Sempre più spesso trasformazione digitale fa rima con automazione digitale. Un’automazione volta a farsi carico di molteplici compiti che richiedono tanto tempo per l’esecuzione a discapito della produttività e dell’innovazione aziendale. Abbiamo chiesto a Emanuele Cagnola Regional Director per l’Italia di Dynatrace di aiutarci a fare un po’ di chiarezza sul tema per capire come avvalersi dell’automazione per ottimizzare diverse procedure, compreso il lavoro ibrido, in modo da aumentare il livello di competitività aziendale.
– Come sono cambiati gli uffici e le postazioni di lavoro tra pre e post pandemia?
In relazione alla pandemia e a quello che ha forzato, noi vediamo che un po’ tutte le aziende, in ogni mercato e in ogni verticale, hanno dovuto riorganizzarsi per rafforzare gli strumenti digitali e di collaborazione in modo da consentire a tutti i dipendenti di lavorare anche da casa o comunque da un luogo che non sia l’ufficio. Ora che la situazione ha dimostrato di poter funzionare, e in certi ambiti ha portato miglioramenti complessivi, stiamo notando l’adozione di una formula ibrida, che coniughi lavoro in presenza e da remoto.
Non credo sia già chiarissimo dove si arriverà, perché è tutto in divenire, ma certamente sarà una formula che nel prossimo futuro porterà un maggiore bilanciamento delle attività all’interno degli uffici. Molte aziende hanno sfruttato il periodo di pandemia proprio per rivedere gli spazi all’interno degli uffici tradizionali e predisporli ed essere pronte nel momento in cui si inizierà un’attività di rientro secondo la nuova logica che preveda che dei dipendenti da stanziali si sono trasformati in mobili.
In questa situazione, un’azienda come Dynatrace, oltre a essere un fornitore, viene considerato anche un partner. Le organizzazioni si trovano infatti a dover affrontare una transizione che obbliga a riorganizzare l’infrastruttura IT in modo da abilitare workplace fuori dall’ambiente canonico di lavoro. Bisogna attivare VPN, rafforzare il canale IT, gestire il software per la comunicazione e la collaborazione. E l’aspetto performance degli strumenti digitali è cruciale per garantire sia la piena visibilità, sia la sicurezza e l’ottimizzazione delle nuove modalità di lavoro.
In una situazione di questo tipo, il ricorso all’automazione può consentire di raggiungere superiori livelli di sicurezza e produttività.
– La digitalizzazione e il rispetto delle compliance devono andare di pari passo. Com’è possibile coniugare questo binomio?
Per quanto ci riguarda, compliance significa mettere a disposizione strumenti che, da un punto di vista architetturale, siano certificati per adempiere a tutte le policy attive. E questo non solo nei confronti del GDPR che vige in EMEA, ma anche delle equivalenti policy di compliance esistenti nelle altre regioni del mondo.
Uno dei benefici che offre una piattaforma come Dynatrace è di poter avere una visibilità oggettiva della fruizione di un servizio, che può essere un accesso al proprio home banking con un’app mobile oppure la modalità interna all’azienda con cui uno dei dipendenti, attraverso una VPN, accede alla rete e riesce a svolgere le proprie attività.
Uno degli elementi unici della nostra Platform è proprio la capacità di avere la visibilità delle performance, quindi di comprendere se tutto sta funzionando correttamente o meno. E quando si introduce questa visibilità, è chiaro che il tema compliance diventa importante, perché è sì possibile individuare un’eventuale situazione anomala, ma questo può far scoprire chi è la persona coinvolta in tale anomalia. Allora, affinché la nostra Platform possa essere efficace nell’analisi proattiva Real Time del funzionamento e nel contempo protegga la privacy e l’identità della persona che sta lavorando, l’abbiamo dotata di alcuni filtri che permettono all’occorrenza di stabilire l’identità della persona. Non c’è però mai un accesso ai suoi dati sensibili.
– Quali sono le richieste che ricevete dalle imprese italiane in termini di automazione digitale? Che criticità riscontrate?
Quando si parla di automazione digitale, la security è certamente una delle richieste più frequenti. Ancora oggi nella maggior parte delle sessioni la security viene gestita a snapshot, cioè si eseguono delle fotografie in un determinato momento. Tuttavia, con un DevOps che rilascia oggetti quasi ogni ora, si rischia di realizzare una snapshot e cinque minuti dopo una change, un aggiornamento del software, può aprire una vulnerabilità che prima non c’era. È evidente che bisogna gestire in modo differente la sicurezza, continuativamente e senza interruzioni. In questo senso l’automazione può essere di grande aiuto. Noi abbiamo introdotto nella nostra Platform all in one multipurpose un apposito pillar che va ad indirizzare in modo specifico la tematica dell’application security.
Parlando ancora di automazione digitale, ci viene spesso chiesto di fare ordine all’interno dei dipartimenti, perché le pratiche DevOps obbligano a creare collaborazione tra chi sviluppa una nuova change, chi la mette in esercizio e il team sicurezza, tre realtà che solitamente lavorano piuttosto a silos e ciascuna con propri tool.
In questo caso le procedure di automazione e di intelligenza che la nostra Platform introduce risultano fondamentali perché permettono a ognuno di tali team di non occuparsi più manualmente della gestione infrastrutturale dell’applicazione e del suo monitoraggio. Attraverso la nostra Platform si automatizzano le operazioni e si velocizza drasticamente il ciclo di delivery, liberando il team operation, chi opera nello sviluppo, il team della sicurezza da attività manuali che occupano fino al 44% del loro tempo.
In questo modo le persone non vengono estromesse dall’azienda, ma acquisiscono grandissima importanza perché finalmente riescono a occuparsi di innovazione.
– Sembra che, nonostante il forte impatto della tecnologia, ci sia ancora quella ritrosia che spesso, sul versante digitale, ha portato l’Italia a essere in ritardo rispetto agli altri Paesi.
Non sono d’accordo sul fatto che l’Italia sia in ritardo. Da indagini e pool che abbiamo eseguito abbiamo notato che in Italia l’86% delle organizzazioni, pur con diversi gradi di maturità, ha già introdotto nelle proprie organizzazioni tecnologie cloud native, a prescindere che fossero kubernetes, microservizi o situazioni multicloud. Questo mi aveva sorpreso molto positivamente perché era esattamente il dato che noi avevamo ottenuto a livello worldwide.
Quindi, forse complici le iniziative collegate al PNRR, che in realtà non assiste solo il settore pubblico ma praticamente a 360° ogni vertical, l’Italia ha probabilmente più di altri accelerato nel corso del dell’ultimo anno. E quello che noi vediamo è che questo “proverbiale” gap non è così marcato rispetto a quanto siamo soliti pensare.
Va però detto che il fatto che un’azienda sia totalmente votata al cloud e che un’altra non ci abbia ancora pensato o lo stia valutando, è una questione che dipende principalmente dal leadership team. Negli ultimi due anni si è accelerato il ricambio all’interno delle posizioni apicali dei sistemi informativi. Sono stati introdotti nuovi ruoli che si sono affiancati a quelli classici, come il responsabile dell’innovazione, il responsabile della transizione digitale. Si tratta di figure che hanno un ruolo importante nell’avviare quei processi digitali che possono consentire all’azienda di operare un cambio di marcia e di esprimere una maggiore competitività nel mercato in cui opera.