Nino Letteriello, Presidente DAMA Italy, CEO FIT Academy e docente 24ORE Business School ci parla di Data Quality, automazione e del ruolo del CDO.
Il mondo dei dati è in continua evoluzione. Il tema degli analytics è infatti sempre più in auge e sta diventando centrale per le aziende che vogliono potenziare i propri processi grazie al supporto dei dati. E questo trend coinvolge, naturalmente, anche l’Italia. Il termine “mondo” non è casuale, perché si tratta di un tema molto vasto e ricco di sfumature. Allo stesso modo, in ottica di business, il concetto di organizzazione “data-driven” si sta diffondendo con sempre maggior intensità, rischiando di diventare un termine inflazionato come altri che, nel tempo, hanno accompagnato gli sviluppi metodologici e tecnici nell’ambito dei dati.
Per le aziende, trasformarsi in una realtà guidata dai dati e che consideri i dati stessi come un elemento cruciale della propria operatività è possibile, ma si tratta di una sfida complessa in cui le persone, le tecnologie e i processi devono integrarsi tra loro secondo logiche ben definite.
Data Management
Il Data Management è la disciplina che abilita questa evoluzione organizzativa. E il vero motore di questa trasformazione è senza ombra di dubbio la figura del Chief Data Officer, il professionista che ha la responsabilità di garantire il buon esito della gestione, del trattamento e della valorizzazione dei dati organizzativi. Adottando una prospettiva più ampia, si può definire come il garante della trasformazione dei dati in valore per l’organizzazione. Naturalmente questa è una definizione più generica: ogni CDO ha attività e aree di specializzazione in base alle caratteristiche e alle necessità di un gruppo.
Di fronte a una situazione che resta in continuo divenire occorre capire, allo stesso tempo, quello che accade oggi nell’ecosistema lavorativo. Per questo motivo, ogni professionista del settore è chiamato a un processo di formazione continua e sono importanti iniziative come quelle dell’Executive Master in Big Data, Intelligenza Artificiale e Business Analytics promossi dalla 24ORE Business School. È infatti evidente come alcune discipline, ad esempio il data management, la data literacy o l’intelligenza artificiale, stiano acquistando maggiore rilevanza rispetto ad altre. Sono cambiamenti fisiologici, ma l’elemento davvero rilevante è che l’interesse sui dati non accenna a diminuire. Anzi, gli investimenti continuano.
In questo contesto diventa quindi di fondamentale importanza capire come poter gestire al meglio i dati e come poter implementare processi aziendali che massimizzino la resa degli insights di cui si dispone. Un processo molto importante in questo senso è sicuramente quello di Data Quality, che consiste nella pianificazione, implementazione e controllo delle attività che applicano tecniche di gestione della qualità dei dati, al fine di garantire che siano adatti allo scopo e che soddisfino le esigenze degli utilizzatori, come possono essere i bisogni dichiarati o impliciti di un’azienda. Il processo di Data Quality fa comunque parte dell’ampio spettro di attività di gestione dei dati, a cui si associano, ad esempio, la gestione dei metadati o la data governance.
La qualità dei dati
Valutare la qualità dei dati risulta essere un passaggio sempre più cruciale nell’economia di un’azienda, al fine di indirizzare processi “data-driven” in un’era sempre più scandita dai Big Data. Sul tema della qualità del dato è importante ricordare quanto questo sia uno degli aspetti più importanti relativi all’ecosistema dei dati, e lo dimostra anche l’esistenza di uno standard ISO dedicato. I dati sono classificabili secondo un livello di qualità, a cui si associa il relativo livello di automazione che, ovviamente, cresce all’aumentare della qualità del dato. Si può svariare dalle semplici statistiche descrittive ad analytics predittivi, fino ai modelli di intelligenza artificiale. Essere in possesso di dati di alta qualità può far sì che alcuni processi siano completamente automatizzati, sviluppando le soluzioni tecnologiche adatte: basti pensare ai suggerimenti d’acquisto dei portali di eCommerce, oppure ai modelli statistici per il rischio di credito, o ancora alle attività di segmentazione della clientela.
