Intervistiamo Roberta Viglione, presidente e AD di Mauden, che ci illustra gli sviluppi delle soluzioni proposte dalla società: Bou-Tech, Get e Get in Touch.
– Mauden è nata trent’anni fa come società di brokeraggio di sistemi, poi è diventata un system integrator per approdare oggi al cognitive computing e all’IA. Qual è stato il punto di svolta?
Non c’è stato un vero e proprio punto di svolta ma un cambiamento continuo.
Quando Mauden è nata la tecnologia era hardware arricchita da applicazioni software, che a parte il database, erano sviluppare da software house locali che conoscevano le esigenze dei clienti, non c’era l’abitudine al CRM e all’utilizzo del dato.
All’epoca lavoravamo con la tecnologia del momento, poi c’è stata una rapida trasformazione segnata dal cloud, dalla rete, dai social e questo ci ha portato naturalmente a pensare a un’evoluzione della nostra offerta semplicemente per non vedere scritta la parola fine alla vita dell’azienda. Come il data center si è trasformato anche l’azienda doveva trasformarsi, per utilizzare l’intelligenza aumentata e il cognitive computing per modernizzare i nostri servizi tradizionali, per i quali in alcune situazioni l’uso del cognitive sostituisce la necessità di avere un operatore, non tanto per eliminarlo ma per far fare a queste persone attività di maggior valore. Non c’è stato un momento preciso ma una volontà e una continuità per rimanere un’azienda rilevante con qualcosa da raccontare al cliente che ormai è difficile interessare parlandogli solo di prodotti hardware e software.
– Siete stati competenti e abili nel seguire l’evoluzione della tecnologia e nel muovervi conseguentemente.
Quello che Mauden offre lo prova innanzitutto al suo interno. Noi sentiamo la necessità di semplificare e modernizzare, di avere un maggior controllo sui dati e su quello che fanno i nostri clienti. Queste esigenze le abbiamo noi e le hanno i nostri clienti e di conseguenza il vantaggio di cui godiamo quando queste nuove tecnologie possiamo trasferirlo ai clienti.
– Immagino che questo vi abbia aperto l’accesso a nuovi mercati.
Certamente, il nostro cambiamento ci ha aperto tanti nuovi mercati.
Noi raggruppiamo i mercati in quattro grandi famiglie, finance, PA (Pubblica Amministrazione), commercial ed enterprise. Mauden fa il 47% del giro d’affari sul finance, che sembra tantissimo ma va tenuto conto che fino a pochi anni fa era il 75% e addirittura l’80%. Per chiarire, non vogliamo allontanarci dal finance ma l’obiettivo è quello di mantenere stabile il valore assoluto nel finance, o in leggera crescita, considerati i problemi che oggi hanno alcuni istituti che porta anche a una riduzione di questi clienti.
Mantenere il valore assoluto è importante e se si riduce la percentuale vuol dire che cresce tutto il resto. La PA la identifichiamo in maniere chiara perché le gare comportano una metodologia di approccio che è diversa dal resto del mercato che a sua volta dividiamo in due considerando la dimensione di azienda.
I settori industriali sono gli stessi ma distinti tra commercial, vale a dire dalla media impresa in giù, ed enterprise in base alla dimensione d’azienda e alla capacità di spesa informatica.
Perché questa divisione che può sembrare sommaria e superficiale? Perché noi nasciamo come società tecnologica, non abbiamo mai avuto soluzioni per specifici settori, ci siamo sempre occupati di data center e di tecnologia e anche l’approccio al mondo dl cognitive e dell’intelligenza artificiale o aumentata, del digitale e del mobile, parte dall’integrazione e dalla tecnologia e non dalla soluzione per industria.
Questo ci ha portato nuovi mercati, nei quali abbiamo iniziato a operare negli ultimi due anni in modo sempre più consistente, come distribuzione, luxury, automotive, fashion.
Da quando abbiamo aperto Bou-Tek, questo laboratorio è foriero di nuovi contatti.
Le novità sono state rese possibili dal nostro approccio al cognitive computing, al mobile, al digitale e ai big data. D’altra parte punto centrale dell’attività di Mauden da sempre, da quando eravamo un broker, è il mondo dei dati, prima solo come infrastruttura, l’hardware su cui giravano i dati. Poi siamo passati a offrire software per il data management e poi ci siamo avvicinai ai big data e a quei clienti che sono molto vicini ai consumatori. Questo ci ha consentito di cambiare linguaggio nel nostro mondo tradizionale del finance, perché alla fine abbiamo capito che anche il modo finance guarda all’utente finale.
– Vi muovete su mercati esteri?
Non abbiano una rete commerciale che opera sull’estero ma vendiamo all’estero quando un nostro cliente ha una sede fuori dall’Italia, come banche, produttori dell’alimentare, aziende del fashion, e in questi casi gestiamo la vendita e il servizio all’estero ma partendo da una trattativa originata in Italia.
– Come è nato Bou-Tek, qual è l’idea da cui siete partiti?
L’idea è nata perché i clienti ci chiedevano sempre più informazioni sulla digital transformation, la domanda veniva dall’IT dei nostri clienti perché in quel momento di loro noi conoscevamo solamente il modo dell’information technology.
Il marketing e il business non erano parte dei nostri contatti perché non rientravano nella nostra offerta, però sempre più spesso le persone dell’IT consideravano la digital transformation, che veniva richiesta dai loro colleghi o dai piani alti, come un mezzo mal di pancia.
Vedevano gli investimenti che il marketing faceva nel digital come una grana da dover gestire.
Allora mi sono detta “Proviamo a studiare anche questa realtà e cerchiamo di creare un’offerta e realizzare una location che sia anche un laboratorio che ci consenta di sviluppare la capacità di parlare il linguaggio del marketing e del business oltre a quello del mondo IT.”
Da lì abbiamo cominciato a guardarci attorno a noi, a vedere cosa succedeva all’estero, abbiamo assunto persone con profili professionali che non avevamo al nostro interno, provenienti dalla consulenza, della grafica e della comunicazione. Anche di età differenti, perché il mondo del data center è un po’ anziano come età. Abbiamo sentito e fatto nostra l’esigenza dei nostri clienti di essere aiutati a comprendere la problematica e di essere di spinta e di supporto al marketing e al business della loro azienda.
Abbiamo voluto creare questo laboratorio dove all’inizio abbiamo preso tecnologie hardware come schermi multitouch, tavolette digitali, telecamere, beacon, totem, per il software ci siamo rivolti anche a piccole realtà, per il riconoscimento facciale, sentiment analysis, controllo del movimento, e abbiamo proposto ai nostri clienti di venire a vedere cosa c’era, cosa si poteva realizzare personalizzando soluzioni già presenti.
Poi abbiamo sentito l’esigenza di avere una regia, un unico punto di controllo per gestire i contenuti, e abbiamo chiesto a menti giovani ed effervescenti di realizzare una piattaforma di regia.
In realtà hanno fatto molto di più, ci hanno dato la piattaforma che ci serviva per gestire i contenuti e hanno creato qualcosa di più completo, che continua ad aggiornarsi mano a mano che vengono rilasciare nuove funzioni da Bluemix, Watson e anche da Azure.
Bou-Tek è uno spazio meraviglioso, molto bello anche come location e sotto il profilo architetturale.
– È una sorta di laboratorio pubblico?
Sì, è un laboratorio aperto, pubblico, dove organizziamo anche workshop e dove i clienti possono pescare idee e soluzioni.