E-commerce in Italia, nel 2024 acquisti per 58,5 miliardi di euro

Si contano circa 35,2 mln di utenti attivi, con un incremento di 1,5 mln solo nell’ultimo anno. Lo smartphone rappresenta il canale predominante per gli acquisti.

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In occasione della ventesima edizione del Netcomm Forum, tenutasi in una speciale declinazione intitolata The Next 20 Years in 2 Days, sono stati presentati i dati aggiornati sullo stato dell’e-commerce in Italia, frutto dell’indagine condotta dall’Osservatorio e-commerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano. L’analisi evidenzia una crescita strutturale e costante dell’intero comparto. Dal 2014, il numero di acquirenti digitali nel nostro Paese è più che raddoppiato. Oggi si contano circa 35,2 milioni di utenti attivi, con un incremento di 1,5 milioni solo nell’ultimo anno.

Oltre alla crescita quantitativa, si rileva un’evoluzione qualitativa del profilo demografico degli utenti. Se in passato il consumatore online era prevalentemente maschio, giovane e tecnologicamente evoluto, oggi il panorama è molto più bilanciato. “L’età media degli acquirenti online si avvicina alla media nazionale della popolazione italiana”, ha dichiarato Roberto Liscia, presidente di Netcomm, aggiungendo che anche sotto il profilo del genere si è raggiunto un equilibrio: “uomini e donne partecipano in modo paritario all’esperienza d’acquisto online”.

Un’altra trasformazione significativa riguarda la geografia della domanda. “Qualche anno fa il 37% degli acquirenti abitava in città con oltre 100.000 abitanti, oggi questa quota è scesa al 24%”, ha spiegato Liscia. Questo dato testimonia una penetrazione sempre più capillare dell’e-commerce su tutto il territorio nazionale, segnando una democratizzazione digitale che, come è stato evidenziato, “non era affatto scontata”.

In Italia, scontrino medio inferiore al 50% dei paesi europei

Tuttavia, persistono significativi ritardi rispetto ad altri Paesi europei. “Oggi lo scontrino medio degli italiani è pari a 1.100 euro, la metà rispetto a quello di Inghilterra, Francia, Spagna e Germania”, ha evidenziato Liscia. Anche in termini di frequenza d’acquisto, l’Italia è ancora distante: 22 acquisti online l’anno contro i 32 della Germania e i 41 del Regno Unito. Tutto ciò lascia intravedere ampi margini di sviluppo.

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Centrale nell’analisi è anche il tema dell’omnicanalità, che ha conosciuto un’evoluzione rilevante. Nel 2016, solo il 64% dei punti vendita italiani integrava servizi cross-canale, mentre oggi si è superata la soglia dell’82%. L’indice di omnicanalità, che misura l’integrazione tra canali fisici e digitali, è salito da 1,38 a 3,9, con punte di eccellenza nel settore dell’elettronica (5,8), seguito da fashion e luxury. Rimangono indietro comparti come editoria e sanità.

Coerenza tra fisico e virtuale

Secondo Liscia, oggi “il consumatore è digitale per definizione, e si aspetta coerenza e continuità di servizio anche nel punto vendita fisico”. Questo scenario ha dato origine a una trasformazione strutturale del commercio, scandita da tre fasi evolutive: multicanalità, omnicanalità e, più recentemente, la fase ibrida. Nella prima fase, “le aziende lanciavano un e-shop in concorrenza con il canale fisico”. Successivamente si è consolidata la consapevolezza che “il compratore è uno solo e va servito in modo coerente”. L’attuale fase ibrida si caratterizza per la centralità dell’esperienza: “il cliente oggi non vuole solo acquistare, ma vivere un’esperienza personalizzata, fluida e coerente tra fisico e digitale”.

A conferma di questo trend, alcune aziende iconiche come LuisaViaRoma, Nike, Gucci e Sephora stanno sperimentando camerini virtuali, sistemi di prova basati su avatar e AI, e tecnologie di body-scanning. “Questa è una fase appena iniziata, ma con un potenziale competitivo straordinario per le imprese, soprattutto per il made in Italy”, ha commentato Liscia.

