Digital Italy 2017 e TIG: il punto sull’innovazione in Italia

Digital Italy 2017 e TIG: il punto sull'innovazione in Italia

Il Rapporto annuale Digital Italy di The Innovation Group fa il punto sull’innovazione digitale nel nostro Paese nel 2017.

Nel corso della giornata di apertura di DIGITAL ITALY SUMMIT 2017, Roberto Masiero, Presidente di The Innovation Group (TIG), ha presentato il Rapporto annuale DIGITAL ITALY 2017: Il Digitale e la forza del nostro Paese, delle sue Imprese e dei suoi Territori, realizzato per studiare le possibili direttrici dell’innovazione per il Paese, valorizzando l’importanza del digitale in questo processo.

Per il 2017, TIG ha stimato che il mercato italiano dell’Information & Communication Technology sia pari a 55,1 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 2,4% rispetto all’anno precedente. In particolare, crescono sia il mercato IT (+3,8%) sia il mercato delle TLC (+1,6%): da un lato, infatti, il mercato dell’Information Technology – con un valore stimato nel 2017 di 20,9 miliardi di euro – è trainato dalla crescita delle componenti più innovative, dal cloud computing (circa 1,8 miliardi, +16,4% rispetto al 2016) alle soluzioni di Business Intelligence e Business Analytics (pari a 779 milioni, +9,6%); dall’altro, il mercato TLC – pari a 34,2 miliardi – cresce in particolare sulla spinta degli investimenti nelle reti NGA (Next Generation Access), che compensano ampiamente il calo nella spesa per servizi voce e dati (fissi e mobili).

The Innovation Group evidenzia inoltre che le aziende italiane stanno rivolgendo la propria attenzione anche verso tecnologie più di “frontiera” rispetto al processo complessivo di trasformazione digitale. In particolare, stanno sviluppando progetti – per il 2017 – in ambito big data, customer experience multicanale e IoT. Trend tecnologici come lo smart manufacturing, ovvero la diffusione di tecnologie digitali nel settore manifatturiero, all’interno delle fabbriche e lungo tutta la filiera produttiva, l’e-commerce, con un modello di go-to-market (diretto o mediato) delle imprese sempre più necessario in un contesto globalizzato, e l’open innovation, ossia l’apertura del processo di innovazione delle aziende verso realtà esterne come start up, centri ricerche e università, sono sempre più strategici nel potenziamento della capacità competitiva delle imprese italiane.

Roberto Masiero, Presidente, The Innovation Group
Il digitale abilita una nuova visione e un nuovo modello di Italia, più efficiente, più competitivo, più vicino ai cittadini e ai loro bisogni. Occorre sviluppare il prima possibile un progetto di “Italia Digitale”, un piano condiviso tra tutti gli attori economici, sociali e dell’innovazione del Paese, fondato sulla forza delle nostre imprese e dei nostri territori, che promuova un’azione rapida verso un obiettivo comune: diffondere le migliori pratiche di innovazione digitale per sviluppare un “modello italiano per la crescita”. Esso non deve necessariamente tendere a riproporre ricette e rimedi ripresi da altri Paesi, ma deve saper capitalizzare le esperienze, le tradizioni e ciò che di buono c’è all’interno dei confini italiani per capire alla fine quale strada intraprendere. Occorre sviluppare un “modello di politica per l’innovazione digitale” che sia orizzontale rispetto alle esigenze del Paese nel suo complesso, che riesca a tenere conto della complessità e del potenziale di scelte che l’innovazione digitale offre al Paese, alle sue istituzioni, alle imprese e ai cittadini. Vi sono ancora alcuni ostacoli all’attuazione di un’Italia digitale: è un progetto che passa inevitabilmente da una nuova cultura e da un nuovo modo di pensare il digitale, che vede quest’ultimo come strumento per fare innovazione e non come innovazione in sé. Il rapporto Digital Italy 2017 aiuta a identificare i passi fondamentali per portare avanti questa iniziativa. Il primo e il più importante è quello di (ri)affermare la centralità del cittadino nel processo di trasformazione digitale del Paese e nelle sue tre dimensioni produttiva, sociale e pubblica; valorizzarlo significa consentire a queste tre dimensioni di svilupparsi in parallelo, armonicamente. Occorre poi valutare l’opportunità di definire un sistema di governance dell’innovazione: un organo centrale con una visione complessiva dello sviluppo del Sistema Paese può supportare l’innovazione dei territori, oppure finirebbe per ostacolarli? Se si opta per la prima via, occorre trovare un modo per superare complessità e frammentazioni, coinvolgendo tanto il pubblico che il privato, componenti fondamentali per lo sviluppo dei nuovi ecosistemi digitali. Ecosistemi che hanno però bisogno di competenze adeguate. Svilupparle non è un compito facile, perché l’innovazione tecnologica procede a ritmi incredibilmente serrati: conoscenze oggi preziose potrebbero diventare superate nel giro di pochi mesi. Occorre quindi valorizzare i nativi digitali e al tempo stesso facilitare il riallineamento delle professionalità ormai obsolete. La sfida della formazione chiude il cerchio, riportandoci al punto di partenza: la centralità dell’elemento umano nel processo di trasformazione digitale.