Gli esperti del Clusit mettono a fuoco l’evoluzione delle minacce e la netta accelerazione, in termini di volumi e complessità, registrata nel 2017.
La dodicesima edizione del Rapporto Clusit sulla sicurezza ICT evidenzia infatti un trend inarrestabile di crescita degli attacchi e dei danni conseguenti.
Sono stati 1.127 gli attacchi “gravi” registrati, ovvero con impatto significativo per le vittime in termini di perdite economiche, di danni alla reputazione, di diffusione di dati sensibili.
Di questi, il 21% è stato classificato dagli esperti Clusit di impatto “critico”.
In termini numerici, si assiste ad una crescita del 240% degli attacchi informatici rispetto al 2011, anno a cui risale la prima edizione del Rapporto Clusit, e del 7% rispetto al 2016; tuttavia, a preoccupare gli esperti, è il vero e proprio “cambiamento di fase” nel livello di cyber-insicurezza globale, con interferenze pesanti tanto nella geopolitica e nella finanza, quanto sui privati cittadini, vittime nel 2017 di crimini estorsivi su larghissima scala.
Andrea Zapparoli Manzoni, membro del Comitato Direttivo Clusit
Il 2017 è stato l’anno del trionfo del malware, degli attacchi industrializzati realizzati su scala planetaria contro bersagli multipli e della definitiva discesa in campo degli Stati come attori di minaccia. La situazione che emerge dalla nostra analisi è molto preoccupante perché questo scenario prefigura concretamente l’eventualità di attacchi con impatti sistemici molto gravi.
Il report evidenzia il Cybercrime (la cui finalità ultima è sottrarre informazioni, denaro, o entrambi), quale prima causa di attacchi gravi a livello mondiale (76% degli attacchi complessivi, in crescita del 14% rispetto al 2016); sono in netto aumento rispetto allo scorso anno gli attacchi sferrati con finalità di Information Warfare (la guerra delle informazioni, che segna +24%) e il Cyber Espionage (lo spionaggio con finalità geopolitiche o di tipo industriale, a cui va tra l’altro ricondotto il furto di proprietà intellettuale, che cresce del 46%).
Importanti le cifre in gioco: secondo gli esperti Clusit dal 2011 al 2017 i costi generati globalmente dalle sole attività del Cybercrime sono quintuplicati, arrivando a toccare quota 500 miliardi di dollari nel 2017. Lo scorso anno, truffe, estorsioni, furti di denaro e dati personali hanno colpito quasi un miliardo di persone nel mondo, causando ai soli privati cittadini una perdita stimata in 180 miliardi di dollari. Sono esclusi da questa quantificazione i danni causati dalle attività di Cyber Espionage e le conseguenze sistemiche generate dalle crescenti attività di Information Warfare, i cui impatti sono difficilmente calcolabili, ma sicuramente crescenti.
In questo contesto, il Rapporto Clusit 2018 introduce l’analisi dei “livelli di impatto” di ogni singolo attacco in termini geopolitici, sociali, economici, di immagine e di costo. Nel dettaglio, quasi l’80% degli attacchi realizzati per finalità di Espionage e oltre il 70% di quelli imputabili all’Information Warfare sono stati classificati di livello “critico”; le attività riconducibili al cybercrime sono state invece caratterizzate prevalentemente da un impatto di tipo “medio”, dovuto presumibilmente alla necessità degli attaccanti di mantenere un profilo relativamente basso, per guadagnare sui “grandi numeri” senza attirare troppa attenzione.
Una novità, nel 2017, è rappresentata dalla tipologia e distribuzione delle vittime: è infatti la categoria dei “Multiple Targets ” la più colpita: rispetto al 2016 si evidenzia un incremento a tre cifre, pari al 353%, a conferma del fatto che nessuno può ritenersi escluso dall’essere un obiettivo e che gli attaccanti sono sempre più aggressivi, potendo contare su logiche e mezzi industriali e prescindendo sempre più da limiti territoriali e tipologia di bersaglio per massimizzare il danno inflitto alle vittime e/o il proprio risultato economico.
Sono cresciuti significativamente nel 2017 rispetto all’anno precedente anche gli attacchi nel settore Research / Education (+29%), Software / Hardware Vendors (+21%), Banking & Finance (+11%) e Healthcare (+10%).
È il malware prodotto industrialmente e a costi sempre decrescenti il principale vettore di attacco nel 2017, in crescita del 95% rispetto al 2016 (quando già si era registrato un incremento del 116% rispetto all’anno precedente). A questo dato va sommata la crescita della categoria “Multiple Threats / APT” (+6%), che include attacchi più articolati e sofisticati, (quasi sempre basati anche sull’utilizzo di malware). Seguono, a testimonianza della logica sempre più “industriale” degli attaccanti, gli attacchi sferrati con tecniche di Phishing / Social Engineering su larga scala (+34%).
Alla luce dei dati analizzati dal Clusit, nel 2017 gli attacchi gravi sono stati compiuti nella maggioranza dei casi (68%) con tecniche banali, come SQLi, DDoS, Vulnerabilità note, Phishing, malware “semplice”: questo trend è in crescita di 12 punti percentuali rispetto al 2016. Significa, secondo gli esperti Clusit, che gli attaccanti realizzano attacchi di successo contro le loro vittime con relativa semplicità, a costi sempre minori.
In decisa crescita anche l’utilizzo di malware specifico per attacchi alle piattaforme mobile, che rappresenta ormai quasi il 20% del malware totale.
Sulla base delle cifre in gioco a livello globale, gli esperti Clusit stimano che l’Italia nel 2016 abbia subito danni derivanti da attività di cyber crimine per quasi 10 miliardi di euro: si tratta di un valore dieci volte superiore a quello degli attuali investimenti in sicurezza informatica, che arrivano oggi a sfiorare il miliardo di euro.