Gordon Haff, technology evangelist di Red Hat, mette a fuoco le analogie tra cloud privato e cloud ibrido, tracciando una linea di demarcazione tra le piattaforme.
L’infrastruttura esistente è stata progettata per far fronte a una domanda relativamente prevedibile e a lenta crescita. Ma oggi clienti, partner e dipendenti chiedono nuovi servizi, più rapidamente, su una gamma di dispositivi sempre più ampia e resa ancora più estesa dall’avvento del’Internet-of-Things.
I volumi di dati sono spesso troppo grandi per essere archiviati e analizzati efficacemente con le tecniche tradizionali. Spesso non sono strutturati e quelli non utilizzati possono avere un ROI negativo.
Non sorprende che questa discrepanza possa creare problemi. Le applicazioni necessarie per soddisfare le aspettative dei clienti richiedono troppo tempo ed è difficile gestire la proliferazione di macchine virtuali e storage.
Scalare potrebbe non funzionare o non bastare più né per i sistemi, né per lo storage. Piuttosto, il ridimensionamento avvalendosi del software sta diventando una necessità. In altre parole, l’IT deve cambiare radicalmente il suo approccio all’infrastruttura.
Aprirsi al cloud ibrido – È qui che entra in gioco il cloud. I fornitori di servizi public cloud hanno stabilito un nuovo punto di riferimento per i reparti IT interni. Avviare un’istanza di cloud pubblico richiede pochi minuti, mentre servono più settimane per ottenere la stessa risorsa dall’IT. Queste aspettative sono ulteriormente alimentate dall’esperienza che tutti abbiamo come consumatori. Ci aspettiamo che le applicazioni siano coinvolgenti e interattive, accessibili da tutti i nostri dispositivi, sempre e ovunque, e con nuove caratteristiche e funzionalità offerte con i tempi di Internet, non quelli del software aziendale.
Una vasta gamma di organizzazioni utilizza cloud pubblici. Ma la maggior parte vuole anche mantenere i sistemi sotto un controllo diretto per avere maggiore visibilità e possibilità di gestione. Alcuni workload e storage potrebbero essere meno onerosi in modalità on-premise. La possibilità di personalizzare e co-localizzare può anche semplificare l’integrazione con applicazioni e datastore esistenti. E le preoccupazioni relative a conformità e governance, in particolare per le applicazioni mission-critical in produzione o quelle che riguardano dati sensibili, devono sempre essere prese in considerazione.
Cloud privato nel cloud ibrido – Anche la connotazione dell’hybrid cloud è diventata meno netta. L’ibrido si concentrava principalmente sul trasferimento rapido di workload, anche in tempo reale, da un cloud privato a un cloud pubblico (“cloudbursting”). Oggi comprende la portabilità di workload e dati o la diversità in senso più ampio. Questo, a sua volta, conduce a temi quali container, gestione e il modo migliore per implementare il private cloud all’interno di un insieme più ampio di infrastrutture e servizi IT.
Le implementazioni del cloud privato spesso si svolgono parallelamente a progetti di ottimizzazione IT, come la creazione di ambienti operativi standard (SOE), la messa a punto e la modernizzazione dei footprint di virtualizzazione esistenti e il miglioramento della gestione e dell’integrazione tra infrastrutture eterogenee che si svolgono nel contesto di progetti di architettura applicativa, processi di sviluppo e integrazione.
Tecnologie Iaas (Infrastructure-as-a-Service), container platform e gestione cloud sono cruciali come base per la messa a punto di un cloud privato in grado di migliorare la capacità di un’organizzazione di soddisfare più rapidamente le necessità di utenti interni ed esterni.