L’indagine Cornerstone 2018 mostra un quadro purtroppo non sorprendente: è la resistenza culturale al cambiamento la principale sfida per le aziende italiane.
Cornerstone OnDemand, azienda leader nel software in ambiente cloud per la formazione e la gestione del capitale umano (HCM), conduce da anni un’importante e qualificata indagine europea, di cui ha condiviso i risultati per l’anno 2018; l’indagine, a livello europeo, è stata condotta in collaborazione con IDC, con il tema “Future Culture: costruire una cultura di innovazione nell’era della trasformazione digitale”.
L’indagine ha coinvolto oltre 1900 professionisti HR, responsabili IT e manager di linea in aziende con oltre 500 dipendenti, in 14 paesi europei fra cui il nostro; nello specifico del Bel Paese, i risultati sono (come di sovente ci accade) in chiaroscuro: in positivo, ad esempio, il dato relativo alle aziende che ancora non hanno iniziato un percorso di trasformazione digitale: sono fortunatamente solo il 7%, in discesa rispetto al 9% del 2017, e ormai in linea con gli altri Paesi europei. La resistenza culturale al cambiamento, per contraltare, risulta ancora essere il principale ostacolo al cambiamento, e ancora ci pone al primo posto in questa non ambita classifica.
Ancora, se da un lato in un solo anno si è praticamente dimezzata la percentuale di aziende che ritiene di non riuscire a trovare i talenti e le competenze necessarie nel mercato del lavoro (passando dal 26 al 14%), dall’altro la selezione risulta ancora poco in linea con i più evoluti sistemi di recruiting europei: infatti, se la media europea di aziende che si avvalgono di piattaforme di recruiting è del 48%, in Italia siamo solo al 37%, e un risultato di proporzioni analoghe riguarda la scelta di affidarsi ad agenzie di selezione: 30% la percentuale italiana, 43% la media europea.
Tendiamo anche ad essere meno orientati a considerare il problem solving come una skill importante durante il processo di selezione dei candidati; in Europa infatti è requisito essenziale per il 38% delle aziende, contro il 33% delle realtà italiane.
Un altro esempio di resistenza culturale è la scarsa propensione ad adottare programmi di onboarding per il personale neoassunto: mentre la media europea sfiora il 30%, il risultato italiano è un molto meno incoraggiante 13%, a riprova di quanto non sia facile innovare anche a livello HR, in Italia.
Federico Franchini, Regional Sales Director, Cornerstone OnDemand Italia, ha brillantemente riassunto quanto ipotizzato: se da un lato tutti concordano su quanto sia fondamentale l’innovazione, per sopravvivere in un mondo digitale in rapida e continua innovazione, dall’altro troppo spesso si fatica a tradurre l’innovazione come concetto astratto in qualcosa di concreto, per quanto attiene alla skill economy italiana.
È proprio la resistenza culturale al cambiamento, sottolinea Franchini, uno dei principali ostacoli; ad esempio la forte propensione verso forme di selezione interna, piuttosto che rivolgersi ad aziende specializzate o piattaforme di recruiting in grado di meglio identificare candidati esterni con competenze adeguate, ma anche nuove idee e mentalità innovativa.
Franchini, concludendo, ricorda che per innovare davvero, le direzioni HR italiane dovrebbero incoraggiare il cambiamento, coordinando la gestione dei talenti in tutti le fasi: dalla selezione, all’onboarding, dalla revisione delle performance allo sviluppo. Sarà il coordinamento di questi sforzi, ad aiutare le aziende a prevenire skill shortage futuri e a meglio pianificare i cambiamenti futuri, al tempo stesso aumentando sia la produttività che l’innovazione.