
Il tema dell’intelligenza artificiale è oggi al centro di un’attenzione mediatica e strategica considerevole. E non a torto: il suo potenziale trasformativo sul piano sia dell’esperienza utente sia dell’efficienza aziendale è significativo. Tuttavia, per un’azienda come Veeam, che opera nello sviluppo di tecnologie abilitanti, come i repository per il backup, l’adozione dell’AI non rappresenta più una prospettiva futura, bensì una componente già integrata nel framework tecnologico. Come sottolinea Stefano Cancian, Country Manager per l’Italia: “Per noi, l’intelligenza artificiale è già una realtà, incorporata nei processi di protezione e gestione dei dati in modo concreto e funzionale”.
Insight dal backup
Un punto particolarmente rilevante, emerso durante il recente evento VeeamON 25, riguarda l’impiego dell’AI per valorizzare i dati già custoditi nei sistemi di data resilience, sfruttando repository sicuri non solo per il backup e il disaster recovery, ma anche come base per la generazione di insight tramite modelli predittivi. A supporto di questo approccio, Veeam ha annunciato l’inserimento del Model Context Protocol (MCP), sviluppato da una società indipendente, che definisce un nuovo standard di mercato per l’integrazione sicura tra repository di backup e strumenti AI. Come precisa ancora Cancian: “Questa integrazione consente di trasformare i repository da semplici archivi di sicurezza a risorse attive per l’elaborazione intelligente del dato, a beneficio della capacità decisionale”.
In termini pratici, si tratta di un’evoluzione significativa: la combinazione tra sicurezza e intelligenza nei sistemi di backup rende il dato non solo protetto, ma anche immediatamente analizzabile in chiave strategica. Come osserva Cancian: “L’AI è in grado di generare valore tangibile e immediato, ma solo se inserita in uno use case solido e misurabile”. È proprio questo il nodo critico: distinguere l’adozione consapevole di tecnologie AI da semplici operazioni di marketing tecnologico.
I 5 ambiti di applicazione dell’AI
All’interno dell’architettura della piattaforma Veeam, sono stati individuati cinque ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale che concorrono allo sviluppo evolutivo del sistema. Uno di questi è il data intelligence, focalizzato sull’analisi avanzata dei dati contenuti nei repository di backup per l’elaborazione di insight. Un altro ambito chiave è il data admin assist, dove l’AI automatizza le attività ripetitive e a basso valore aggiunto come classificazione, controllo, analisi dei dati e verifica delle policy, riducendo il margine di errore umano e aumentando la produttività operativa.
Vi è poi il dominio della data infrastructure resilience, in cui l’AI viene utilizzata per monitorare e valutare la robustezza delle infrastrutture IT, verificando la loro capacità di resistere ad attacchi informatici o malfunzionamenti. Il quarto ambito è rappresentato dalle data resilience operations, dove l’intelligenza artificiale interviene per supportare tutte le operazioni di gestione dei dati, sollevando le risorse IT da attività manuali e migliorando l’efficienza sistemica. Come spiega Cancian: “L’automazione introdotta dall’AI nella gestione dei dati consente un incremento silenzioso ma continuo della produttività, difficile da misurare con KPI classici ma evidente nei flussi operativi quotidiani”.
Infine, il quinto ambito è quello del data recovery, che rappresenta una priorità strategica nella roadmap di sviluppo della piattaforma. La sfida non è solo garantire la disponibilità del dato, ma farlo con la massima tempestività, considerata la frequenza con cui le aziende si trovano oggi nella condizione di dover ripristinare ambienti digitali. Il backup, un tempo utilizzato solo in caso di eventi eccezionali o errore umano, è ormai uno strumento di routine per la continuità operativa, e i sistemi di ripristino devono essere ottimizzati per velocità, affidabilità e automazione. “La capacità di accelerare il ripristino non è un valore accessorio, ma una leva strategica per la sopravvivenza dell’impresa nel contesto digitale odierno”, puntualizza Cancian.
Gli attacchi colpiscono sempre più i backup
In tale contesto, i dati del report annuale Veeam sono eloquenti. Il 69% delle aziende intervistate ha subito almeno un attacco informatico nei 12 mesi precedenti, una percentuale leggermente inferiore rispetto all’anno precedente (75%), ma comunque elevatissima. Di queste, l’89% ha dichiarato che l’attacco ha colpito direttamente i repository di backup, rendendo evidente come questi ambienti siano diventati target primari da parte degli attori malevoli. Più grave ancora: in circa il 34% dei casi, l’attacco ha avuto successo, con conseguente cifratura o cancellazione dei dati, mentre solo un’esigua minoranza (attorno al 10%) delle aziende colpite è riuscita a recuperare integralmente i dati compromessi.
Questo dato rende ancora più stringente la necessità di sistemi di protezione avanzati e di test continui sull’efficacia delle soluzioni adottate. Come afferma Cancian: “Gli attacchi diventano sempre più sofisticati e spesso fanno uso anch’essi dell’intelligenza artificiale: il paradosso è che l’AI oggi è un’arma usata sia dai difensori sia dagli aggressori”. È quindi indispensabile che le imprese mantengano aggiornate le proprie strategie di resilienza e che le tecnologie implementate siano sottoposte a continui stress test per verificarne l’efficacia rispetto alle nuove minacce emergenti.
Il framework che misura la resilienza
In linea con questa visione, Veeam ha recentemente introdotto il Data Resilience Maturity Model, un framework sviluppato in collaborazione con McKinsey e con il MIT di Boston, nonché con partner strategici come Microsoft, Palo Alto e Splunk. Questo modello consente di eseguire un assessment sistemico del livello di resilienza di un’organizzazione, considerando non solo la componente tecnologica, ma anche i processi, le persone e le pratiche organizzative. Come osserva Cancian: “Uno degli insight più importanti emersi dal nostro studio è che molte aziende sovrastimano il proprio livello di resilienza: il divario tra percezione e realtà è spesso critico”.
Il ruolo di Veeam, tradizionalmente focalizzato sullo sviluppo software, si sta progressivamente ampliando anche sul fronte dei servizi, grazie a un ecosistema di partner altamente specializzati. Tuttavia, la crescente complessità delle architetture IT e la convergenza tra backup, sicurezza e automazione rendono necessario un coinvolgimento sempre più attivo del vendor anche nella fase di delivery e implementazione. “Oggi la resilienza non si costruisce solo con la tecnologia, ma con l’integrazione intelligente di competenze, processi e strumenti, in un modello collaborativo tra vendor e partner”, conclude Cancian.