Con un evento aperto alla stampa, agli esperti di settore e alle aziende, il Gruppo Aruba ha delineato le peculiarità della divisione Aruba Enterprise.
Non si può parlare di una presentazione né di un vero e proprio debutto, almeno formalmente, proprio perché le competenze di questa area di business sono già in essere da molti anni, dal 2006.
Tuttavia, la giornata di oggi segna un importante passo avanti per Aruba, che sceglie di rendere pubblica e chiaramente distinguibile una divisione che, sino ad oggi, si è sempre mossa organicamente al resto delle working unit del brand.
Questa divisione acquisisce ora un brand e un logo tutto suo, un riconoscimento importante per gli oltre 250 addetti (sulle circa 700 unità complessive di Aruba), a segnare l’inizio di una nuova avventura per Aruba, un marchio che, negli anni, si è distinto per il coraggio imprenditoriale e la grande visione di mercato.
A confermalo è proprio Stefano Cecconi, Amministratore Delegato di Aruba S.p.A., intervenuto sul palco dell’evento tenutosi oggi presso il Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro (BG).
Aruba nasce nel 94 ad Arezzo, le redini dell’impresa sono sempre state saldamente nelle mani del nucleo famigliare. Gli inizi delle attività non hanno riguardato direttamente il Web e neppure il nome era quello che conosciamo oggi. Come sottolinea Cecconi, l’azienda si chiamava Technet e forniva servizi di connettività in un’area geografica ristretta, segnata da una carenza cronica di infrastrutture e limiti di accesso alla Rete. I continui cambiamenti di mercato hanno portato l’azienda a mutare nome e core business, via via sempre più legato al mondo dell’hosting e dei domini Internet.
La perseveranza del management ha consentito ad Aruba di crescere, non senza qualche fatica (tecnologie ancora poco mature, scarsità di competenze specifiche per un settore che andava formandosi in quegli anni), concretizzando una visione sopita nel profondo: i servizi Aruba avrebbero dovuto essere personalizzati, cuciti su misura e alla portata di privati e PMI. E così è stato!
Quello che Cecconi indica come il “terzo step evolutivo” riguarda la capacità della società di diversificare il proprio business, memore degli inizi e delle difficoltà di ripartire quasi da zero in un mercato divenuto ormai competitivo. Formazione, attenzione alla persona e una grande propensione al rischio (imprenditoriale) hanno permesso all’azienda di raggiungere il successo che noi oggi conosciamo.
Col senno di poi, commenta Cecconi, la scelta di non quotarsi in borsa e di rimanere una realtà “famigliare” è stata quella giusta, ha permesso ad Aruba di rimanere agile, di rispondere immediatamente alle esigenze dei clienti, senza alcun vincolo circa gli investimenti o la rendicontazione trimestrale.
Proprio questo ha consentito di veicolare le idee, prima ancora della tecnologia, e di proporre servizi ancora poco noti rispetto al periodo storico. Uno su tutti la PEC; oggi Aruba rappresenta il primario fornitore capace di erogare servizi di Posta Elettronica Certificata a milioni di cittadini e imprese.
Ma l’azienda non si ferma e, in quest’ottica, ha da pochi mesi annunciato l’apertura della filiale di Pechino: la sede Beijing Aruba Cloud Tech Co. Ltd. ha ottenuto l’accreditamento del MIIT per l’estensione di dominio “.cloud”.
E ancora, la trasformazione digitale in atto e il grande impiego di infrastrutture cloud e di outsourcing stanno decretando una continua crescita del marchio. Tutto questo nonostante un clima economico non certo favorevole nel nostro Paese (e non solo).
Esternalizzare e usare servizi cloud rappresenta per le imprese un importante strumento per tagliare i costi ed efficientare le proprie infrastrutture IT. Proprio per questo Aruba continua a investire e si propone sempre di più come partner proattivo, capace di sviluppare progetti di trasformazione con e assieme alle imprese.