Deloitte: GenZ e Millennial italiani puntano sulla GenAI

Al netto dell’entusiasmo sulle potenzialità positive, gli intervistati si dimostrano consapevoli anche delle possibili criticità legate alla GenAI.

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Secondo una recente ricerca condotta da Deloitte, GenZ e Millennial italiani puntano molto sulla GenAI per migliorare la qualità del lavoro e il work-life balance.

Grande apertura e ottimismo dei più giovani sull’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI): secondo oltre il 70% dei GenZ e Millennial italiani già abituati ad usarla, questo strumento permette di “risparmiare tempo”, “migliorare il work-life balance” e “focalizzarsi sul lavoro creativo e strategico”. I giovani intervistati sono consapevoli non solo delle straordinarie potenzialità, ma anche dei possibili rischi legati all’Intelligenza Artificiale (AI) e sono molto attenti al tema della regolamentazione e dell’uso etico della tecnologia – un tema sul quale (GenZ 52% e Millennial 45%) pensano di poter fare la differenza.

Questo quanto emerge dalla tredicesima edizione della “GenZ e Millennial Survey”, lo studio globale di Deloitte condotto su oltre 14 mila GenZ e più di 8 mila Millennial in 44 Paesi del mondo e che nel 2024 – per la prima volta – ha approfondito anche il parere dei giovani sul tema della Generative AI.

Lorenzo Cerulli, GenAI Leader di Deloitte Central Mediterranean (Italia, Grecia, Malta)
GenZ e Millennial sono cresciuti insieme alla digitalizzazione e la loro percezione in merito a innovazioni dirompenti come la GenAI è diversa da quella di altre generazioni: per loro sfruttare tecnologie che aiutano a semplificare mansioni, risparmiare tempo o ottimizzare processi è normale.
Per questo non stupisce che chi è già abituato a usare strumenti di GenAI dimostri più apertura e fiducia della media verso queste tecnologie. Del resto, ragazze e ragazzi dimostrano consapevolezza anche rispetto ai rischi e, tramite la survey, mandano un messaggio molto chiaro: la GenAI è più che benvenuta se serve a semplificare la vita – lavorativa ed extra lavorativa – e se è orientata al benessere socioeconomico.

Paolo Galletti, Chief Human Resources Officer e People and Purpose Leader di Deloitte Italia
L’AI e la GenAI stanno evolvendo esponenzialmente e questo processo richiede non solo un approccio capace di stare al passo con il continuo cambiamento, ma anche una riqualificazione continua.
I giovani si dimostrano consapevoli di questa dinamica e per questo si aspettano maggiori investimenti in formazione da parte delle aziende, che devono essere pronte a cogliere un cambiamento così dirompente e allo stesso tempo essenziale per il benessere e la produttività delle persone.

Competenze in azienda: il 43% dei GenZ e 34% ha ricevuto formazione sulla GenAI

In Italia il 43% tra i GenZ e il 34% tra i Millennial è d’accordo (o fortemente d’accordo) sul fatto che il proprio datore di lavoro stia formando sufficientemente i propri dipendenti sulle capacità, i vantaggi e il valore di GenAI. del. Mentre più di un terzo dei lavoratori (37%) ritiene che la GenAI migliorerà il proprio lavoro nel prossimo anno, più di quattro intervistati su dieci affermano di non avere intenzione di seguire una formazione specifica sul tema GenAI, con un 40% tra le ragazze GenZ e 47% tra le ragazze Millennial e un 41% tra i ragazzi GenZ e 40% tra i ragazzi Millennial.

La GenAI in ufficio: tra gli utilizzatori frequenti più di 7 su 10 sono ottimisti sulle sue applicazioni

Il 16% della Gen Z e l’11% dei Millennial in Italia dichiara di utilizzare frequentemente la GenAI al lavoro, affermando di usarla tutto o la maggior parte del tempo. Inoltre, dalla ricerca emerge che GenZ e Millennial si distinguono molto in base al grado di conoscenza di questa tecnologia: chi la usa già molto (73% GenZ e 78% Millennial) è più convinto della media (47% GenZ e 39% Millennial) sul fatto che l’AI aiuterà a risparmiare tempo e a migliorare il work-life balance.

Futuro del lavoro: quasi la metà pensa a un “reskilling” e non esclude che alcuni lavori scompaiano

Al netto dell’entusiasmo sulle potenzialità positive, gli intervistati si dimostrano consapevoli anche delle possibili criticità legate alla GenAI. In particolare, il 46% dei GenZ (62% tra gli utilizzatori frequenti) e il 41% dei Millennial (53% tra gli utilizzatori frequenti), pensa che l’AI richiederà una riqualificazione e impatterà sulle proprie decisioni di carriera. Una percentuale analoga, invece, è d’accordo sull’ipotesi che con l’AI alcuni lavori possano scomparire: lo pensa il 55% dei GenZ (68% degli utilizzatori frequenti) e il 52% Millennial (54% Millennial utilizzatori frequenti).

Differenze di genere nella percezione della GenAI: predomina l’incertezza, maschi GenZ i più entusiasti

I Gen Z maschi italiani sono il sotto-insieme della popolazione nazionale più entusiasta della GenAI, ma, in generale, si registra un elevato livello di incertezza sugli sviluppi futuri di questo strumento per entrambi i sessi (31% GenZ F, 26% GenZ M, 33% Millennial F, 33% Millennial M). In particolare, le percentuali di chi esprime entusiasmo è del 15% tra le ragazze GenZ e del 29% tra i ragazzi GenZ, del 9% tra le ragazze Millennial e del 14% tra i maschi Millennial.

Chi è a più agio con la GenAI? In Italia Gender Gap inferiore alla media globale

A differenza della media globale, non ci sono grandi differenze tra maschi e femmine in termini di chi si sente più a suo agio nel lavorare con la GenAI. Queste le percentuali di chi si dice di sentirsi a proprio agio nel lavorare insieme a sistemi e strumenti GenAI in Italia: il 52% tra le ragazze GenZ e il 51% tra i ragazzi GenZ, il 40% tra le ragazze Millennial e il 42% tra i ragazzi Millennial. A livello globale, invece, si misura un gender gap decisamente più significativo sia tra i GenZ (54% le ragazze vs 63% i ragazzi) sia tra i Millennial (52% le ragazze vs 62% i ragazzi).

Il sentiment verso la GenAI: le differenze tra GenZ e Millennial

Interrogati sulle emozioni che la GenAI suscita in loro, i GenZ italiani esprimono incertezza (29%), fascinazione (28%) ed entusiasmo (22%). I Millennial italiani, invece, appaiono leggermente meno aperti, manifestando anzitutto incertezza (33%), fascinazione (21%) e confusione (17%).