
L’intelligenza artificiale ridefinisce il panorama aziendale, ma resta centrale l’equilibrio tra innovazione tecnologica, etica e competenze umane.
A Verona si è tenuto Change Up, evento annuale dedicato ai manager italiani e promosso da Archiva Group, azienda che opera da oltre 25 anni nello sviluppo di servizi digitali e nella consulenza per la transizione digitale. Se l’anno scorso l’incontro metteva in primo piano l’intelligenza artificiale, quest’anno al centro è la persona, perché la tecnologia e la trasformazione digitale devono essere al servizio dell’essere umano.
Giuliano Marone, AD di Archiva Group
Bisogna investire in cultura, in formazione delle persone, perché altrimenti non si ottengono risultati soddisfacenti, che possano far crescere l’azienda. Questo, sempre rispettando le abilità e le competenze di ciascuno, tenendo le persone al centro.
All’evento hanno partecipato oltre 300 decisori aziendali e sul palco si sono alternati Giulia Gasparini, Country Leader AWS Italia, Giorgio Fontana, General Manager della Divisione Climatizzazione di Mitsubishi Electric Italia, Matteo Melchiorri, Head of Culture, Transformation & Engagement del Gruppo Swisscom, Michele Rinaldi, Human Resources and Organization Director Levoni, Benedetto Santacroce, avvocato tributarista e docente, Walter Riviera, AI Advisor and Educator, Alessio Pennasilico, membro del Comitato Scientifico di Clusit, Domenico Squillace, IBM Technical Relations Executive – Presidente UNINFO. Hanno parlato anche le persone di Archiva Group Samuele Fini, Sales Director, Frida Mura, Head of Sales HR Solutions & Partnership, Luciano Quartarone, CISO & DPO.
Nel pomeriggio, il pubblico si è diviso tra le nove sessioni Xperience, incontri verticali sui temi chiave di Archiva Group, come la gestione digitale dei documenti, della forza vendita e dei fornitori.
Innovazione e AI, il difficile equilibrio tra etica e trasformazione
Oggi, più di 2 milioni di aziende italiane usano l’intelligenza artificiale. Di questi, il 65% delle imprese utilizza l’AI generativa in una modalità basica, cioè implementando chatbot e assistenti virtuali che forniscono informazioni. Il 25% delle società usa l’AI generativa in maniera più trasformativa, per modificare alcuni processi interni, così da essere più efficaci. Purtroppo, solo il restante 10% ha utilizzato questa tecnologia per creare nuovi servizi, per realizzare attività che non erano mai state pensate.
La rivoluzione dell’intelligenza artificiale sta ridefinendo il panorama aziendale italiano, ma il vero banco di prova rimane trovare il giusto equilibrio tra innovazione tecnologica e responsabilità etica. Una sfida che alcune aziende stanno affrontando con strategie precise e investimenti mirati sulle persone.
Un dato significativo emerge dall’esperienza diretta: il 70% del successo di queste tecnologie dipende ancora dall’essere umano, solo il 30% dalla tecnologia stessa. Questo evidenzia quanto sia fondamentale investire sulle competenze delle persone. Non a caso, alcune realtà hanno avviato percorsi di reskilling e upskilling per il 45% dei propri dipendenti.
Particolarmente interessante è l’effetto livellatore che l’AI sta producendo: le PMI, storicamente penalizzate dagli elevati costi di digitalizzazione, oggi vedono nell’intelligenza artificiale un’opportunità per colmare il gap con i grandi competitor, potendo accedere a capacità computazionali e analitiche un tempo riservate solo a chi poteva permettersi ingenti investimenti.
Le sfide della trasformazione digitale
Nel panorama aziendale contemporaneo, la cultura organizzativa emerge come fattore determinante per il successo delle operazioni di integrazione e trasformazione digitale. Studi recenti evidenziano come le aziende che mettono al centro valori umani ed etica registrino una crescita più rapida del 24%, un dato che sottolinea l’importanza strategica del fattore umano.
Un’esperienza concreta di integrazione aziendale ha dimostrato quanto sia cruciale affrontare questi temi fin dall’inizio, attraverso workshop approfonditi che mettano a confronto le diverse culture aziendali. La costituzione immediata di un comitato esecutivo misto, formato da persone con background diversi, si è rivelata una scelta vincente per gestire le decisioni strategiche durante la fase delicata dell’integrazione.
Sul fronte occupazionale, le preoccupazioni legate all’intelligenza artificiale appaiono infondate: la storia insegna che Internet ha generato milioni di posti di lavoro, e l’AI va interpretata come opportunità, non come minaccia. In un contesto di carenza cronica di personale specializzato, la digitalizzazione libera risorse umane da attività ripetitive, permettendo di destinarle a compiti a maggior valore aggiunto.