Intelligenza artificiale e sostenibilità

Parallelamente, l’intelligenza artificiale sta ridefinendo le modalità di interazione uomo-macchina, mentre le tecnologie di fulfillment e delivery si stanno adeguando a uno stile di vita sempre più mobile. In questo contesto, l’auto-form – ovvero la consegna fuori casa – ha registrato un aumento significativo, passando dal 6-7% al 22%.

Sempre più centrale è anche la sostenibilità, non più solo come vincolo ma come leva strategica: “la sostenibilità sta diventando un must, non solo come vincolo, ma come opportunità di ripensare i modelli di business”, ha sostenuto Liscia.

Un altro trend strutturale riguarda l’evoluzione dei modelli Direct-to-Consumer (D2C), che stanno contribuendo alla disintermediazione della filiera. “Il sito aziendale, una volta vetrina istituzionale, oggi è strumento per raccontare i prodotti, i valori, l’esperienza e la visione del brand”, ha aggiunto Liscia. Inoltre, strumenti come marketplace e social commerce stanno ridefinendo la dinamica dell’acquisto: “non è più il consumatore a cercare il prodotto, ma è il prodotto che intercetta il consumatore nel momento in cui manifesta un bisogno”.

Crescono le imprese che fanno e-commerce, ma è scarso l’orientamento all’export

Sul fronte imprenditoriale, i numeri confermano la crescita del settore: “le imprese di capitali con e-commerce sono cresciute dell’8,5% in un anno, pari a 4.000 nuove realtà in Italia”, ha dichiarato Liscia. Inoltre, “le imprese che operano online mostrano una redditività superiore dell’1,6% rispetto a quelle offline”. Tuttavia, emerge una criticità rilevante legata all’internazionalizzazione: “il 54% delle imprese è poco orientato all’export e presenta un numero insufficiente di lingue supportate e sistemi di pagamento internazionali”.

In questo scenario, la user experience si è affermata come leva competitiva prioritaria, superando persino il prezzo: “l’esperienza sta superando il prezzo come leva di scelta del consumatore”, ha affermato Liscia, evidenziando l’importanza di elementi come fiducia, accessibilità e coerenza omnicanale.

Il nuovo ruolo strategico dell’e-Commerce

Liscia ha concluso con una riflessione sul ruolo strategico dell’e-Commerce: “non è più solo una piattaforma di vendita, ma un catalizzatore di innovazione e una leva per la trasformazione dell’intera filiera”. L’integrazione della supply chain, dal magazzino centrale fino all’ultimo miglio, è ormai un fattore critico di successo. Tuttavia, “questa trasformazione richiede una revisione strutturale dei processi aziendali e delle relazioni di filiera”.

L’analisi evidenzia però un ulteriore problema strutturale: il retail è il comparto con minori investimenti e la minore crescita prevista tra il 2024 e il 2027”, un dato preoccupante come ha fatto notare Liscia in quanto il retail rappresenta il cuore della competitività distributiva.

Un giro d’affari di 58,5 miliardi di euro

Nel corso del 2024, il valore complessivo degli acquisti online effettuati dai consumatori italiani ha raggiunto i 58,5 miliardi di euro, articolandosi in circa 38 miliardi di euro relativi ai prodotti, con una crescita del +5% rispetto all’anno precedente, e 20,5 miliardi di euro riconducibili ai servizi, che registrano un incremento dell’8%. Le stime per il 2025 confermano una tendenza positiva, prevedendo un’espansione complessiva del mercato pari al +6%, con un superamento della soglia dei 62 miliardi di euro. Nello specifico, il segmento dei prodotti è atteso oltrepassare i 40 miliardi di euro, segnando un’ulteriore crescita del +6%, mentre il comparto dei servizi dovrebbe attestarsi sopra i 22 miliardi, in incremento dell’8%. All’interno dei servizi, il comparto del turismo si conferma trainante, con una previsione di valore che si aggira intorno ai 18 miliardi di euro, seguito da biglietteria aerea, trasporti e alloggi.

