Digital Transformation Institute ha svolto una interessante ricerca, che evidenzia il dilemma fra voglia di servizi mirati, e la preoccupazione sulla raccolta dati da parte dei social network.
Il mondo dei social network ha indubbiamente influito in maniera piuttosto netta (e rapida, se pensiamo a quanto recente sia il fenomeno) sulla vita degli utenti; nel tempo però si è anche fatta strada una certa preoccupazione di fondo. In questo contesto, si inserisce la ricerca Retail Transformation, realizzata dal Digital Transformation Institute e dal CFMT in collaborazione con SWG e Assintel.
il 69% degli intervistati dichiara di conoscere bene il termine social network e sapere di cosa si tratta, con un 24% che “in generale” conosce questo strumento ritenuto di grande utilità.
– L’84% delle persone afferma di riuscire, attraverso i social, ad avere informazioni su un prodotto o un servizio più rapidamente che in passato; il 62% sostiene che questi aiutino ad essere più consapevoli di ciò che si acquista e un 62% ritiene di poter contare su influencer che, parlando di prodotti da acquistare, consentono di acquisire informazioni.
– Interessante notare che a riguardo dell’affidabilità dei social, le risposte degli utenti sono discordanti: il 75% degli intervistati afferma infatti che, malgrado le false recensioni, nel complesso la rete restituisce una idea affidabile della qualità di un venditore, ma un altro 75% dice quanto non sia facile farsi un’idea sul venditore viste le numerose recensioni false.
– Un 70% degli utenti ritiene le pagine con le offerte di prodotti e servizi molto utile, ma un 69% considera fastidiosa l’attività dei venditori sui social e un 63% giudica l’eccesso di informazione disponibile disorientante.
La diffidenza non risparmia certo gli influencer: il 68% degli intervistati pensa che le recensioni pubblicate sui blog non siano affidabili in quanto pilotate dalle aziende.
– Inoltre, ben il 77% degli intervistati ritiene che l’uso dei dati personali da parte dei social network sia un problema molto o abbastanza grave.
Un 72% delle persone crede nel vantaggio che porta al cliente l’integrazione dei canali di vendita on line e off line, a fronte di un 62% di aziende che hanno integrato i loro processi e gestiscono ottimamente le vendite su diversi canali.
Se si guarda al come le aziende sono presenti sui social, si nota come, nonostante in molte siano presenti, nel 61% dei casi questa presenza non è integrata con l’assistenza clienti on line e nel 64% dei casi con quella nel punto vendita.
– Le aziende coinvolte nella ricerca ritengono che un 46% delle imprese clienti utilizzino molto o abbastanza i social network, con un 52% pronto a investirci per utilizzarli in futuro. Il grado di complessità di integrazione di canali digitali social è ritenuto particolarmente complesso nel controllo di qualità (62%), nella contabilità e nel controllo di gestione (60%), in progettazione, ricerca e sviluppo (56%) e nellaproduzione di prodotti e nella erogazione di servizi (55%).
Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute
La discrasia nelle percentuali riferite alla scelta tra privacy e servizi è tutt’altro che Inspiegabile. Benché strumenti come i social media siano ormai maturi in termini di diffusione sono tutt’altro che tali in termini di cultura d’uso da parte degli utenti. Una delle conseguenze è questo approccio apparentemente “schizofrenico” alla gestione dei propri dati: da una parte le persone sono teoricamente “gelose” dei propri dati, dall’altra li cedono – più o meno inconsapevolmente – per accedere a servizi solo apparentemente gratuiti. Ancora una volta, serve consapevolezza nella gestione di questi strumenti. Quella consapevolezza che ci consentirà di scegliere quando cedere le nostre informazioni ed a che condizioni, e quando tenerle riservate. È molto probabile che in futuro nella percezione degli utenti la sfera del privato perderà parzialmente terreno, ma è importante che tale perdita di terreno avvenga in modo consapevole, perché difficilmente sarà reversibile.