Al roadshow annuale Visualize Your World abbiamo incontrato il management Qlik, per parlare di intelligenza aumentata e dell’importanza del fattore umano.
Tematiche importanti e quanto mai attuali, che abbiamo potuto approfondire con Rosagrazia Bombini, VP & managing director Qlik Italia, Francesco del Vecchio, senior director presales EMEA e Dan Sommer, senior director of global market intelligence.
Quando si parla di AI, Rosagrazia Bombini preferisce la definizione di “Augmented Intelligence” a quella di “Artificial Intelligence” e ci tiene a sottolineare il ruolo indispensabile dell’uomo.
L’algoritmo di AI lavora fondamentalmente su sé stesso, su come è stato impostato, ma l’innovazione vera arriva quando ci si sposta dal campo conosciuto e qui è fondamentale la mente umana.
Lo stesso machine learning procede seguendo il binario che è stato definito in precedenza ma per sviluppare la creatività è necessario che l’ultimo miglio sia percorso dall’uomo.
Gli sviluppi della tecnologia hanno aumentato la capacità di sfruttare le informazioni che si hanno a disposizione e più le persone hanno la possibilità di fare analisi e più cresce il livello di innovazione.
Quanto all’impatto sul lavoro di AI e machine learning, Bombini ritiene che possano sostituire molti processi lavorativi ma che allo stesso tempo aprano la strada alla possibilità di innalzare il livello del lavoro umano.
Per quanto riguarda il cloud, Bombini sottolinea come Qlik metta a disposizione una piattaforma che consente ai clienti di essere indipendenti dalle scelte che hanno fatto, che abbiano optato per il cloud pubblico, privato o ibrido, Qlik li mette in condizione di operare indifferentemente.
Francesco del Vecchio, senior director presales EMEA, riprende il tema del cloud per evidenziare come Qlik sia agnostica a proposito della scelta tra cloud e on premise. Qlik li tratta nello stesso modo e mette in condizione i clienti di spostarsi tra on premise e cloud.
Le motivazioni in base alle quali le aziende scelgono tra cloud pubblico, privato e ibrido non dipendono tanto dalle dimensioni dell’impresa quanto dal tipo di uso.
Una forte spinta per la governance dei dati sta venendo dal GDPR (regolamento generale sulla protezione dei dati, General Data Protection Regulation) che spinge le aziende a focalizzarsi sugli aspetti normativi e di processo.
Del Vecchio mette in evidenza come il GDPR apra anche nuove opportunità di business. Il regolamento infatti prevede la data portability, vale a dire che il privato può chiedere che tutti i suoi dati siano presso un proprio fornitore di fiducia, per esempio può chiedere che i dati siano trasferiti da una telco a una banca che a quel punto diventa custode di molte informazioni di valore del proprio cliente.
I dati crescono molto velocemente, in modo esponenziale, e lo stesso vale per il computing ma non si può dire lo stesso dell’uso dei dati che procede seguendo una linea a crescita lenta.
Secondo Dan Sommer, senior director of global market intelligence di Qlik, questo avviene perché le persone, nelle aziende e nella società, non sanno come usare questa grande massa di dati, sono vittime dell’inquinamento informativo, ci sono troppe informazioni che spingono a chiudere la porta.
Mancano le competenze professionali e molte aziende non vedono il valore dei dati che possiedono.
È necessario che i dati siano certificati a diversi livelli e ci si concentri sui dati sensibili e non sui dati in generale.
Per questo Qlik ritiene necessari nelle aziende programmi di data literacy che mettano le persone in grado di “read, work with data, analyse, argue” come nella definizione di data literacy stilata dal MIT (Massachusetts Institute of Technology).
Bisogna far crescere la cultura delle persone in azienda, tutte le persone, a partire dai massimi livelli del management.
Indagine SDA Bocconi e Qlik: le analytics nell’era dell’Internet of Things
Qlik, in collaborazione con SDA Bocconi e il supporto dei suoi partner Esqogito, Horsa, ITReview e Synthese ha dato vita al Digital Transformation Tour. L’iniziativa si è composta di diverse fasi: raccolta dati, momenti di confronto interattivo con e tra le aziende, studio di casi aziendali particolarmente innovativi sull’impiego della BI nell’attuale Digital Innovation. Le attività di ricerca si sono focalizzate su due filoni: le IoT Analytics, con particolare attenzione alla prospettiva dell’Industrial IoT, e le Predictive Analytics.
La prima ricerca presentata da SDA Bocconi e Qlik, che riguarda le analitiche dell’Internet of Things, ha coinvolto 135 aziende appartenenti a diversi settori merceologici (48,9% manifatturiero, 25,9% Servizi, 20,7% Pubblica Amministrazione, 4,4% Distribuzione e Retail).
Il 41,5% delle aziende intervistate utilizza già tecnologie IoT, mentre il 23,7% investirà in questa direzione nel breve termine. Il 30,4% che afferma di non considerare le tecnologie IoT una priorità aziendale, sono prevalentemente imprese della PA e dei servizi.
Le motivazioni principali che portano a investire in questa tecnologia risiedono nel contenimento dei costi operativi di produzione, acquisti, logistica (23,9%), seguite subito (22,7% dei casi) dal controllo delle performance operative di impianti, macchine, reti e infrastrutture, e dalla possibilità di inventare nuovi modelli di business. Nel 20,5% dei casi, invece, il motivo è la disponibilità di dati per fare innovazione di prodotto/servizio.
Tra le criticità e gli ostacoli all’introduzione dell’IoT in azienda, ci sono al primo posto i costi di investimento per la progettazione e realizzazione (27,3%), poi le competenze e l’organizzazione aziendale viste da diversi punti di vista: come complessità percepite o rilevate nella progettazione e gestione dei sistemi IoT (22,7%), oppure come unità organizzative, ruoli specifici e cultura digitale aziendale (21,6%).
SDA Bocconi e Qlik hanno rilevato che per la maggior parte delle aziende (39,6%) l’adozione di tecnologie IoT, implica il ridisegno complessivo delle strategie di Data Analysis (processi di generazione e analisi dei dati e di decisione, sistemi di data governance, piattaforme tecnologiche, unità organizzative dedicate, ruoli professionali e delle competenze necessarie, specialisti interni o esterni ben organizzati e dimensionati, competenze dei manager decisori che devono poi interpretare e utilizzare al meglio le nuove informazioni e insights prodotte con i nuovi dati dell’IoT).
Seguono al secondo posto (22,6%) coloro che dichiarano che l’impatto prevalente avviene sui ruoli professionali e sulle competenze necessarie per sfruttare al meglio questi sistemi di Operation Technology e di Analytics, e sulle piattaforme tecnologiche di base, sia operazionali, sia analitiche.