Il 12 settembre il Parlamento europeo ha approvato la proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale; quali sono le implicazioni?
Approfondiamo l’argomento con gli esperti di Jenny.Avvocati, l’avv. Simona Gallo, partner dello studio, e l’avv. Stefano Casartelli.
Si tratta di una proposta di direttiva che interviene in una materia estremamente complessa e in evoluzione, in ragione delle continue novità che coinvolgono il settore digitale.
Il Parlamento ha approvato con modifiche la proposta della Commissione europea risalente al 2016, ma l’iter di approvazione non è ancora concluso. Sulla proposta dovrà ora pronunciarsi il Consiglio (istituzione composta dai ministri dei singoli Stati membri), che verosimilmente, in ragione anche della delicatezza del tema, potrebbe proporre altre modifiche. In caso di disaccordo tra Parlamento e Consiglio, la procedura si allungherebbe ulteriormente.
Si deve inoltre osservare che, dopo la sua (eventuale) approvazione finale, la direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri. Le direttive in linea generale non sono infatti direttamente applicabili, e necessitano di essere attuate dai singoli legislatori nazionali, i quali conservano una certa discrezionalità sui mezzi da utilizzare per raggiungere le finalità stabilite. Il termine per il recepimento previsto nella bozza è un anno.
In sintesi, quindi, la direttiva potrebbe subire altre modifiche, non entrerà in vigore a breve ed i suoi impatti per le imprese ed i cittadini dipenderanno (anche) dalle norme di recepimento che saranno adottate dagli Stati membri.
Ciò premesso, la bozza di direttiva ha già fatto discutere non solo degli specialisti, ma anche l’opinione pubblica.
Il contesto e le finalità della direttiva – La direttiva mira ad adeguare il quadro legislativo europeo in materia di diritto d’autore alla recente notevole evoluzione subita dalla tecnologia, poiché la capillare diffusione dei social network e dei motori di ricerca ha comportato, per gli utenti, nuove modalità di fruizione di contenuti protetti dal diritto di autore e, per i titolari dei diritti, maggiori difficoltà per la loro protezione e minori introiti.
La Commissione, nella proposta di direttiva, aveva espressamente dichiarato la propria intenzione di assicurare un “giusto equilibrio” tra gli interessi degli utenti e quelli dei titolari dei diritti. È evidente infatti che gli interessi dei prestatori dei servizi della società dell’informazione (social network, piattaforme di condivisione di contenuti, aggregatori di notizie) e quelli dei titolari dei diritti (in particolare le imprese editoriali) sono assolutamente contrapposti. Ciò spiega le notevoli tensioni che hanno accompagnato questa prima fase dell’iter di approvazione della direttiva.
Nonostante il “giusto equilibrio” richiamato dalla Commissione, si ritiene che la proposta di direttiva, ed in particolare i suoi articoli 11 e 13, intenda favorire la posizione dei titolari dei diritti, molti dei quali sono europei, a differenza dei grandi operatori della rete.
L’articolo 11 – L’articolo introduce una tutela specifica delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di loro uso digitale. In sostanza, si prevede che gli editori abbiano diritto a percepire (per una durata di 5 anni) dai prestatori di servizi della società dell’informazione un compenso per l’uso dei loro articoli da parte di questi ultimi. Anche la pubblicazione di anteprime di articoli, ossia dei cosiddetti snippet, che comprendono generalmente il titolo, una fotografia ed un sommario, si collocherebbe fra gli usi digitali rilevanti.
La norma non si applica in due casi. Il primo è l’uso “legittimo privato e non commerciale” delle pubblicazioni giornalistiche da parte di singoli utenti. La seconda eccezione riguarda i “semplici collegamenti ipertestuali accompagnati da singole parole”. L’uso del termine link tax, comparso su alcuni media, per designare il compenso previsto dall’art. 11, è pertanto fuorviante: non solo non si tratta di una imposta (il compenso spetta agli editori e non allo Stato), ma i link non danno luogo al pagamento di alcun compenso. È però vero che, quando l’utente pubblica un link sul social network e questo genera automaticamente un’anteprima, non si potrebbe più parlare di un semplice link. Sorge quindi il dubbio se la creazione dell’anteprima integri un uso non coperto dall’eccezione del link, e che come tale imponga all’operatore un pagamento.
