Nel frizzante contesto del VMworld Europe 2018, abbiamo avuto un interessante confronto con Luca Zerminiani, Director System Engineering di VMware Italia.
Il manager ci ha fornito un quadro di insieme della corporation americana, permettendoci di meglio inquadrare il suo percorso. La storia di VMware può essere divisa in due grandi momenti: la virtualizzazione dei server, che ha de facto visto la nascita e affermazione della società, sicuramente corrisponde alla prima parte della vita della società americana, ed è tuttora una parte non secondaria nel peso del fatturato aziendale.
Circa 6 anni fa, iniziò la visione di un mondo che iniziava ad uscire dai server, per entrare nel cloud. Percepire il cambiamento da server fisico, a servizi software, poteva anche essere un momento di grande difficoltà per VMware. La società, ha aggiunto Zerminiani, ha saputo reinventarsi, rimanendo (anzi crescendo) market leader assoluto nel mondo delle virtualizzazioni.
VMware ha iniziato, quindi, a creare soluzioni di business, progettando di conseguenza la virtualizzazione dell’intero data center. Virtualizzando tutte le componenti, non solo il semplice server, tutto può quindi essere spostato, creando il concetto di “software defined data center”. Storage, networking, computing, backup e managed automation sono tutti elementi ormai virtualizzabili. L’adozione di architetture software as a service consentono la creazione di temporary data center, a tutto vantaggio di chi avesse progetti anche momentanei, e per questo, non sempre dotati di strutture IT in grado di gestire soluzioni complesse.
È evidente il vantaggio offerto da soluzioni di questo tipo e, non a caso, anche durante il keynote day 2 è emersa la tendenza dei clienti a volere sempre più offerte del tipo pay-per-use. VMware permette quindi, anche a realtà non particolarmente attrezzate, di godere dei vantaggi della virtualizzazione.
L’attenzione di VMware è rivolta anche alla connettività, indispensabile per il concetto di center of data. L’offerta NSX copre agevolmente la virtualizzazione del networking, rimanendo escluse le connessioni verso l’esterno. Ecco quindi l’acquisizione di Velocloud, innovatore di SD WAN.
Una appliance, fornita da VMware, monitora ogni connessione, massimizzando le prestazioni ed evitando cadute di linea o degrado di performances. Load balancing, quality of service (possibilità dunque di prioritizzare il tipo di traffico), il tutto in modo trasparente all’utente; i tipici vantaggi offerti da VMware si travasano su un elemento esterno alla azienda, come lo è la connettività Internet. Anche chi (moltissimi in Italia) non avesse la fortuna di potersi allacciare alla banda larga, potrà quindi unire numerosi flussi di dati, fra loro anche eterogenei, e finalmente ottenere risultati altrimenti impensabili (o anche solo estremamente antieconomici)
L’atto terzo di VMware, continua Zerminiani, è (e sarà) quello di diventare dei “facilitatori”. Creare layer e bridge fra ambienti e cloud fra loro altrimenti non facilmente intercomunicanti. Una “mission impossible” per molti; un progetto (ancorché ambizioso) per VMware. Molto giustamente, la semplicità disarmante con cui Zerminiani (che ringraziamo per il tanto tempo dedicatoci) parla di progetti e soluzioni sofisticate e non di rado quasi futuristiche, disegna bene il mood aziendale: Possible begins with you. Ne siamo davvero convinti: per VMware, e per chi si affida ad essa, tutto è possibile.