È un dato di fatto che la pandemia abbia accelerato molti processi già in atto. Una delle accelerazioni più rilevanti è sicuramente l’ampio ricorso al lavoro ibrido. “Nulla è più come prima, ma come effettivamente dovrebbe essere non è che tutti ce l’abbiano proprio ben chiaro – ha affermato Michele Dalmazzoni, Direttore Collaboration di Cisco per Sud Europa, Francia e Israele in un incontro organizzato da Cisco per parlare del futuro del lavoro.
Tutte le organizzazioni stanno cercando di calibrare e definire nuovi modelli e nuovi paradigmi per capire come affrontare il tema lavoro. Sono in atto molteplici discussioni su come gestire le persone che lavorano da remoto, quanto tempo possono lavorare e anche come amministrare gli spazi dal momento che non è più necessario recarsi in uno specifico luogo fisico per lavorare. Tuttavia, secondo una ricerca che McKinsey ha realizzato lo scorso anno, il 68% delle organizzazioni ancora non ha stabilito quale direzione prendere”.
Benefit aziendali, dall’auto alla dotazione tecnologica
Oggi si può lavorare ovunque ci si trovi. Sicuramente il luogo di elezione è la propria casa. Purtroppo, però, è forse anche il luogo dove è più difficile lavorare senza interruzioni. Dalmazzoni ha infatti sottolineato che “lavorare da casa non è una cosa banale perché ci sono da affrontare tante complessità e la loro soluzione si riflette poi su chi è in azienda. Quindi, la buona riuscita di una riunione non dipende solo da come è allestito l’ufficio ma anche da come è allestito l’ambiente domestico.
Oggi non si stanno facendo ancora grandi investimenti sul workplace casalingo, ma sicuramente si faranno. In passato, uno dei benefit che poteva fare la differenza era l’auto aziendale, in futuro le organizzazioni si differenzieranno nella lotta per i talenti proprio in funzione degli strumenti professionali che forniranno per poter prendere parte a incontri e riunioni da remoto”.
Come gestire gli spazi fisici aziendali con il lavoro ibrido?
Un altro aspetto fondamentale del lavoro ibrido sono gli spazi fisici aziendali. Evidentemente l’ufficio non ha più la stessa funzione di un tempo, ma qual è quella attuale? Come va pensato? Secondo Dalmazzoni, “oggi gli uffici devono essere concepiti come una realtà fisica aumentata digitalmente perché devono permettere alle persone in azienda di collaborare sia con chi si trova in mobilità, sia con chi è a casa”.
Questo risultato può essere raggiunto più facilmente nelle nuove strutture, mentre le altre, se non hanno intenzione di trasferirsi considerata la sostanziale riduzione del personale presente quotidianamente, possono puntare su progetti di retrofitting e revamping per trasformare anche luoghi storici in ambienti innovativi.
“Da sottolineare – ha puntualizzato Dalmazzoni – che qualunque sia la scelta, è importante che sia abilitata la collaborazione video perché altrimenti chi opera da remoto è tagliato fuori. Per altro, una trasformazione degli spazi fisici comporta benefici anche dal punto di vista ambientale ed energetico perché consente finalmente di applicare agli uffici un paradigma innovativo come quello dell’IoT.
Questo offre la possibilità di portare l’energia sulla rete e, quindi, di sfruttare il PoE che sta diventando una realtà e consente un risparmio notevole in termini di energia. Inoltre, i sensori trasformano l’ufficio in un ambiente smart. Ed è chiaro che tutto sarà sempre operabile in cloud”.
Dalla teoria alla pratica
In un collegamento da New York, Mark Miller, Director Global Collaboration Center of Excellence di Cisco, ha mostrato come l’azienda, grazie proprio a progetti di retrofitting e revamping e utilizzando l’IoT e dispositivi di rete avanzati, ha avviato nel 2020 la ristrutturazione del suo a Manhattan che non aveva subito alcun intervento di ammodernamento dal 2005. Così dopo due anni di lavori, ha riaperto la struttura che ospita circa 500 dipendenti e che occupa una superficie di 4.000 mq. “Quello di New York è il primo ufficio che abbiamo riprogettato dopo la pandemia – ha precisato Miller – e rientra nell’ambito di un ampio piano di ristrutturazione immobiliare che dovrebbe riguardare 1,7 milioni di metri quadrati di uffici che ospitano 68mila dipendenti e che ogni anno costano più di un miliardo di dollari di manutenzione”.
“L’ufficio deve essere una calamita, non una costrizione – ha proseguito Miller –. Ciò significa che dobbiamo creare esperienze che attirino le persone e che le inducano a tornare spontaneamente, anziché essere costrette a farlo. Infatti, se confrontiamo la vecchia struttura con quella nuova, notiamo alcune differenze sorprendenti: nel vecchio ufficio il 70% dello spazio era dedicato agli individui, il 30% alla collaborazione, mentre nel nuovo ambiente il 70% dello spazio è dedicato alla collaborazione, alla socializzazione, all’apprendimento e alle attività di gruppo”.
