Il data center virtuale: cos’è? Quando conviene?

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Tradizionalmente si considera l’accezione di data center intesa come uno spazio fisico composto da server e cablaggi; cosa significa virtualizzare il data center?

Come abbiamo visto, per abilitare servizi estesi come il cloud è necessario disporre di infrastrutture hardware solide e ridondate; per attivare e rendere operativo un virtual data center è necessaria qualche accortezza in più. Di fatto, un VDC si caratterizza per la capacità di allocare e gestire risorse e repository in modo dinamico. Virtualizzare l’intera struttura significa trasportare su un altro livello ogni tipo di apparato che, tradizionalmente, è invece di tipo fisico, con proprietà, caratteristiche e limiti ben definiti. 

Tale soluzione rende superfluo l’acquisto di nuovo hardware a livello di impresa, così come è in grado di ridurre quasi a zero le problematiche di gestione e manutenzione tipiche di una infrastruttura IT “fisica”.

Il dinamismo e la versatilità dei VDC consentono di impiegare simili architetture virtuali in totale sostituzione dei data center presenti in azienda (soprattutto per le realtà più piccole), grazie anche a vantaggiose formule pay-per-use.
Per gli ambienti più estesi, invece, l’adozione di un virtual data center diventa a tutti gli effetti un’estensione della potenzialità del DC aziendale, seguendo una logica che può essere definita ibrida.
Il virtual data center, sempre in virtù delle tecnologie di virtualizzazione, rappresenta un’alternativa flessibile ed elastica, capace di adattarsi alle esigenze di business di ciascuna organizzazione. Di fatto, l’incremento (o la diminuzione) delle capacità dell’infrastruttura virtuale possono essere gestiti in funzione del carico di lavoro reale in un dato momento, seguendo i workload attivi e assecondando eventuali picchi di esigenze di elaborazione a livello di applicazioni e processi (si pensi ai siti di eCommerce sottoposti a forte traffico nel periodo prenatalizio o durante il Black Friday).
Tutto ciò può essere amministrato facilmente, con il minimo impatto a livello di gestione, prestazioni o all’affidabilità dell’infrastruttura stessa.

Il data center virtuale: cos’è? Quando conviene?

Cosa virtualizzare?
Scegliere una infrastruttura VDC significa optare per un ambiente dove macchine e risorse sono virtuali, allocate secondo le specifiche necessità. Il virtual data center è in grado di fornire le risorse dell’infrastruttura IT necessarie a sostenere il business delle aziende. Una simile architettura offre RAM, storage e applicazioni direttamente all’utilizzatore finale e consente di creare e gestire in autonomia macchine virtuali, architetture e reti virtuali, anche complesse.

Ai molteplici vantaggi si aggiunge la possibilità, da parte delle imprese, di costruire il proprio VDC in modo totalmente autonomo, selezionando componenti e infrastrutture in funzione delle reali necessità. L’ambiente virtuale può dunque essere asservito a logiche di integrazione con sistemi on-premise, oppure essere abilitato per la gestione e lo sviluppo di altri ambienti, per la gestione di nuove linee di business o, per esempio, per dare spazio a sviluppatori e aree di test che devono necessariamente rimanere slegati dai processi standard di produzione.
In generale, si tratta di un servizio ideale per chi ha bisogno di performance elevate, di risorse garantite, e necessita di poterle ampliare senza troppe complicazioni.

Trasformare il data center aziendale in un’infrastruttura cloud flessibile è possibile virtualizzando i server in uso. Il processo consente di consolidare e irrobustire l’intero ecosistema, appoggiandosi a piattaforme evolute e di comprovata stabilità, come per esempio quelle offerte da VMware.
Non solo, adottando un’architettura Software-Defined Data Center completamente virtualizzata è possibile virtualizzare le risorse di rete, lo storage, oltre agli appliance di security. Ciò significa semplificare il provisioning delle risorse IT e delle applicazioni, ma anche automatizzare l’accesso alle risorse, con una conseguente ottimizzazione delle prestazioni, della capacità, per il raggiungimento della piena conformità.

Adottando un approccio Software-Defined è possibile estendere il concetto di virtualizzazione (per esempio tramite VMware vSphere) oltre il layer di elaborazione, includendo rete e storage. Per esempio, implementando VMware vSphere è possibile estendere la virtualizzazione ai servizi di storage e di rete, assicurando funzionalità automatizzate di provisioning e gestione basate su policy.

Così facendo, la configurazione e la gestione dei servizi di data center diventano più semplici, in un modo del tutto analogo a quanto avviene per le VM.
All’atto pratico, la virtualizzazione di un server consente un risparmio energetico e una vera ottimizzazione delle risorse (secondo VMware un server tradizionale sfrutta meno del 15% della propria capacità). Avviando un processo di virtualizzazione di macchine server, e dei rispettivi servizi, è possibile sfruttare al massimo CPU e memoria, componenti che vengono di fatto separati dall’hardware base, al fine di creare pool di risorse utilizzabili da tutti i processi che ne facciano richiesta. Così facendo, ogni applicazione virtualizzata e il relativo sistema operativo sono incapsulati in un container software isolato e separato; su ciascun server possono dunque essere eseguite contemporaneamente numerose macchine virtuali, per sfruttare quasi tutta la capacità hardware disponibile. In sintesi: grazie alla virtualizzazione, l’IT può raggiungere obiettivi decisamente superiori con costi notevolmente inferiori.