Alfredo Nulli, EMEA Cloud Architect di Pure Storage, propone un interessante analisi su come ottenere il massimo dal cloud, evitando inutili compromessi.
Spesso le aziende ritengono di dover scendere a compromessi per riuscire a colmare il divario esistente tra ambiente on-premise e cloud pubblico. I compromessi spesso risiedono sulla necessità di adottare due piani infrastrutturali diversi ossia che prevedano una sottostante componente tecnologica (server, storage, LAN, WAN, security) che si comporta in modo sostanzialmente diverso. In altri termini: funzionalmente le applicazioni in esecuzione on-premise e quelle in cloud si comporteranno similmente, ma il piano di esecuzione è totalmente diverso. Caratteristiche come affidabilità, scalabilità, efficienza, sicurezza, instradamento, protezione sono realizzati in modo totalmente differente tra i due modelli architetturali.
Anche se ciascun approccio porta con sé dei benefici, ciò di cui le aziende hanno realmente bisogno quando si tratta di infrastruttura sono flessibilità e scelta. In particolare, la flessibilità di poter trasportare le caratteristiche elencate tra on-premise e vari cloud (multi-cloud) senza ogni volta ridefinirle, verificarle e porle ovviamente sotto processi di auditing. La possibilità di scelta, dovrebbe essere assunta basandosi sugli obiettivi di business, indipendentemente da ciò che la tecnologia è in grado di fare o da dove essa risieda. Workload e applicazioni dovrebbero risiedere dove è più sensato. Il segreto sta nella flessibilità: gli obiettivi di business possono mutare rapidamente, e le aziende devono essere libere di adeguarsi e adattarsi al cambiamento, ove necessario.
Superare gli ostacoli verso il cloud ibrido
La soluzione ideale consiste nel dotarsi di strumenti che permettano un modello di riferimento ibrido, la cui implementazione, tuttavia, non è sempre semplice e presenta di per sé numerose sfide.
Innanzitutto, la maggior parte delle applicazioni enterprise, nate on-premise e disegnate assumendo determinate caratteristiche della sottostante componente infrastrutturale, presentano una vera sfida ove si decida di ricollocarle in ambiente cloud; ambiente in cui queste caratteristiche si raggiungono attraverso modelli progettuali differenti. Analogamente, abbiamo applicazioni cloud-native che al contrario presentano caratteristiche che on-premise sono implementate in modo differente. Oggi le aziende non possono permettersi stravolgimenti né fermi operativi, il che rende necessario spostare i workload tra cloud differenti in modo agile e trasparente. Non parliamo del fatto che lo storage on-premise e il cloud storage hanno caratteristiche e API diverse, per cui lo sviluppo di applicazioni in grado di funzionare trasparentemente in entrambi gli ambienti è stato finora pressoché impossibile.
I requisiti di oggi
I dati sono ormai considerati la “nuova moneta” del business, ma controllarli e sfruttarli al meglio non è certo semplice. Infatti, IDC ha calcolato che nel 2025 il volume dei dati generati solamente dall’Internet of Things (IoT) equivarrà al volume di tutti i dati generati nel 2020. Si tratta di quantità enormi che detteranno le esigenze relative alle infrastrutture delle aziende, che dovranno riuscire a spostarsi dalle applicazioni nate nel cloud per portarsi in ambienti on-premise (o viceversa), una volta che questi dati dovessero imporre un diverso insieme di requisiti.
Allo stato attuale le aziende sono costrette a scendere a compromessi anziché disporre dell’agilità e della capacità occorrenti per progettare un’infrastruttura a misura delle loro esigenze.
È finita l’era dei compromessi
La consapevolezza delle differenze ha portato allo sviluppo di soluzioni che permettano di ridurre se non azzerare del tutto i compromessi che ereditiamo da questi due piani di gestioni differenti. Stanno per arrivare sul mercato soluzioni che aiuteranno le aziende che si pongono in uno scenario ibrido, a sfruttare in pieno una pluralità di cloud.
Relativamente alla gestione dei dati e alla componente di storage gli utilizzatori potranno beneficiare della libertà di creare un modello di servizio storage disponibile sia come implementazione on-premise (cloud privati) che in ambiente hosted (in caso di managed services) e di estendere tale libertà ove si volesse beneficiare delle risorse messe a disposizione dal cloud pubblico.
In particolare, adottando queste soluzioni, le applicazioni potranno essere eseguite senza dover essere re-ingegnerizzate sia in ambienti on-premise o hosted sia utilizzando i servizi IaaS di un cloud pubblico.
Il tutto mantenendo un modello di gestione unificato, garantendo resilienza, affidabilità, scalabità ed efficienza indipendente dal piano di esecuzione. Questo si traduce a livello di gestione e operazioni di poter avere un livello di audit uniforme comprensivo di procedure di test di business continuity e disaster-recovery.
Tutto questo per quanto riguarda il modello di gestione ed esecuzione dei sistemi di memorizzazione per dati caldi. Ma l’innovazione si estende anche agli ambiti di gestione dei dati freddi.
Un nuovo modello per la protezione dei dati, flash-to-flash-to-cloud: Il tradizionale modello di protezione dei dati basato su disco e su nastro non riesce a tenere il passo con le esigenze dell’era del cloud. Le dimensioni dei dati stanno crescendo, i clienti si aspettano una disponibilità globale e, possedere petabyte di dati rinchiusi all’interno di un archivio non è più accettabile. La combinazione flash + cloud permette ai clienti di reinventare la protezione dei dati consentendo sia un rapido ripristino in locale da flash, sia il riutilizzo e la conservazione dei dati a lungo termine e basso costo nel cloud.
I dati sono la linfa vitale di ogni azienda, e occorre flessibilità per poterli trasformare in valore. L’era del cloud divide sta per terminare, proiettandoci nell’era della scelta e permettendo alle aziende di creare un’architettura data-centric. Questi mondi possono ora coesistere, uniti trasparentemente da uno storage layer comune affinché applicazioni e dati possano muoversi liberamente tra cloud di proprietà e cloud pubblico a noleggio.
Questo approccio ibrido permette anche di poter sviluppare le applicazioni una volta sola per implementarle in modo trasparente su cloud di proprietà e su cloud a noleggio, fornendo ai clienti la massima flessibilità per trasformare in valore i dati ovunque questi risiedano.
Il risultato ultimo per le aziende?
Poter sfruttare l’agilità e la flessibilità di un ambiente ibrido per sviluppare le applicazioni più rapidamente, con la libertà di collegarle a qualsiasi genere di infrastruttura; e poter creare un’architettura data-centric su misura, un vero asset per lavorare con successo.