L’articolo 11 ha suscitato vivaci polemiche. È stato infatti sostenuto, non senza valide argomentazioni, che l’obbligo per i cd. aggregatori di notizie di pagare un compenso agli editori potrebbe indurli a smettere di operare in Europa. Un precedente esiste già, posto che in Spagna il servizio Google News non è più disponibile a causa di una normativa nazionale simile a quella ora proposta a livello europeo.
L’interruzione dei servizi di aggregazione di notizie potrebbe paradossalmente avere conseguenze sfavorevoli proprio per gli editori, oggi molto attivi nel difendere l’articolo 11. Infatti, se è vero che l’aggregatore sfrutta contenuti degli editori, è altrettanto vero che induce gli utenti ad accedere ai loro siti. La chiusura degli aggregatori, dunque, potrebbe portare ad una riduzione del traffico sui siti dei giornali online, e ad una conseguente riduzione dei loro introiti pubblicitari. Ovviamente, le conseguenze sarebbero più severe per gli editori i cui ricavi online sono ottenuti soltanto tramite la raccolta pubblicitaria (ossia che gestiscono siti completamente gratuiti per gli utenti), già messi a dura prova negli ultimi anni a causa delle proibitive dinamiche del mercato della pubblicità online.
Non si può quindi escludere che l’art. 11 possa avere, nella sua applicazione pratica, effetti diametralmente opposti da quelli sperati da coloro che lo stanno maggiormente difendendo.
L’articolo 13 – Questo articolo è stato pensato in ragione dell’accresciuta facilità, per gli utenti di internet, di riprodurre, condividere e diffondere materiali in violazione del diritto d’autore, riducendo gli introiti dei titolari dei diritti.
Per ovviare a questo problema, la proposta di direttiva in esame stabilisce che i prestatori dei servizi di condivisione di contenuti online, come ad esempio i social network, svolgono un servizio di comunicazione al pubblico, con conseguente loro responsabilità per i contenuti pubblicati dagli utenti. Al fine di evitare che le pubblicazioni siano considerate illegittime dovrebbero quindi remunerare i titolari dei diritti (ad esempio, artisti, editori, interpreti ed esecutori) attraverso “equi ed adeguati contratti di licenza”.
I titolari dei diritti potrebbero però negare la licenza. In tal caso, i prestatori di servizi di condivisione dovranno garantire, cooperando con i titolari, che nei loro servizi non siano disponibili opere o materiali protetti dal diritto d’autore, obbligo certamente gravoso. È prevedibile che saranno utilizzati mezzi automatizzati per “bloccare” i contenuti degli utenti che potrebbero violare il diritto d’autore, con conseguente rischio di malfunzionamenti: è a tutti noto che anche oggi i social network rimuovono alcuni post, ritenendoli erroneamente in contrasto con le proprie policy.
Di tale problema sembra essersi reso conto anche lo stesso legislatore europeo, che ha previsto che i prestatori di servizi di condivisione debbano predisporre meccanismi di reclamo e ricorso celeri ed efficaci per l’ipotesi di rimozione ingiustificata dei loro contenuti. Tali reclami dovranno essere soggetti a verifica umana.
Il quadro sopra delineato potrà avere conseguenze negative sulla diffusione di contenuti online: sebbene sia improprio parlare di censura, è vero che le regole di cui all’art. 13 potrebbero di fatto limitare la condivisione di contenuti sui social network.
Conclusioni – Per quanto sia difficile fare previsioni sull’applicazione pratica di una direttiva non ancora definitivamente approvata, è possibile ipotizzare, a grandi linee, quali potrebbero essere le conseguenze per le categorie interessate.
Per gli utenti di internet, la direttiva potrebbe comportare minori possibilità d’uso, tanto per la possibile rimozione di post ritenuti (a torto o a ragione) in violazione del diritto d’autore, quanto per la possibile chiusura di alcuni servizi, come gli aggregatori di notizie.
I titolari dei diritti e gli editori, che la direttiva mira a favorire, potrebbero non ottenere vantaggi significativi. I grandi operatori di internet conserveranno infatti un potere economico e contrattuale notevole e potrebbero essere in grado di salvaguardare adeguatamente i propri interessi anche in un contesto legislativo apparentemente meno favorevole.