Dal punto di vista della penetrazione sul totale delle vendite retail, il comparto dei prodotti in Italia si attesta attorno all’11%, una percentuale sensibilmente inferiore rispetto ad altri mercati europei, quali il Regno Unito, dove la penetrazione raggiunge il 30%, e Francia e Germania, entrambe al 20%. Di contro, nel comparto dei servizi, la maturità digitale appare decisamente più elevata: il turismo ha superato il 50% di penetrazione, mentre l’informatica, l’elettronica e l’editoria sono attestate attorno al 40%. Il food, al contrario, è ancora marginale con una penetrazione del 3%.

Crescite omogenee tra i comparti

Analizzando i tassi di crescita disaggregati per settore, “non emergono comparti in accelerazione netta – come ha evidenziato Valentina Pontiggia, Direttrice dell’Osservatorio e-commerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano, ma i settori meno maturi, come il food e il pharma, crescono a ritmi leggermente più elevati (+7%)”. In particolare, il comparto alimentare mostra una dinamica trasversale, che interessa diversi segmenti merceologici: “dalla GDO all’enogastronomia, tutti i segmenti mostrano dinamiche interessanti, soprattutto in ottica export”.

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Al contrario, l’area automotive, inclusiva di veicoli e componentistica, mostra segnali di flessione. “Il settore auto e ricambi – ha aggiunto Pontiggia – mostra segni di rallentamento, in particolare nella componente auto, con una contrazione legata anche all’andamento delle vendite online di veicoli elettrici”.

Oggi è lo smartphone l’interfaccia principale per l’e-commerce

Rispetto al cambiamento dei canali di acquisto, si registra una trasformazione radicale nella modalità di accesso al canale digitale: se nel 2005 lo smartphone non era ancora parte del percorso d’acquisto, nel 2025 esso rappresenta il canale predominante, responsabile del 56% delle transazioni online, diventando di fatto l’interfaccia principale per le attività e-commerce.

Nel delineare le direttrici evolutive del comparto, emerge in modo ricorrente il tema della convergenza tra efficienza operativa e personalizzazione dell’offerta, con l’adozione dell’intelligenza artificiale come tecnologia abilitante nei processi di trasformazione. Pontiggia ha osservato come l’AI sia “al centro della trasformazione, sia nei processi interni sia nella relazione con il cliente finale”. Le applicazioni più diffuse riguardano “l’ottimizzazione del back-end, la riduzione degli sprechi, il miglioramento della redditività e la generazione di customer experience personalizzate, orientate al one-to-one”.

Social commerce e retail media

Contestualmente, stanno emergendo nuovi modelli di business a piattaforma, tra cui il social commerce, con casi emblematici come TikTok, e il retail media. Tali modelli, ha spiegato Pontiggia, sono orientati alla costruzione di un ecosistema “più accessibile per il consumatore e più sostenibile per il sistema”.

Le principali sfide strategiche individuate dalle imprese per il prossimo futuro includono la capacità di attrarre e fidelizzare i clienti, i percorsi di internazionalizzazione, la resilienza normativa e l’adattabilità rispetto alla crescente instabilità del contesto competitivo. “La competizione spaventa – ha affermato Pontiggia – ma allo stesso tempo stimola a esplorare l’oceano ancora inesplorato dell’e-commerce, che oggi rappresenta solo il 13% della penetrazione”.

Il principio cardine che sintetizza le tendenze in atto è quello dell’unificazione dell’esperienza retail. Pontiggia ha concluso affermando: “non esiste più una distinzione netta tra online e offline. L’e-commerce del futuro sarà personalizzato, strategico, essenziale e tutt’altro che scontato. Richiederà un impegno costante nell’innovazione”.