Aruba e Ducati in Superbike, intervista all’AD Stefano Cecconi

In occasione della tappa di Imola del Campionato Mondiale Superbike, siamo stati ospiti Aruba – Ducati e abbiamo raccolto le impressioni di Stefano Cecconi, AD di Aruba S.p.A.

L’operazione in Supebike con Ducati ci sta dando molte soddisfazioni sia in Italia che all’estero. Il brand Ducati è amato nel mondo, così come la Ferrari nel mondo delle auto. Questo abbinamento ci rende “simpatici” ai ducatisti e abbiamo visto che c’è un buon feeling tra ducatisti e tecnici.
In ogni azienda c’è almeno un ducatista e, spesso e volentieri, ricopre una posizione importante in azienda. Questo ci aiuta in quelle realtà dove stiamo muovendo i primi passi, a conferma della nostra serietà e solidità. Su Internet è abbastanza facile partire, alcune startup fanno un ottimo sito internet e si posizionano online, ma magari alle spalle non c’è una struttura solida; tuttavia, facendo un confronto solo online potrebbero essere considerate al nostro pari, o come altre aziende che hanno 20 anni di storia e strutture articolate.
Facendo operazioni come la Superbike o la pubblicità in TV (siamo gli unici a farla) si crea quello scalino che fa la differenza e fa percepire la nostra solidità. Nei paesi dove siamo meno conosciuti una esposizione di questo tipo ci aiuta a scavalcare parte delle obiezioni e dei timori sulla solidità, accelerando i tempi per lo sviluppo del business.

Aruba e Ducati in Superbike, intervista all’AD Stefano Cecconi

Come è nata questa partnership con Ducati? Chi ha scelto chi?
L’idea è venuta dopo alcuni anni di calcio. Siamo stati sponsor del Torino accompagnandoli dalla serie B alla serie A, una bellissima esperienza ma “molto Italiana”. Avviando il comparto dei servizi cloud avevamo la necessità di raggiungere una visibilità superiore all’estero. Abbiamo fatto un po’ di analisi e, visto che abbiamo il pallino di voler fare le cose da soli, abbiamo escluso quei campionati dove gli slot sono bloccati come in Moto GP. Abbiamo scelto di “metterci la faccia”, seguendo un po’ l’esempio di Benetton e Red Bull.
Al momento di scegliere il costruttore, abbiamo parlato con Ducati che ci hanno proposto di lavorare insieme in un team ufficiale e dove, la parte tecnica sarebbe stata curata da Ducati, mentre tutto il resto (marketing, logistica, ospitality, comunicazione) sarebbero stati gestiti da Aruba. Invece di costituire due team è nata una sola squadra, basata su grandi sinergie. Abbiamo preferito la Superbike alla Moto GP perché in quel contesto non avremmo potuto fare un team nostro e in particolare perché la Moto GP è oggi sempre più orientata ai paesi emergenti. Diversamente la Superbike ha la maggior parte delle tappe in Europa, che è il nostro principale mercato, in quanto l’unico servizio mondiale che abbiamo è il .cloud.

Come pensate di muovervi nel mondo cloud?
Abbiamo seguito con attenzione tutte le normative e, anche in vista della nuova normativa europea sulla privacy, abbiamo creato insieme ad altre aziende del settore cloud un’associazione, in modo da poterci confrontare direttamente e senza vincoli con il legislatore. Parlando di GDPR, a mio avviso le sanzioni sono sproporzionate, considerare multe fino a 20 milioni per i privati e fino al 4% del fatturato mondiale per le aziende internazionali può significare, per alcune aziende, spendere svariati milioni per una semplice violazione della normativa sulla privacy. Considerando tali multe ritengo sia fondamentale poter contare su norme precise ed estremamente chiare.
Un altro punto da evidenziare riguarda l’attuale stato di scarsa maturità di una parte del mercato cloud (oggi ancora piuttosto selvaggio). Non c’è uno standard consolidato per valutare le prestazioni né per confrontare i vari servizi, proprio per questo ora si sta cercando di portare un minimo di standardizzazione.
In quest’ottica Aruba, sin dall’inizio, ha seguito un approccio Glocal, abbiamo aperto nei paesi dove volevamo entrare e abbiamo aperto data center locali. Dal 2018 in poi avremo un’unica normativa europea sulla privacy, ciò porterà ambienti quali la PA e la sanità a mantenere i dati all’interno del medesimo paese. Aruba, già da tempo, si è impegnata ad aiutare le aziende nel delicato processo di digitalizzazione, anche con servizi in outsourcing.

Aruba e Ducati in Superbike, intervista all’AD Stefano Cecconi

Lavoro ai giovani, cosa fate?
Abbiamo la fortuna di lavorare in un settore ad alto tasso di occupazione ma, nonostante questo, facciamo fatica a trovare il personale che ci serve. È un mercato competitivo dove i talenti vengono individuati ancor prima della laurea e non riusciamo ad assumere la gente che vorremmo.
Per facilitare le assunzioni abbiamo scelto di aprire sedi laddove ci sono i talenti, senza perciò costringerli al trasferimento, che rappresenta spesso un vincolo a tutti gli effetti. La gestione di una simile struttura è complessa ma porta buoni risultati, diversamente dal telelavoro, che non ha funzionato.
Le persone preferiscono lavorare in gruppi, rimanendo in contatto con i colleghi, condividendo un “luogo fisico”.
Nonostante siano sempre attive le selezioni del personale, fatichiamo ad avere un numero sufficiente di candidati, rispetto alle aspettative. Attualmente puntiamo fortemente sulla formazione interna, ma anche presso le scuole. Ad Arezzo abbiamo contribuito ad aprire una sede distaccata di ingegneria informatica del politecnico di Milano (e improvvisamente ci sono stati iscritti ad ingegneria informatica ad Arezzo!).

Data center di Ponte San Pietro. Qual è l’obiettivo che vi ponete per lo sviluppo del campus per coinvolgere il territorio?
Avevamo acquistato un terreno a Monza ma ci sono stati problemi burocratici per poter sviluppare il progetto. Successivamente ci si è presentata un’occasione presso Ponte San Pietro. L’area interessata, circa 210mila mq è prossima a una centrale per telecomunicazione, facilmente raggiungibile tramite fibre ottiche, ed è vicina a un parco di pozzi, dai quali potremo prelevare l’acqua necessaria per il raffreddamento del data center. La disponibilità di spazi grandi ci ha permesso di spostare lì le attività di Aruba di Milano. Attorno al campus vogliamo sviluppare incubatori e spazi di coworking, per la creazione di un polo tecnologico. Siamo stati bene accolti dal territorio.