Marcello Gruppo, Senior Director, Research&Insights Southern Europe di Ogury, racconta tempi e prospettive della fase di dismissione dei cookie.
Il 26 aprile scorso, nella relazione trimestrale congiunta di Google e della Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito sull’iniziativa Privacy Sandbox, il gigante di Mountain View ha annunciato un rinvio nel suo piano di eliminazione graduale dei cookie di terze parti in Chrome.
Nonostante il clamore mediatico suscitato, il fatto che la dismissione dei cookie da parte di Chrome possa subire uno spostamento dal 2024 al 2025 non è rilevante: è più che normale che gli organismi preposti alla salvaguardia dell’ambiente competitivo del mercato eseguano controlli approfonditi durante un processo come questo. Quello che sta avvenendo è un cambio infrastrutturale di straordinaria importanza.
La dismissione dei cookie è effettivamente iniziata il 4 gennaio 2024, quando Google ha avviato questo processo coinvolgendo l’1% degli utenti di Chrome – circa 30 milioni di utenti a livello globale.
Google Chrome attualmente detiene il 67% delle quote di mercato nel settore dei browser, che, va ricordato, costituiscono l’infrastruttura tecnologica che utilizziamo per navigare su internet. L’impossibilità di sfruttare il potenziale dei cookie su Chrome rappresenta un significativo ostacolo per l’adozione di alternative all’attuale soluzione di targeting offerta dal colosso Google, le quali si basano principalmente sull’uso dei cookie per raccogliere dati di profilazione. È pertanto cruciale preservare un ambiente competitivo nel contesto della pubblicità digitale.
Dismissione dei cookie, gli scenari
I controlli in corso riflettono esattamente la significativa portata e l’impatto del cambiamento generato dall’abbandono dei cookie. Eventuali ritardi nel completamento del processo possono essere considerati fisiologici e parte integrante del processo stesso e, aggiungo, totalmente in linea con le aspettative del mercato. Il posticipo del completamento del processo non cambia il fatto che il settore si trova di fronte a una svolta decisiva nella protezione della privacy dei consumatori.
Questo percorso è iniziato molto prima che Google decidesse di disattivare i cookie e gli inserzionisti non possono più voltarsi dall’altra parte.
Le preoccupazioni sollevate dalla CMA in materia di concorrenza sono valide, ma la priorità per il mercato deve rimanere la protezione della privacy dei consumatori e la lotta al tracciamento dei loro dati personali.
Per questo motivo, pensiamo che gli inserzionisti non dovrebbero vedere questa situazione come un pretesto per rimandare ancora una volta il passaggio a soluzioni cookieless o ID-less. Quest’ultimo ritardo dovrebbe essere invece visto come un’opportunità per investire in soluzioni già testate e collaudate che consentano di scalare senza dipendere da variazioni delle tempistiche o da future decisioni del settore.
Sono molte le aree del nostro ecosistema impantanate nell’inerzia dei cookie di terze parti e degli ID pubblicitari: diversi attori che propongono ID unificati si trovano ad affrontare una sfida quasi insormontabile per creare la scalabilità a cui gli esperti marketing sono stati abituati durante l’era dei cookie di terze parti.
Come settore, dovremmo guardare al futuro e concentrare i nostri sforzi sulle tecnologie che qualificano le impression in base alle personas e in base alle destinazioni (app e siti web), in cui gli utenti fruiscono dei contenuti, anziché attraverso i dati personali. Questo approccio consente di raggiungere le audience rilevanti per i brand e ne garantisce la scalabilità, rispettando la privacy degli utenti e i regimi normativi per tutelarla.