Ronda Majure, Vicepresidente, CompuMark, Clarivate Analytic, fa il punto sulle prospettive della stampa 3D per clienti e imprese.
Immaginate un mondo in cui un’azienda possa creare il progetto digitale di un prodotto, per esempio un componente di un’automobile, e renderlo disponibile su una piattaforma web. A questo punto un cliente potrebbe scegliere un progetto specifico, selezionare un produttore che lo realizzi e farselo spedire direttamente a casa. Questa è solo una delle tante possibilità nel futuro della stampa tridimensionale (3D) e, anche se può sembrare ancora fantascienza, il rapido avanzamento di questa tecnologia ci avvicina sempre di più a scenari simili.
Il concetto di stampa 3D (anche nota come produzione additiva o prototipazione rapida) abbraccia ben sette diversi processi industriali di stampa tridimensionale e sembra destinato a rivoluzionare la produzione in molti settori di importanza fondamentale. Oggetti che da secoli vengono realizzati con metodi come stampaggio su lastre di metallo o stampaggio a iniezione plastica oggi possono essere prodotti sovrapponendo strati di materiale sulla base di una mappa digitale 3D creata con un software. Stiamo entrando in un’era nella quale sarà possibile creare forme complesse e dettagliate con sistemi relativamente convenienti e semplici da utilizzare, alla portata anche dei singoli consumatori.
L’impatto potenziale della stampa 3D sull’economia è enorme. In effetti, secondo il Wholers Report 2014, il giro d’affari totale della stampa 3D potrebbe generare 12,8 miliardi di dollari nel 2018 e superare addirittura i 21 miliardi nel 2020.
La crescita iniziale sarà stimolata dalla disponibilità di stampanti e scanner 3D a basso costo destinati ai consumatori, dispositivi che renderanno superflui l’uso di software specializzati e abilità di progettazione specifiche, prima indispensabili per creare un file pronto da stampare. In ogni modo, se consideriamo la quantità di opportunità per le imprese, anche nel settore dei prodotti di consumo e per qualunque azienda che tratta pezzi di scorta o di ricambio, la crescita finanziaria può essere sostanziale anche in questo campo.
Quindi, se da un lato la rivoluzione 3D apre una serie di prospettive stimolanti per le imprese, dall’altro pone un dilemma notevole, perché i titolari dei marchi sono ben consapevoli dell’impatto che tutto ciò potrebbe avere sui diritti di proprietà intellettuale. La natura stessa della tecnologia di stampa 3D, che permette la copia e la riproduzione di oggetti tridimensionali già esistenti, solleva numerosi interrogativi legati al rischio per la proprietà intellettuale, per i marchi commerciali, il copyright, i brevetti, i progetti depositati e il diritto di pubblicità.
Ormai è chiaro che le aziende devono fare i conti con le ripercussioni della stampa 3D e le minacce reali di violazioni e furti di proprietà intellettuale a essa collegate. Se molti analisti hanno pubblicato previsioni positive per questa tendenza crescente, Gartner invece ha pronosticato che nel 2018 ci saranno mediamente 100 miliardi di dollari di perdite legate alla proprietà intellettuale causate dalla stampa 3D. Di seguito gli esperti di CompuMark, hanno analizzato i possibili rischi e soluzioni di questo trend emergente.
I rischi del 3D
Una delle fonti di rischio per i proprietari di marchi registrati sono i cosiddetti “maker space”, un fenomeno in crescita rappresentato da spazi fisici nei quali un consumatore può creare un proprio progetto e farlo poi stampare in un negozio o in un altro maker space online, oppure caricare i propri file 3D per farli stampare. Oltre ai maker space, esistono diversi siti di file sharing che permettono agli utenti di scambiarsi contenuti digitali, compresi file per la stampa 3D, spesso in modo anonimo.
Le aziende che creano prodotti con marchi molto conosciuti o “trade dress” potrebbero essere quelle più a rischio. Per esempio, un utente può stampare un accessorio per un dispositivo mobile che reca il logo del dispositivo con cui deve essere utilizzato: questo fenomeno è sempre più frequente nei circoli legati alla stampa 3D e al mondo dei maker space. I proprietari dei marchi devono essere consapevoli che oggi è possibile stampare oggetti che portano il loro logo, i quali però non hanno lo stesso livello di qualità del prodotto originale. Le ripercussioni sulla reputazione del marchio e sulla fiducia del consumatore in merito alla qualità del prodotto stesso sono potenzialmente significative.
