Alla fine del terzo trimestre 2018 gli analisti G DATA hanno rilevato 3,2 mln di nuove applicazioni dannose per Android: un incremento superiore al 40% anno su anno.
I cybercriminali concentrano l’attenzione sul mobile, specificamente sui sistemi Android, visto che a livello globale otto utenti su dieci scelgono smartphone con l’amato sistema operativo a fronte dei prezzi vantaggiosi. È per questo motivo che l’impiego di una security app assume un’importanza sempre maggiore.
Ogni giorno si contano circa 11.700 app dannose ai danni del popolare sistema operativo, una crescita che supera il 40% se rapportata al 2017. In nove mesi abbiamo già quasi raggiunto il volume di malware riscontrato nell’intero 2016. Il livello di criticità per Android ha segnato un nuovo picco. Non solo i malware risultano pericolosi ma anche l’assenza di aggiornamenti per gli smartphone.
A fronte di queste cifre è inevitabile domandarsi se Android è insicuro di per sé stesso. Dare una risposta al quesito non è proprio facile. Innanzitutto, vale la pena dare uno sguardo alle quote di mercato: circa l’80% di utenti smartphone ne possiedono uno dotato del sistema operativo Android. Ovviamente l’ampia diffusione è una diretta conseguenza del prezzo vantaggioso: sul mercato sono disponibili prodotti Android davvero validi a costi contenuti.
Per giudicare il livello di sicurezza garantito da Android non si può ignorare quanti vecchi smartphone sono ancora in circolazione. Motivo per cui già nel 2017, Google ha reagito rendendo possibile distribuire più rapidamente gli aggiornamenti di sicurezza grazie al Project Treble implementato dalla versione 8 di Android. Una misura utile ma di portata limitata, se si considera che, ad oltre un anno dal suo rilascio, Android 8 è attualmente installato su uno smartphone su cinque e che con una percentuale di diffusione pari allo 0,1% l’attuale release 9 (“Pie”) è praticamente assente.
Il segreto per una protezione migliore di smartphone e tablet risiede nella distribuzione rapida degli aggiornamenti di sicurezza. Secondo i ricercatori, anche i produttori dei dispositivi mobili dovrebbero dedicare maggior attenzione all’argomento, implementando processi qualitativamente superiori.
Anche il kernel Linux va urgentemente aggiornato. Greg Kroah-Hartman di Linux-Foundation conferma che, Google Pixel di nuova generazione a parte, non esiste alcun dispositivo Android dotato dell’attuale versione del kernel, cosa che espone gli smartphone e i tablet ad ulteriori attacchi: tutte le modifiche apportate al kernel sono visibili nel software open source, quindi gli aggressori devono soltanto leggere quali sono le vulnerabilità a cui gli sviluppatori del kernel hanno posto rimedio.
Anche la copertura mediatica riservata ad un particolare spyware per smartphone Android che copia svariate informazioni private e legge le chat di WhatsApp contribuisce alla generale incertezza. G DATA Internet Security Android riconosce la minaccia con il nome di Android.Trojan-Spy.Buhsam.A. Proprio perché gli smartphone, oggigiorno, contengono moltissimi dati privati, risulta essenziale dotare tali dispositivi di una soluzione di sicurezza per garantirne la protezione contro eventuali minacce.
In questo contesto, l’analista Google Maddie Stone ha riportato di un malware altamente ingegnerizzato che impiega risorse fuori dal comune per non essere riconosciuto dai sistemi automatizzati.
L’esperto di sicurezza Łukasz Siewierski ha parlato invece di una campagna di malware preinstallati negli smartphone Android: secondo i suoi ricercatori infatti, le applicazioni malevole sono state integrate già nella fase di sviluppo. Un tema noto, che G DATA aveva affrontato per la prima volta già nel 2014, e in occasione della conferenza Virus Bulletin del 2015.