Aziende data driven
Disporre di dati di alta qualità rende possibile un’automatizzazione completa dei processi, rendendo disponibili all’intelligenza umana statistiche utili per prendere le migliori decisioni possibili. Disporre di dati di bassa qualità, invece, richiede inevitabilmente interventi manuali, perdendo tutti i benefici dell’automatizzazione. Si può quindi dire con certezza che esiste una stretta ed effettiva correlazione tra qualità del dato e automazione. Tutte le attività basate sui dati dipendono dalla loro qualità, perché insights inaffidabili sono di fatto dati inutilizzabili.
Diventa quindi facile dedurre che il successo dipenda anche da dati attendibili, in grado di generare un valore per l’azienda.
Il dato, che possiede caratteristiche differenti come usabilità e accessibilità, ha un suo ciclo di vita che nasce dalla raccolta e dalla creazione dello stesso. Questo termina con la produzione di output quali analisi, reportistica e visualizzazione. Il valore del dato per l’organizzazione può manifestarsi in momenti diversi del suo ciclo di vita: le vere aziende “data-driven”, che sappiano impostare i propri processi in base all’ausilio dei dati, sono quelle in grado di identificare le opportunità di utilizzo degli insights per generare valore.
Negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro il fatto che, se non si dispone di dati correttamente raccolti e gestiti, le potenzialità offerte dalle varie tecniche di analisi dei dati risultano vane.
È chiaro quindi che con la crescita dell’attenzione alla gestione dei dati e i diversi anni di attività che le imprese hanno sperimentato lavorando con questi, e con annessi problemi, fallimenti e lessons-learned, il tema della qualità dei dati ha assunto sempre maggiore rilevanza. Inoltre, il GDPR e le altre regolamentazioni hanno aggiunto quella componente etica e culturale che rende la Data Quality ancora più importante.
Privacy e regolamentazioni
In questo senso, circoscrivendo quindi l’analisi all’aspetto legato alla privacy, i vincoli che le regolamentazioni stanno ponendo sull’uso dei dati da parte delle aziende sono enormi e rappresentano una delle sfide principali di chi guida la rivoluzione dei dati all’interno delle organizzazioni. L’impatto del GDPR è stato significativo e ha imposto un cambio nelle modalità di lavoro, ma non sembra aver scatenato una vera rivoluzione nel business; ha comunque certamente imposto una maggior regolamentazione della raccolta, uso e gestione dei dati personali.
Oltre al GDPR si può fare l’esempio di iOS 14.5 che ha introdotto un aggiornamento finalizzato proprio al maggiore controllo sulla privacy per gli utenti Apple e che ha impattato soprattutto sulle attività di digital marketing e sulla definizione delle customer journey. Altre novità sono state recentemente introdotte dalla Commissione Europea, che con il Data Governance Act e il Data Act sta tentando di promuovere la creazione di una “Data Economy”, un mercato di scambio dei dati.
Così, allo stesso modo in cui negli anni sono stati ideati nuovi strumenti di analisi dei dati, questi vincoli legislativi e tecnici potranno incentivare nuove modalità di raccolta e gestione che garantiscano il pieno rispetto delle normative e della privacy e al tempo stesso la raccolta di quegli insights di cui le aziende hanno bisogno. Se c’è una cosa che abbiamo notato in questi anni è il fatto che il mondo dei dati è estremamente rapido nella sua capacità di innovare.
Organizzazione aziendale
Ma l’aspetto più importante da cogliere si cela in realtà dietro al concetto di organizzazione aziendale. Infatti, in un mondo sempre più “data-driven”, il focus troppo spesso è sulle tecnologie anziché sulla gestione dei dati, che ne sono le fondamenta. E questo trend ha comportato l’accentuarsi di eccessive aspettative (spesso disilluse) ed il fallimento di molti progetti erroneamente etichettati come “tecnologici”. Occorre invece conciliare un’attività prettamente digitale, come quella di immagazzinare e processare dati, con un’analisi più strategica e che prescinda dagli strumenti o dai software. E questo è possibile definendo chi comanda, chi guida il processo.
Disporre di obiettivi precisi e misurabili a monte del processo è il modo migliore per sviluppare progetti efficaci e precisi in cui la tecnologia diventa il motore di un’attività che è stata pensata e delineata precedentemente. Se si ha ben chiara la necessità di fondo, si può scegliere di conseguenza la tecnologia più adatta agli obiettivi prefissati. E questa può anche non essere quella più in voga al momento, ma è quella che serve davvero. Un concetto, d’altra parte, che vale non solo per i dati, ma per tutto ciò che è innovazione organizzativa.