Questi esempi sono solo la punta dell’iceberg dei possibili pericoli della stampa 3D. Tra gli altri diritti di proprietà intellettuale a rischio di violazione, intenzionale o meno, si trovano copyright e prodotti licenziati relativamente semplici da riprodurre, oggetti tutelati da brevetto che possono essere duplicati senza permesso e perfino persone famose, se consideriamo il caso della riproduzione tridimensionale di una celebrità il cui aspetto è un asset tutelato.
Tutela – brevetti, cause e legislazione
Con tutte queste minacce che incombono sull’orizzonte della stampa 3D, resta aperta la domanda: cosa possono fare le aziende per proteggersi? Il primo passo fondamentale sarebbe imparare di più sulle vere capacità di questa tecnologia. La stampa 3D è stata introdotta per la prima volta alla fine degli anni ’80, ma è solo dopo il recente progresso tecnologico che è diventata più accessibile, anche economicamente, ai consumatori per uso quotidiano. I prezzi dei macchinari vanno dai 5000 ai 5 milioni di dollari, e nella fascia più alta offrono un livello senza precedenti di raffinatezza e funzionalità che deve essere pienamente compreso dalle aziende per prevederne l’impatto reale.
Un buon inizio potrebbe essere costituire una task force interna per esplorare le principali aree di applicazione della stampa 3D, analizzando come potrebbe aiutare o danneggiare l’attività e come può l’azienda addentrarsi di più nel settore. Un altro passo potrebbe essere quello di setacciare i maker space online in cerca di violazioni, come l’uso non autorizzato di un marchio o la sua contraffazione. Tuttavia, la rivendicazione dei diritti del marchio può essere impegnativa, in particolare perché è molto complesso rintracciare i contraffattori che utilizzano stampanti 3D di piccole dimensioni.
Una soluzione alternativa potrebbe essere individuare le altre parti coinvolte, come gli utenti che caricano – sui maker space online o su altre piattaforme di file sharing per stampanti 3D – file che potrebbero essere utilizzati per creare prodotti contraffatti. I proprietari di marchi possono perfino pensare di affrontare direttamente i produttori di stampanti 3D, anche se per farlo dovrebbero presentare prove di incoraggiamento o induzione alla contraffazione.
Nuovi modelli di business
Un approccio più lungimirante per le aziende sarebbe considerare la stampa 3D come un’opportunità per adottare nuovi modelli di distribuzione e nuove strategie di coinvolgimento. Uno scenario realistico potrebbe essere quello in cui i proprietari di marchi offrono file di prodotti originali e autorizzati che i consumatori possono realizzare con le proprie stampanti 3D, rendendo effettivamente disponibili progetti digitali su una piattaforma web. Alcuni dei più grandi marchi al mondo hanno già iniziato a lanciare le loro strategie di stampa 3D e, se questi sforzi precoci si dimostreranno efficaci, apriranno la strada perché altri marchi importanti seguano l’onda della stampa 3D con i propri modelli innovativi di marketing e distribuzione.
Se la rivoluzione della stampa 3D ha creato una serie di opportunità interessanti per i maker e gli utenti, nello stesso tempo ha avuto anche un significativo impatto sui proprietari di marchi, perché oggetti protetti da marchi registrati e da altri diritti di proprietà intellettuale possono essere stampati e distribuiti senza permesso. I proprietari di marchi devono essere consapevoli e preparati ad affrontare questa dirompente tecnologia, sviluppando una strategia che li tuteli dai pericoli della stampa 3D mettendo nello stesso tempo a frutto le opportunità che essa presenta. Il mondo delle aziende, dunque, sembra un passo più vicino a una realtà in cui i consumatori possono stampare da sé i propri prodotti, e quei proprietari di marchi che saranno pienamente preparati all’avvento della stampa 3D e sapranno adattarvisi saranno gli unici a sopravvivere e prosperare.