Paola Tigrino, Project manager dell’Assessorato a Trasformazione Digitale e Servizi Civici al Comune di Milano, spiega come i progetti digitali, per avere successo, debbano coinvolgere i cittadini.
Paola, qual è stato il suo percorso professionale e come è arrivata all’assessorato?
Ho una formazione umanistica perché sono laureata in lingue ma ho affiancato al normale percorso accademico la mia passione per i computer nata con il Vic 20 (uno dei primi home computer, prodotto dalla Commodore e commercializzato dall’ottobre 1980 al gennaio 1985- ndr) regalatomi da uno zio quando ero ragazzina.
Sono un’autodidatta che nel corso del tempo si è costruita un percorso professionale. Non è stato facile perché negli anni ’80-90 non era così usuale che una donna si interessasse all’uso del computer nella vita quotidiana.
Mi piace sottolineare come gli studi mi abbiano lasciato il piacere di leggere libri e guardare film in lingua originale.
Completati gli studi a metà degli anni ’90 ho organizzato una cooperativa per la manutenzione di hardware e per lo sviluppo di software e di siti web, la traduzione di manuali e di testi tecnici.
Da lì ho iniziato a lavorare in un centro di eccellenza per l’innovazione formativa della Provincia di Genova, dove ho avuto la fortuna di partecipare al passaggio dai Cd-Rom alla formazione a distanza, fino ai primi esperimenti di co-working.
In seguito, mi sono trasferita a Milano, ho lavorato per Pc Magazine (rivista mensile di informatica e tecnologie – ndr) dove mi sono occupata tra l’altro di analizzare le prime attività italiane di e-commerce, poi all’inizio degli anni 2000 sono diventata amministratore di sistema di uno studio legale che aveva dei progetti di digitalizzazione sia dei processi interni che dei rapporti con l’esterno. Fino ad arrivare più recentemente alla presenza sui social o all’organizzazione di eventi pubblicizzati tramite l’utilizzo di Dem.
Infine, sono approdata all’Assessorato a Trasformazione Digitale e Servizi Civici al Comune di Milano dove c’è una bella squadra che fa un grande lavoro di gruppo con un forte supporto reciproco. Questo è di grande utilità perché tutti i progetti sfociano in quello che è il grande progetto della digitalizzazione di Milano.
Non sono percorsi isolati e nemmeno strade parallele, nessuno progetto tra quelli che noi seguiamo può esistere senza tutti gli altri.
Ci parli del progetto di digitalizzazione di Milano.
È un grande progetto di digitalizzazione che è composto da tanti pezzi di un puzzle che noi individualmente seguiamo. Vogliamo arrivare a superare la carta, a superare l’analogico perché vediamo che grazie al digitale tutti i processi sono più facili, più agili, più veloci, più economici.
Va detto che porta a miglioramenti anche per i dipendenti comunali. I cittadini quando arrivano allo sportello il loro percorso burocratico lo hanno già fatto online, e alla persona che è dietro allo sportello chiedono consiglio e aiuto e il che è sicuramente qualificante e gratificante per il lavoratore. Questo fa crescere la motivazione e la fiducia nel progetto perché i dipendenti non lo subiscono ma ne sono partecipi e ne toccano con mano i vantaggi.
È un processo di persone che lavorano assieme e che sono coinvolte in un progetto volto a migliorare la vita dei cittadini e degli stessi dipendenti comunali.
Su quali progetti è attualmente impegnata?
Seguo specificatamente gli hackaton, eventi di coding, di chiamata a raccolta di coder, di designer di applicazioni o di soluzioni, e i progetti di quello che si chiama Digital Bridge, lo scambio di buone pratiche con eccellenze internazionali.
Gli hackaton sono parte integrante della nostra attività e implicano l’apertura di un dialogo con le persone. Se vogliamo una soluzione per la città, non possiamo trovarla tra di noi, seduti a un tavolo, vanno invece coinvolte tutte le realtà che operano sul territorio, dalle associazioni ai privati, a tutti quelli che vedono ogni giorno come funziona Milano, compresi i cittadini e i dipendenti comunali.
Noi siamo aperti, chiunque voglia dire la sua su come vorrebbe che funzioni “Milano digitale” è il benvenuto.