Il nodo centrale resta quello delle competenze. Se le capacità tecniche specialistiche costituiscono la base necessaria, sono le competenze soft – dalla capacità di adattamento al cambiamento alla leadership – a fare la differenza nei processi di trasformazione. Un investimento sulle persone che si rivela tanto strategico quanto sostenibile nel lungo periodo.
Regolamentazione legislativa e competitività globale
La sfida più complessa per l’Europa digitale si gioca sul delicato equilibrio tra due velocità apparentemente inconciliabili: quella vertiginosa della trasformazione tecnologica e quella più lenta delle istituzioni democratiche e del diritto. Un gap che rischia di ampliare ulteriormente il divario competitivo con Stati Uniti e Cina.
Il ritardo europeo nella trasformazione digitale è ormai evidente. Mentre i giganti americani e cinesi corrono spediti nell’adozione di intelligenza artificiale e tecnologie avanzate, l’Europa si trova stretta tra l’ambizione di innovare e la necessità di proteggere persone e imprese tramite regole stringenti. Il quadro normativo europeo sull’AI rappresenta un unicum mondiale: un sistema di regole dettagliato che, se da un lato costituisce un freno all’adozione rapida delle nuove tecnologie, dall’altro si pone come baluardo essenziale per la salvaguardia degli individui. Il nodo cruciale sta proprio qui: trovare il giusto compromesso tra protezione e sviluppo, tra sicurezza e competitività.
Benedetto Santacroce
Esempi concreti evidenziano questa tensione. La gestione documentale e la capitalizzazione intelligente delle informazioni aziendali – processi in cui l’AI potrebbe rivoluzionare produttività ed efficienza – si scontrano con normative pensate per contesti tecnologici ormai superati. Un’impresa che voglia sfruttare l’intelligenza artificiale per ottimizzare la gestione dei dati e migliorare i propri bilanci si trova oggi davanti a vincoli normativi non sempre allineati con le possibilità offerte dalla tecnologia.
Tra realtà quotidiana e bolle speculative
Gli investimenti nel settore dell’AI crescono in modo esponenziale, ma dietro i numeri miliardari si nasconde una domanda cruciale: si tratta di investimenti solidi basati su tecnologie reali o siamo di fronte all’ennesima bolla speculativa?
La risposta è complessa e riguarda in realtà due bolle distinte ma interconnesse: una scientifica e una finanziaria. La bolla scientifica ruota attorno al concetto di AGI (Artificial General Intelligence), un’intelligenza artificiale capace di affrontare qualsiasi argomento con versatilità e potenza pari o superiore a quella umana. Il problema è che questa AGI semplicemente non esiste ancora.
Tuttavia, le aziende impegnate nella sua ricerca ne parlano con tale sicurezza e imminenza da risultare estremamente convincenti agli occhi degli investitori. Questa narrativa alimenta la seconda bolla, quella finanziaria, generando flussi di capitali astronomici verso progetti il cui orizzonte di realizzazione rimane incerto.
Walter Riviera
Il meccanismo è paradossale: le grandi imprese che finanziano questi progetti non sono realmente interessate al raggiungimento degli obiettivi tecnologici dichiarati. Il loro focus è altrove, puntato sulle reazioni dei mercati finanziari. Quando la notizia di un nuovo investimento nell’AGI diventa pubblica, le azioni delle società coinvolte schizzano in alto, generando profitti immediati indipendentemente dai risultati scientifici futuri.
Modernità liquida e cybersecurity
Viviamo in un’epoca di trasformazione continua, dove la stabilità è un ricordo del passato e la tecnologia evolve in modo fluido e incessante. Questa “modernità liquida” offre opportunità straordinarie ma genera anche rischi concreti che richiedono governance attenta e regole chiare.
La sicurezza informatica emerge come priorità assoluta in questo scenario. I cyberattacchi crescono costantemente, nonostante gli investimenti in cybersecurity aumentino in parallelo. Un paradosso che evidenzia come il problema non sia solo quantitativo ma qualitativo: serve trovare il giusto equilibrio tra protezione e operatività. Una sicurezza troppo rigida diventa ostacolo alle attività lavorative quotidiane, paralizzando la produttività; una troppo permissiva espone aziende e persone a rischi inaccettabili.
Fondamentale è anche l’approccio normativo: prima che un prodotto arrivi sul mercato, deve superare verifiche di conformità a standard di sicurezza ben definiti. Questo principio, consolidato per i beni tradizionali, deve estendersi all’intelligenza artificiale. L’AI non può essere un’eccezione: anche le soluzioni basate su algoritmi intelligenti devono rispettare criteri rigorosi di sicurezza informatica.