Data center in Italia: luci e ombre di un comparto in crescita esponenziale

Intanto nel nostro Paese sta crescendo il ruolo degli hyperscaler e degli hub regionali.

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Secondo un’indagine di IDA – Associazione Italiana Datacenters, in Italia cresce la richiesta di data center, mentre si prevede che nel 2028 il nostro Paese supererà 1 GigaWatt e nel 2031 arriverà al traguardo dei 2 GigaWatt. Sono solo alcuni dei dati della Ricerca di Mercato 2025 Status dei Data Center in Italia di IDA presentati a Roma durante il Data Center Symposium.

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Sherif Rizkalla, presidente di IDA
I principali nodi da sciogliere restano quelli legati a tempi e complessità dei procedimenti autorizzativi, che oggi variano da un territorio all’altro. È fondamentale arrivare all’introduzione di un procedimento unico nazionale per i progetti di data center, che possa semplificare e coordinare tutti i passaggi amministrativi. Mantenendo, al contempo, elevati standard di sicurezza e sostenibilità.

Accelera la richiesta di data center

I tempi lunghi per la messa in opera delle infrastrutture tecnologiche, la mancanza di un codice Ateco e di una normativa unificata, insieme al ‘nodo’ del consumo energetico e di suolo non sembrano frenare la crescita dei data center in Italia. A fine 2024 l’aumento nell’offerta di data center è stato del 6%, lasciando intravedere la fase iniziale di un’importante accelerazione. In totale lo scorso anno la potenza degli hub digitali ha raggiunto i 287 MW e quella installata in Italia tra fine 2025 e 2026 supererà tutta quella odierna. Grazie soprattutto all’entrata in funzione di numerosi data center hyperscale.

Gli hyperscaler trainano la crescita, puntando all’AI

I fornitori di cloud hyperscale stanno rapidamente costruendo nuove availability zones in diverse regioni di Italia. Portando così il cloud più vicino agli utenti finali (aree metropolitane) per migliorare prestazioni, efficienza e sovranità dei dati. A favorire la connessione digitale di nuovi Paesi e aree metropolitane è anche la capacità dei cavi sottomarini nel Mediterraneo. Destinata a un aumento di 10 volte nei prossimi 5 anni, darà vita a nuovi hub di data center (ad esempio Genova, Palermo, ma anche Barcellona e Creta).
Allo stesso tempo, gli hyperscaler stanno puntando alla leadership nel mercato delle infrastrutture per l’IA. L’adozione dell’IA, infatti, non solo sta accelerando il time-to-market degli investimenti, ma sta anche generando una maggiore richiesta di energia e densità energetica. Introducendo potenzialmente una nuova classe di prodotti data center e aprendo opportunità di investimento anche in aree oltre ai grandi mercati italiani (Milano e Roma).

La spesa per i data center commerciali sfiorerà i 22 miliardi

Gli investimenti nella costruzione di data center commerciali in Italia raggiungeranno un picco di quasi 5 miliardi di euro, sostenuti dalla crescente domanda di servizi di colocation e hyperscale. Questo impulso favorisce lo sviluppo delle infrastrutture digitali e stimola settori collegati come energia, edilizia e telecomunicazioni. Consolidando l’Italia come hub strategico per l’innovazione tecnologica.

La capacità dei data center commerciali italiani dovrebbe raggiungere i 1.522 MW nel 2029, quasi 6 volte la capacità del 2024, con un CAGR medio del 40%. Attualmente sono in corso attività di costruzione per 343 MW e l’analisi IDA indica che altri 1.684 MW sono già pianificati, con diverse centinaia di MW previsti per progetti più speculativi.  Nei prossimi 5 anni, si prevede che ciò comporterà una spesa di 21,8 miliardi per costruzione e allestimento, esclusi investimenti in apparecchiature IT e spese operative.

