solo riducendo le disuguaglianze interne l’Italia riuscirà a colmare il gap con gli altri Paesi.

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Confrontando le 21 Regioni e Province Autonome italiane con un gruppo di Regioni europee “gemelle”, emerge come anche i territori più avanzati del nostro Paese non siano veri digital champion in Europa. Tutte le Regioni europee simili alle nostre fanno meglio rispetto all’utilizzo complessivo di internet, con l’eccezione dell’accesso alla banda larga. E sono proprio le Regioni del Nord e del Centro (più in alto nel DESI regionale) a mostrare un ritardo maggiore rispetto alle Regioni simili nel resto d’Europa.

Il modello “Government as a Platform”

Da diversi anni, il nostro Paese sta cercando di adottare un modello per lo sviluppo e l’erogazione di servizi pubblici digitali “Government as a Platform” con dataset e componenti condivisi, piattaforme per accentrare l’offerta di servizi pubblici, modelli di interoperabilità applicativa basati su API e standard aperti soluzioni cloud per garantire scalabilità, controllo della sicurezza ed efficienza.

Nel 2022 si sono registrati importanti risultati. Per quanto riguarda i dataset, l’ANPR è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani subentrati; il Fascicolo Sanitario Elettronico (seppur attivo dal 2019) non è ancora completamente operativo e interoperabile in tutte le Regioni, ma sono accessibili oltre 417 milioni di referti digitalizzati; quasi 60.000 open data popolano il portale dati.gov.it.

Per le piattaforme, pagoPA vede oltre 19.000 PA aderenti, oltre 400 prestatori di servizi di pagamento coinvolti nella piattaforma e circa 650 milioni di transazioni effettuate, per un valore di oltre 126 miliardi di euro; SPID (“che nessuno intende chiudere”, ha precisato il senatore Butti) è usato dal 50% dei maggiorenni, con oltre un miliardo di accessi nel 2022, mentre la CIE è stata usata 21 milioni di volte per accedere a servizi digitali; è stato finalizzato un Proof of Concept della Piattaforma Notifiche Digitali, che permetterà l’invio di notifiche con valore legale.

Per l’interoperabilità, la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), attiva dal 21 ottobre 2022, abiliterà lo scambio automatico di dati tra PA e favorirà l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati pubbliche, mentre il Progetto Mobility as a Service for Italy (MaaS) prevede di dedicare 57 milioni di euro del PNRR all’integrazione e all’interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato.

Per l’infrastruttura cloud, costruito il Polo Strategico Nazionale (PSN) che ospiterà i dati e i servizi critici e strategici delle PA italiane, è iniziata la migrazione al cloud di dati e servizi pubblici, ma siamo ancora lontani dalla dismissione e razionalizzazione degli oltre 11.000 data center attualmente presenti nelle PA italiane.

In Italia – conclude Butti –, ci sono circa 30.000 organizzazioni pubbliche che devono applicare le regole tecniche sulla formazione, sulla gestione e sulla conservazione dei documenti informatici per trasformarsi in amministrazione digitali. Questo, oltretutto, semplificando e rendendo trasparente il loro rapporto con la cittadinanza e con le imprese”.