Intervistiamo Radhesh Balakrishnan, General Manager OpenStack, Red Hat, e analizziamo le peculiarità di OpenStack e i vantaggi competitivi di Red Hat Enterprise Linux.
– La piattaforma OpenStack Red Hat Enterprise Linux vanta, ad oggi, una grande affidabilità e capacità di adattarsi al business delle differenti realtà di mercato. Qual è il tasso di adozione della piattaforma negli ultimi anni? Quali tendenze avete evidenziato?
In primo luogo, come tecnologia emergente, il trend iniziale di adozione a partire dalla creazione di OpenStack (metà 2011) è stato relativamente lento per le grandi aziende, rispetto a tecnologie più mature. Tuttavia, negli ultimi 2 anni abbiamo visto una crescita significativa, con un gran numero di implementazioni in produzione nel corso dell’ultimo anno. Se questo è dovuto principalmente alla maturità del software, anche la conoscenza da parte del mercato e l’accettazione generale della tecnologia hanno svolto un ruolo importante.
Una seconda tendenza sempre più evidente è l’uso di OpenStack nel settore delle telecomunicazioni, in particolare per la virtualizzazione delle funzioni di rete (NFV). Si tratta di un mercato creato soprattutto da e per il settore delle telecomunicazioni per alleggerire il costo e il peso di sistemi ed apparati di rete proprietari. Come questo specifico mercato, la tecnologia è ancora emergente, ma sta crescendo rapidamente. E Red Hat ha visto grande interesse in quest’ambito specifico. Dal momento che il 100% delle aziende Telco della lista Fortune Global 500 già utilizzano Red Hat, siamo la scelta naturale anche per il loro passaggio a OpenStack.
Un terzo trend che vediamo è l’utilizzo di OpenStack da parte di chi offre servizi di public cloud (cloud service provider, CSP). Visto il successo generale, service provider nuovi e già presenti sul mercato stanno integrando OpenStack, quando non passano direttamente alla nuova piattaforma. Anche qui, Red Hat ha registrato feedback molto positivi. Ad esempio, Dualtec ha creato la prima offerta di first public cloud in Brasile (Story & Video).
– OpenStack sta erodendo fette di mercato ad altri competitor, anche in Italia. Qual è il quadro complessivo per il nostro Paese? Quali evoluzioni vi aspettate entro il prossimo anno?
Come in molti altri Paesi, anche in Italia di OpenStack parlano soprattutto i provider tecnologici e di telecomunicazioni. Se NFV (Network Functions Virtualization) resta il caso d’uso più importante tra le società di telecomunicazioni, nel corso del 2015 abbiamo visto l’utilizzo in produzione di OpenStack anche da parte di un buon numero di fornitori di servizi cloud IaaS (Infrastructure as a Service) per B2B e B2C.
Il settore pubblico è un altro mercato chiave per OpenStack in Italia, dove le realtà che utilizzano le infrastrutture tradizionali di virtualizzazione dei server si stanno muovendo verso il cloud privato per ospitare workload momentanei e mission-critical.
Grazie alla crescente maturità di OpenStack, in particolare per i componenti considerati ” core”, e grazie al crescente sostegno da parte di tool gestione e automazione non direttamente legati a OpenStack, ci aspettiamo per il prossimo anno un’adozione ancor più significativa, con un prima penetrazione in settori verticali che, tradizionalmente, hanno cicli di adozione della tecnologia più lenti, come servizi finanziari e produzione manifatturiera.
– Quali sono i vantaggi di OpenStack a supporto della sempre crescente richiesta di agilità da parte delle imprese e del cosiddetto “Bimodal IT”?
Con il termine “Bimodal IT” si identifica sempre più spesso la realtà che molti clienti si trovano ad affrontare nei loro datacenter. Tipicamente in ambito enterprise, le aziende operano seguendo il cosiddetto ‘Mode 1’ – usando sistemi e ambienti virtuali tradizionali di tipo “scale up”, che richiedono zero (o minimi livelli) downtime, failover e assurance per singole applicazioni monolitiche. Man mano che le aziende crescono però, comprendono velocemente i vantaggi legati a un’architettura applicativa più agile, dinamica e distribuita – il cosiddetto ‘Mode 2’. OpenStack rientra in questa seconda categoria come piattaforma infrastrutturale cloud, fornendo un ambiente cloud automatizzato, dinamico ed enormemente scalabile per carichi di lavoro applicativo molto distribuiti. E, poiché OpenStack è progettato come un framework modulare incentrato sulle APO, offre ai clienti efficaci strumenti di installazione, orchestrazione delle operazioni quotidiane e gestione, attraverso tool interni o esterni. I clienti possono scegliere gli strumenti di management inclusi, o strumenti esterni ibridi, in grado di gestire sia le piattaforme Mode 1 che Mode 2, abbattendo i silos di dati e creando un set condiviso di opzioni di gestione, cosa che porta infine a un datacenter semplificato e più efficiente.