L’evoluzione dell’ufficio
Cisco ha poi sfruttato la tecnologia PoE per rendere più efficiente il trasporto e la gestione dell’energia all’interno di uno stabile di oltre 50 anni. In primo luogo, è stato ridotto notevolmente l’uso di rame tramite l’impiego di cavi di rete al posto dei consueti cavi per l’impianto elettrico. Secondariamente, la connessione in rete ha permesso di rendere smart l’edificio e quindi, per esempio, l’illuminazione si attiva sol o in presenza di persone ed è commisurata alla luce che ambientale.
Un’adeguata illuminazione è anche un primo esempio delle iniziative volte ad assicurare la salute e la wellness dei lavoratori. In questo senso vanno citati anche il contenimento del rumore ambientale e la gestione della qualità dell’aria.
Va da sé che gli strumenti per la collaborazione sono uno dei punti focali della rimodulazione degli ambienti. “Quando abbiamo pensato al progetto – ha sostenuto Miller –, abbiamo capito che dovevamo creare spazi che permettessero alle persone di fare esperienze che non avrebbero potuto fare lavorando da remoto.
Così, il 20% del nostro video è in open space e le persone possono usarlo spontaneamente, mentre il 75% degli spazi di collaborazione del nuovo ufficio è focalizzato sulla collaborazione di piccoli gruppi di meno di sei persone. Assicurarsi di abilitare questi spazi è stato di fondamentale importanza perché bsigna creare luoghi che permettano alle persone di collaborare facilmnete. Nel progettare gli spazi abbiamo pensato prima alla tecnologia e abbiamo costruito la stanza intorno. Il risultato è stato davvero interessante così che ora stiamo replicando la medesima tecnica nei progetti futuri”.
Tecnologie in continua evoluzione
L’ufficio di New York è un buon esempio dell’impiego di tutte le tecnologie che Cisco ha sviluppato per l’hybrid work in ambito networking, security e collaboration fino ai device IoT. “Si tratta di tecnologie in evoluzione continua – ha puntualizzato Enrico Miolo, Collaboration Leader di Cisco Italia – e su cui stiamo lavorando anche con partner e clienti. E siccome l’85% delle organizzazioni nel mondo usa due o più piattaforme di video meeting, faremo in modo che le nostre soluzioni siano sempre più in grado anche di interoperare con le proposte di altri vendor”.
Le tecnologie a cui si riferisce Miolo comprendono anche Webex Panorama, soluzione usata anche negli uffici di New York per fornire, nelle più grandi sale riunioni, esperienze realistiche di “continuità” con immagini a grandezza naturale tra persone presenti e in remoto. Va poi citata anche Cisco Spaces, piattaforma di digitalizzazione degli uffici che, in tempo reale, fornisce una visione della disponibilità di postazioni negli spazi aziendali e che permette di tenere sotto controllo i parametri necessari per assicurare il massimo comfort all’interno dell’edificio.
Seconda edizione per il progetto Venywhere
L’incontro organizzato da Cisco è stata anche l’occasione per fornire alcune indicazioni emerse dall’esperienza Venywhere promossa dalla Fondazione di Venezia in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e che ha visto coinvolta anche Cisco, la quale ha trasferito per tre mesi 16 dipendenti a lavorare a Venezia. L’obiettivo era “cercare di capire come vivere il lavoro ibrido all’interno della città”, come ha precisato Gianpaolo Barozzi, director Purpose Innovation di Cisco Italia
Tra i trend emersi dal progetto, Barozzi ha citato la possibilità di avere smart working city in cui le abitazioni distino 15 minuti dall’ufficio. Si tratta di una distanza percorribile a piedi e che quindi può trasformare il pendolarismo in mobilità, a tutto beneficio del benessere psicofisico delle persone. In secondo luogo, la flessibilità degli spazi, ottenuta attraverso workplace aperti in luoghi non convenzionali, permette alle persone di essere operative ovunque potendo vivere anche esperienze diverse.
Venywhere ha dimostrato che il lavoro ibrido non limita la produttività. Tutt’altro, la incrementa, consentendo una crescita personale e professionale. Inoltre, può rafforzare innovazione, impegno, fiducia e senso di appartenenza. Infine, grazie agli strumenti per il lavoro ibrido è assicurata una vicinanza digitale tra leader e collaboratori e quando i leader prestano realmente attenzione alle persone queste migliorano e sono più produttive, indipendentemente da dove si trovano.
Barozzi ha preannunciato che Venywhere avrà una seconda edizione la quale, oltre che a Venezia, sarà replicata anche nell’isola di Rodi, negli Stati Uniti, in Africa e nel Sud Italia. Questa nuova edizione, oltre a Cisco, vedrà coinvolte nuove aziende internazionali.