Social media, l’identikit dei creator italiani nel 2025

La trasparenza sulle collaborazioni è in cima alla lista dei criteri in tutti i Paesi europei, a testimonianza del fatto che la divulgazione viene percepita come un valore.

Social media

Divulgatori attenti all’etica e infastiditi dalle norme, operano sui social media e guadagnano dai contenuti sponsorizzati. Il 4% incassa oltre 10.000 euro al mese.

L’Italia ha la più alta percentuale di creatori a tempo pieno in Europa, il 35%, rivelando così un profondo impegno professionale nel settore. Gli italiani sono anche i più propensi di tutti a scegliere i brand con cui collaborare sulla base dei valori condivisi, ben il 62%, mentre sono i meno propensi a dare priorità al compenso, ritenuto il criterio di scelta principale dal 36%. Sette su dieci, inoltre, affermano che la trasparenza nei confronti del proprio pubblico è il pilastro di comunicazione più rilevante per creare un solido rapporto di fiducia, mentre il 52% opta per l’attenzione alla sostenibilità. Sul piano dei compensi, il 74% dichiara di guadagnare meno di 5000 euro al mese grazie alla propria attività, mentre il 9% incassa tra 5000 e 10000 euro, soglia superata dal 4% degli influencer. La fetta più ampia è rappresentata dal 35% che guadagna meno di 1000 euro mensili.

È la fotografia dei content creator in Italia restituita dallo studio “Creator Economy 2025” di Kolsquare, azienda francese specializzata in Influencer Marketing e B Corp certificata.

I valori nel rapporto tra influencer, brand e community

La trasparenza sulle collaborazioni è in cima alla lista dei criteri in tutti i Paesi europei, segnalata dal 68% degli intervistati, a testimonianza del fatto che la divulgazione viene percepita come un valore. Quasi la metà dichiara di promuovere attivamente attraverso i contenuti la sostenibilità (49%), seguita dalle tematiche di diversità, equità e inclusione (47%), mentre la consapevolezza circa la salute mentale è un tema che sta progressivamente guadagnando terreno, in particolare nel Regno Unito.

Social media – Cosa muove i follower?

Secondo il 57% delle persone coinvolte nello studio, le community seguono i propri beniamini perché traggono ispirazione dai contenuti e dallo stile di vita mostrato, fenomeno molto presente in Spagna, poi per puro intrattenimento, con la Germania alla guida, e infine per i contenuti informativi o divulgativi, soprattutto in Italia. Anche l’identificazione conta: uno su tre afferma che i follower si immedesimano con le esperienze personali degli influencer, approccio tipico del Regno Unito.

La presenza degli haters nella vita dei creator

In un ambiente digitale notoriamente tossico, è incoraggiante scoprire che una solida maggioranza di creator, il 63%, non ha subito forme di attacco o di molestia online. Per contro, circa un terzo degli intervistati ha raccontato di esserne stato ripetutamente vittima, con il trolling e gli insulti personali indicati come forme di abuso più comuni da ben sette su dieci. Tra coloro che ricevono insulti online, sono le donne a doversi difendere più spesso, bersagliate da commenti basati su sesso e genere (48%) o da attacchi di body shaming (52%).

Professione creator: dove e come si guadagna

Quello della creazione di contenuti è considerato un lavoro a tempo pieno solo dal 28%. Tra coloro che svolgono altre professioni, quasi la metà (43%) si occupa comunque di social media o creazione di contenuti per terzi, operando nel marketing e nella comunicazione. La maggior parte non è rappresentata da un agente: 7 su 10 affermano che i brand o le agenzie li contattano direttamente e gestiscono le collaborazioni in autonomia, dalla negoziazione alla pianificazione dei contenuti e all’editing. I più autonomi in Francia (77%), mentre il fanalino di coda è l’Italia (56%), dove l’intermediazione risulta ampiamente diffusa.

Il 53% dei creator guadagna soprattutto grazie a Instagram, superando di gran lunga chi ricava grazie a TikTok (14%) e YouTube (13%). Compare anche un inaspettato quarto posto per Linkedin, indicato come principale fonte di reddito al 9% degli intervistati. Il 67% incassa attraverso collaborazioni a pagamento e contenuti sponsorizzati, soprattutto in Italia, che invece è fanalino di coda quanto a vendita diretta dei prodotti.

Il gender pay gap

Nonostante si tratti di un settore prettamente dominato dalle donne, esiste un gender pay gap strutturale: il 38% percepisce meno di 500 euro grazie alla creazione di contenuti, contro il 23% degli uomini. Divario confermato anche nelle fasce più alte, dove il 32% degli uomini guadagna più di 3.000 euro al mese a fronte del 20% delle donne. In Europa le donne gestiscono la propria attività in modo completamente autonomo nel 73% dei casi e sono meno propense a lavorare a tempo pieno.

L’utilizzo dell’AI

Nell’attuale contesto, i produttori di contenuti si dimostrano sempre più professionali e attenti alle necessità di mercato: per ottimizzare la produzione su più piattaforme fanno ampio ricorso all’intelligenza artificiale, utilizzata dall’80% dei creator europei per creare nuove idee, script e immagini, per fare editing di testo, dalle didascalie alle risposte ai commenti, e per prevedere le prestazioni dei contenuti in base alle tendenze o per ottimizzarli in ottica SEO.

Il carico di stress e le sfide

Dietro ai contenuti curati e ai video rifiniti esistono però diverse criticità nel rapporto con i brand: due influencer su tre affermano di essere stati pagati in ritardo, sette su dieci di aver ricevuto richieste irrealistiche da parte dei brand o brief poco chiari e il 66% segnala il micro-management come tema spinoso. Una nota positiva è che il 63% non ha mai ricevuto comunicazioni irrispettose da parte dei brand e, in generale, i creator ritengono di ricevere il giusto compenso. Anche la richiesta di condividere i dati delle proprie pagine non rappresenta un grosso ostacolo alla collaborazione, dato che solo il 15% afferma di esserne infastidito. Le questioni legate alla proprietà intellettuale risultano invece essere il punto dolente principale per il settore, in particolare: le licenze musicali (Italia in testa), l’uso non autorizzato di contenuti o della propria immagine e il plagio. Scadenze a stretto giro, blocco creativo, necessità di postare costantemente, gestione contestuale di vita privata e professionale: il 65% dei creator dichiara di essere sotto stress per via del loro lavoro.