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Il ruolo del decreto Energia e il Polo Strategico Nazionale

La mancanza di un codice Ateco per i data center – ad oggi considerati ‘capannoni industriali’ – è uno dei problemi al centro delle proposte arrivate in Parlamento. Ma sarà il decreto Energia a determinare una nuova procedura autorizzativa unificata della durata di 10 mesi.

Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del MASE
Sul piano delle autorizzazioni il MASE ha proposto, all’interno del decreto legge energia, un iter semplificato ed accelerato. Questo prevede un procedimento di autorizzazione unica da concludersi entro 10 mesi dalla verifica della completezza della documentazione, con termini dimezzati per le valutazioni di impatto ambientale.

Fatte salve le procedure semplificate già vigenti per gli investimenti di interesse strategico nazionale. In riferimento ai consumi energetici verrà supportata a livello EU ogni iniziativa per ll’inserimento dei data center nel settore degli energivori, al fine di poter accedere alle relative agevolazioni.

Il settore pubblico sta attuando l’ambizioso piano del Polo Strategico Nazionale. Un progetto che porterà alla creazione di 4 principali data center nazionali in colocation, alcune decine di hub regionali e a un’adozione crescente del cloud. La sfida infrastrutturale è rappresentata dalla consolidazione di oltre 1200 piccoli CED (centri elaborazione dati/server room) in un numero limitato di data center moderni e scalabili. Con una riduzione significativa della capacità IT in MW delle imprese e del settore pubblico.

Occupazione in aumento

I data center stanno generando la maggior parte dei posti di lavoro nella filiera. Attività come costruzione, installazione, servizi di sicurezza e altri fornitori impiegano quasi 14.000 FTE a supporto dei data center. A ciò si aggiunge che la spesa dei dipendenti di data center e fornitori genera altri 6.800 posti di lavoro (FTE) nelle comunità locali. E più in dettaglio: i data center in colocation e hyperscale impiegano poco più di 1.200 unità lavorative a tempo pieno (FTE). Entro il 2029, questo numero si avvicinerà a 6.000. Infine, i data center aziendali (enterprise) impiegano oggi altri 7.000 professionisti, ma tale numero è destinato a diminuire gradualmente

La proposta di IDA per i terreni ‘brownfield’

Sherif Rizkalla
Un altro punto chiave è la definizione chiara della destinazione d’uso. Per IDA, i data center devono essere riconosciuti come infrastrutture produttive, coerenti con il loro impatto economico, occupazionale e tecnologico”.

Fra le proposte della stessa IDA c’è proprio quella di normare l’utilizzo dei terreni ‘brownfield’, cioè aree industriali o commerciali abbandonate. Proposta accolta con interesse dalle istituzioni. Perché valorizzare gli ampliamenti e le riconversioni di siti esistenti significa ridurre consumo di suolo, ottimizzare le risorse energetiche e accelerare i tempi di realizzazione.

Data center, puntare alla diversificazione geografica

Milano resta il principale polo dei data center in Italia, grazie alla concentrazione di infrastrutture, connettività e competenze. Tuttavia, stiamo assistendo a una diversificazione geografica molto interessante. Città come Genova, Bari, Napoli si stanno posizionando come nuovi hub grazie a fattori strutturali. Come, ad esempio, la presenza di cavi sottomarini internazionali, la prossimità ai mercati energetici del Sud, la disponibilità di aree con buona accessibilità logistica.

La situazione in Lombardia, serve una pianificazione coordinata

Ma è davvero possibile affermare che la rete lombarda è a rischio congestione?

Sherif Rizkalla
Più che di capienza massima per Milano parlerei di una fase di saturazione virtuale. Il territorio ha sostenuto una crescita straordinaria, ma oggi serve una pianificazione più coordinata, per evitare congestioni e garantire sostenibilità. È il momento di affiancare ai grandi poli del Nord una rete di hub regionali e di edge data center distribuiti. Così da costruire un sistema nazionale più equilibrato e resiliente.