Lavoro a distanza e flessibilità, la ricerca di Cisco

Dopo questi mesi, gli italiani hanno scoperto il desiderio di essere più autonomi e avere la possibilità di scegliere in modo flessibile l’alternativa del lavoro a distanza.

Gianmatteo Manghi succede ad Agostino Santoni, cui è stato recentemente assegnato il ruolo di Vice Presidente Cisco per il Sud Europa. Manghi è entrato in Cisco nel 2000, dopo precedenti esperienze in Ericsson e Digital Equipment. Da allora ha ricoperto vari ruoli di management in ambito vendite; prima nel segmento Service Provider poi, dal 2009, come South Collaboration Sales Director. Negli ultimi sette anni è stato il Direttore Commerciale di Cisco Italia. Gianmatteo Manghi ha 56 anni, è laureato in Economia e Commercio all'Università La Sapienza e vive a Roma con la moglie e i due figli. Agostino Santoni Gianmatteo ha raggiunto risultati importanti, sviluppando grandi progetti innovativi per il nostro mercato e accompagnando con successo i nostri clienti nella loro trasformazione digitale, costruendo relazioni forti con loro e con i nostri partner. Sono certo che con le sue capacità e la sua passione saprà dare ulteriore impulso al nostro impegno per fare in modo che la tecnologia esprima pienamente il suo potenziale di impatto positivo per la società, l’economia e la sostenibilità. Gianmatteo Manghi Sono onorato di questo incarico, che arriva in un momento di grandi cambiamenti e grandi opportunità per il Paese, le sue imprese, i cittadini – e per Cisco stessa, che in questi anni si è trasformata, collaborando con clienti e partner per affrontare tante nuove sfide. Oggi abbiamo l’occasione di realizzare un futuro più inclusivo, in un quadro europeo di rilancio orientato alla transizione ecologica e digitale. Possiamo veramente utilizzare le tecnologie per costruire insieme un’Italia “in verde e in blu”, valorizzando i due pilastri che permettono di crescere unendo modernità e sostenibilità.

“Workforce of the Future” di Cisco svela le aspettative dei dipendenti – come più lavoro a distanza e flessibilità – a partire dal 2021. La ricerca ha coinvolto un campione di 10.000 intervistati in 12 Paesi di Europa, Medio Oriente e Russia ed è stato realizzato dalla società di ricerca Censuswide. Il campione ha lavorato in aziende che hanno collaborato a distanza per almeno 10 giorni consecutivi e oltre. Gli intervistati appartengono ad aziende con un numero di dipendenti che va da 2 a oltre 500 e appartenenti a diversi settori.

Lavorare da casa è stata un’esigenza dettata dal lockdown, ma, secondo lo studio, gli intervistati vogliono mantenere i molti aspetti positivi che sono emersi da questo nuovo modo di lavorare.
Dallo studio emerge che per i dipendenti quello che stiamo vivendo è un momento di svolta che sfida le consuetudini culturali relative al luogo di lavoro.

Lavoro a distanza e flessibilità

Sebbene solo il 10% degli intervistati in Italia (15% il dato EMEAR) lavorasse da casa stabilmente o parzialmente anche prima del lockdown, oggi la maggioranza spera di mantenere l’autonomia guadagnata. In ogni caso, l’87% (in linea con il dato EMEAR), vuole una maggiore autonomia nel definire come e quando lavorare in ufficio. In altre parole: un mix tra lavoro in presenza e lavoro a distanza.
Riflettendo sugli ultimi sei mesi, il 62% degli intervistati (66% il dato EMEAR) oggi apprezza maggiormente i vantaggi e le sfide del lavoro a distanza. I cambiamenti sono stati positivi, lo conferma il fatto che i responsabili aziendali hanno mostrato maggiore fiducia nei propri team (il 33% in Italia; il 39 il dato EMEAR).
Gli intervistati sono riusciti a conciliare meglio la vita lavorativa con quella personale, con il 61% (56% il dato EMEAR) che è riuscito a fare più esercizio fisico. Il 48% (58% il dato EMEAR) vuole continuare a non viaggiare e a utilizzare quel tempo per essere più produttivo.

Lavoro a distanza e flessibilità

Agostino Santoni, Amministratore Delegato di Cisco Italia
Scorrendo i dati della ricerca, mi ha colpito che nonostante le aspettative siano molto elevate non tutti hanno fiducia nel fatto che vengano accolte. Il 41% dei lavoratori pensa che il suo datore, dopo la pandemia, non adotterà un’organizzazione del lavoro ibrida, il 33% non sa rispondere al riguardo. Gli intervistati ci parlano di benefici importanti, di desiderio di autonomia, di essere protagonisti del proprio lavoro. Le aziende italiane hanno il dovere di ascoltare queste esigenze e di trasformare l’esperienza dell’emergenza in una opportunità per il futuro, con un cambiamento culturale profondo. Con le tecnologie giuste, con le competenze necessarie, con la fiducia si può cambiare il mondo del lavoro mettendo al centro davvero le persone in modo che siano più soddisfatte e produttive.

Lavoro a distanza e flessibilità, come far crescere il business

Se avessero la possibilità di essere Ceo per un giorno, gli intervistati darebbero priorità all’integrazione di metodologie di comunicazione e collaborazione efficaci. Perché ciò avvenga, per l’83% degli intervistati (78% il dato EMEAR) le aziende devono fornire ai dipendenti la stessa tecnologia a casa e in ufficio. Infatti, il 66% degli intervistati (65% il dato EMEAR) concorda sul fatto che durante il lockdown un aspetto positivo è stato quello di poter collaborare in modo efficiente pur non essendo nella stessa stanza.
Secondo gli intervistati, le priorità nell’allocazione del budget 2021 dovrebbero essere:

  • investire in tecnologie che permettano di essere più produttivi (42% il dato italiano, 39% quello EMEAR);
  • dotare gli uffici di tecnologie che rendano più sicuro lo spazio di lavoro da un punto di vista sanitario (31% il dato italiano, 38% quello EMEAR);
  • aumentare la formazione per lo sviluppo competenze digitali (30% il dato italiano, 32% quello EMEAR);
  • incrementare la sicurezza informatica (29% il dato italiano, 30% quello EMEAR).