Osservatorio PoliMi, in Italia cresce la spesa in security

Osservatorio PoliMi, in Italia cresce la spesa in Information Security

I dati dell’Osservatorio Information Security & Privacy della School of Management del PoliMi evidenziano una crescita del 12% del mercato dell’information security.
Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Information Security & Privacy del Politecnico di Milano, presentando i dati della ricerca, ha evidenziato come in Italia stia crescendo l’attenzione per l’Information Security.
Il mercato lo scorso anno ha fatto segnare un +12% rispetto al 2016, passando da 976 milioni di euro a 1090 milioni. Il fattore di traino è sicuramente l’adeguamento al GDPR (General Data Protection Regulation).

Osservatorio PoliMi, in Italia cresce la spesa in security

Piva ha segnalato come uno degli effetti del GDPR consiste nella spinta a stipulare polizze per trasferire il rischio cyber. Fenomeno che coinvolge le grandi imprese dove le polizze sono cresciute del 12%; nell’82% dei casi coprono le violazioni dei dati personali di terze parti.
In negativo il fatto che ci sia attenzione al rischio reputazionale ma che al contrario siano ignorati i rischi sulla proprietà intellettuale.

Cresce il mercato ed è anche previsto l’aumento dell’organico in information security e privacy. Secondo Giorgia Dragoni, ricercatrice dell’Osservatorio Information Security & Privacy, tra le nuove professionalità in crescita in ambito security figurano in primo piano security administrator, security architect, security engineer, mentre all’ultimo posto si trova il machine learning specialist.
Vediamo in modo approfondito i risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio Information Security & Privacy del Politecnico di Milano.

Osservatorio PoliMi, in Italia cresce la spesa in security

Il mercato dell’Information Security
Sono le grandi imprese a dividersi la maggior parte della spesa in soluzioni per l’information security (78%). Se si esclude la quota destinata ai progetti di adeguamento al GDPR, la spesa è ancora orientata principalmente alle componenti di sicurezza tradizionali, come la Business Continuity & Disaster Recovery (19%), la Network Security (14%) e Security Testing (9%). Seguono le quote dedicate alle piattaforme di Incident Response (8%), ai sistemi di Identity e Access Management (6%) e alle soluzioni di Data Leakage e Data Loss Prevention (4%).

Lo scenario appare diverso se però si osservano le prospettive di spesa per il futuro: le maggiori percentuali di incremento sono previste nel mobile e nel cloud computing, con il 63% delle imprese che dichiara un aumento della spesa dedicata alla protezione dei device mobili (che pesa circa il 4% sulla spesa attuale) e il 59% che definisce in crescita il budget relativo alla protezione degli ambienti di cloud computing (che attualmente copre il 3% della spesa).

Seguono la Security Awareness & Training (in crescita per il 56%) e la Cyber Insurance (indicata dal 52%, con una quota attuale di mercato del 2,5%). La metà delle grandi imprese (50%) dedica all’information security piani di investimento pluriennali, in crescita di 11 punti rispetto al 2016, quando erano soltanto il 39%. Fra queste, il 23% inserisce questi investimenti anche nel piano industriale. Il 29% si limita, invece, a prevedere piani di investimento annuali, mentre c’è ancora una fetta consistente di imprese, pari al 21%, che afferma di predisporre un budget per la sicurezza solo in caso di necessità.

Verso il GDPR
Cresce sensibilmente la consapevolezza delle aziende sulla normativa GDPR, applicabile a partire dal 25 maggio 2018. Soltanto l’8% delle imprese, infatti, dichiara una scarsa conoscenza delle implicazioni (contro il 23% di un anno fa), mentre sale dal 9% del 2016 al 51% attuale il numero di aziende in cui è già in corso un progetto strutturato di adeguamento al GDPR. Un’impresa su tre (il 34%) sta invece analizzando i requisiti richiesti e i piani di attuazione possibili. Alla maggiore conoscenza corrisponde anche un deciso incremento delle risorse: il 58% delle aziende ha un budget dedicato all’adeguamento al GDPR, di cui il 35% con orizzonte annuale e il 23% su base pluriennale, mentre erano soltanto il 15% dodici mesi fa (7% pluriennale e 8% annuale). Resta ancora molto elevata, tuttavia, la percentuale di organizzazioni senza un budget dedicato: il 42%, divise fra il 23% che prevede di stanziarle nel corso dei prossimi sei mesi e il restante 19% che non lo ha ancora programmato.

Le principali azioni in corso o già realizzate dalle aziende riguardano la valutazione dell’adeguamento (87%), l’individuazione di ruoli e responsabilità (80%), la stesura o la modifica della documentazione (77%), la definizione delle politiche di sicurezza e valutazione dei rischi (77%), la creazione e l’aggiornamento del registro dei trattamenti (74%), la valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali (57%), la procedura di infiltrazione dei dati (53%) e il servizio di Data Protection Officer (50%).