Gli hackaton sono eventi pubblici di confronto con la cittadinanza, sono delle chiamate a raccolta di persone dotate di idee, non è necessario essere dei coder professionisti. Per esempio, un contributo utile è anche quello della mamma che dice “io vorrei sviluppare una App per capire quali sono gli eventi a cui posso portare mio figlio”.
Non chiamiamo solo le grandi aziende, non chiamiamo solo i tecnici, è davvero una chiamata aperta a tutti.
Fra gli eventi che abbiamo organizzato il primo è stato nel novembre del 2016, un hackaton chiamato Connectcity che era dedicato all’uso dei sensori. Milano è piena di sensori che “annusano” quello che succede in città, dalla qualità dell’aria, al traffico, all’illuminazione pubblica, si possono fare molte cose con i sensori e non a caso l’hackaton era realizzato in collaborazione con A2A. I partecipanti avevano a disposizione i dati raccolti dai sensori per sviluppare delle applicazioni (tra l’altro si tratta di Open Data, in ogni caso accessibili da tutti i cittadini), e hanno proposto una serie di idee, per esempio per migliorare la circolazione, o l’uso della bicicletta per la circolazione sostenibile, per l’uso smart del riscaldamento… tantissime proposte.
Un altro hackaton si è tenuto ad aprile 2017, nell’ambito del nostro evento Stem in the City, ed era dedicato alle donne. In questo caso abbiamo avuto una forte partecipazione di donne con idee rivolte ad altre donne. Proposte spesso basate su esperienze personali.
Come nel caso di un gruppo di studentesse straniere che, uscendo alla sera avevano il problema di rientrare a casa da sole e quindi hanno pensato a una App per mettersi in contatto con altre persone con le quali condividere il tragitto per tornare a casa.
Oppure un social network, sempre per stranieri, che aiuti a creare contatti. Per esempio, la persona non sta bene, ma non conosce come funzioni il servizio sanitario, o le farmacie, avrebbe piacere di avere un’amica che l’aiuti. O magari qualcuno che consenta di superare le difficoltà nella comprensione dell’italiano.
Esigenze quotidiane che non si possono capire stando attorno a un tavolo, bisogna ascoltare i cittadini.
Avete anche organizzato eventi di contenuto più strettamente tecnico?
Sì. A fine luglio 2017 si è svolto il Campus Party, uno dei più importanti eventi mondiali di coding, nel corso del quale ci è stato chiesto di realizzare un’App che raccogliesse tutte le nostre App. Il Comune di Milano ha già delle App operative, ma uno dei nostri obiettivi principali è proprio il miglioramento dell’esistente, tra cui la comunicazione tra applicazioni.
Sono attività che ovviamente poi proseguono, non si esauriscono nei due giorni dell’hackaton perché questo sarebbe impossibile.
O ancora, l’hackaton curato dal gruppo dell’Agenzia Digitale nazionale che ha avuto come obiettivo la ricerca di soluzioni per la Pubblica Amministrazione. In questo caso si è trattato di un evento fortemente tecnico, da cui sono uscite molte idee e che ha avuto un’ampia partecipazione soprattutto di giovani preparati ed entusiasti di dare una mano alla Pubblica Amministrazione.
Il che è sempre un fatto un po’ spinoso perché la PA viene vista come un mastodonte granitico, che non si rinnova, non si aggiorna.
Noi vogliamo rompere questo pregiudizio, vogliamo aprirci il più possibile alle persone.
Paola, prima ha accennato al Digital Bridge, ce lo presenti meglio.
Il Digital Bridge è un progetto che vede l’apertura di un dialogo con realtà internazionali di eccellenza nei servizi civici digitali. E si chiama Bridge proprio perché è un ponte che si percorre nei due sensi.
Il primo contatto lo abbiamo avuto con New York per mettere a confronto il lavoro nei servizi civici e si è concluso con un evento pubblico a cui ha partecipato Sree Sreenivasan, Chief digital officer di New York city. In quell’occasione si è svolta anche stata una tavola rotonda cui hanno partecipato numerosi protagonisti esperti del digitale a Milano.
Da lì il dialogo è proseguito con Barcellona, Londra, Parigi, Tel Aviv e Chicago con la stessa formula: vi raccontiamo quello che facciamo noi, raccontateci quello che fate voi, vediamo cosa possiamo offrirvi, cosa potete offrirci voi, che cosa possiamo migliorare assieme confrontandoci anche con le criticità.