Digitalizzazione, intervista a Erica Langhi di Red Hat

Digitalizzazione, intervista a Erica Langhi di Red Hat

Intervistiamo Erica Langhi, Senior Solution Architect EMEA di Red Hat, per parlare di trasformazione digitale, agile business, middleware e cloud.

– In alcuni ambienti la trasformazione digitale viene interpretata come una forzatura. Quali sono, a suo giudizio, i vantaggi preponderanti di un approccio digitale?
La trasformazione digitale è senza dubbio la buzzword del momento. Ma non è solo moda: è sostenuta da una realtà estremamente concreta. Nuove imprese a forte connotazione digitale come Uber e Airbnb stanno trasformando settori tradizionali come trasporto e hospitality, e in generare in tutti i mercati le aziende tradizionali devono confrontarsi con nuove realtà, che fanno un uso avanzato della tecnologia digitale.
Possiamo anche discutere del fatto che la trasformazione digitale del business sia diventata una necessità. È spinta da cambiamenti sostanziali attorno a noi – dalle aspettative di clienti e dipendenti, a uno scenario particolarmente competitivo, con l’unica costante rappresentata da una forte innovazione.
Per questo motivo, vediamo la trasformazione digitale come un imperativo strategico per le aziende in tutti i settori. Tocca aree chiave come la modernizzazione delle infrastrutture di base, lo sfruttamento di funzionalità cloud, l’utilizzo dei big data, lo sviluppo e l’erogazione di applicazioni in modo più che mai veloce, e la scoperta di nuovi modelli di business grazie all’Internet of Things (IoT).
Un recente studio di Harvard Business Review, commissionato da Red Hat, ha mostrato come i leader digitali abbiano più probabilità di incrementare i loro ricavi di oltre il 10%, con un margine di profitto superiore alle medie del mercato. Il middleware permette di connettere tra loro vecchie e nuove tecnologie in modo sicuro e fruttuoso, in modo che le organizzazioni possano manutenere correttamente le applicazioni esistenti pur sfruttando i vantaggi di nuove architetture e strumenti agili.
Per ottenere risultati ottimali, un’azienda può dover ripensare l’architettura software esistente, le tecnologie, le metodologie di sviluppo, i processi aziendali ei ruoli e le responsabilità. È utile ricordare che la scelta del digitale è strategica, non tattica, e che per questo dovrebbe coinvolgere un cambiamento culturale e tecnologico durevole.
La buona notizia è che la trasformazione digitale non deve per forza essere rivoluzionaria o dirompente, può essere evolutiva, incrementale e iterativa.

– La trasformazione digitale è un processo ormai in atto e incontrovertibile, spesso però le aziende faticano ad abbracciare questa filosofia. Come Red Hat, quali sono gli strumenti e i servizi più rilevanti che offrite alle aziende che “stanno cambiando pelle”?
Per essere preparati al cambiamento necessario in una trasformazione digitale, le aziende cercano di far evolvere la loro tecnologia, il loro modello organizzativo e i processi di interazione tra persone e tecnologie. Tuttavia, la presenza di numerosi e differenti cloud pubblici, infrastrutture ibride e sistemi legacy, accanto ad applicazioni cloud-native e alle richieste sempre più pressanti che arrivano dagli utenti finali, può creare una complessità ancora superiore. Red Hat si pone all’avanguardia nella lotta contro questa complessità con tecnologie omogenee, aperte e innovative.
L’omogeneità che Red Hat offre, dal backbone enterprise di Red Hat Enterprise Linux agli standard aperti adottati da Red Hat OpenShift Container Platform, fino all’automazione standard di Ansible by Red Hat, consente alle aziende di concentrarsi sui fattori di differenziazione: le loro applicazioni. Aggiungendo innovazione aperta a una base tecnologica solida e coerente, le imprese sono in grado di offrire le applicazioni e i servizi che li differenziano dai concorrenti. E, cosa ancor più importante, possono renderle disponibili su tutti e quattro i possibili footprint, oltre che su più cloud differenti, senza dover cadere vittime di una eccessiva complessità.

– Il middleware di integrazione di Red Hat consente ai clienti di costruire micro-servizi e app pronte per il cloud, quali i pregi distintivi di questa soluzione?
Via via che le organizzazioni cercano di modernizzare i loro ambienti applicativi, una considerazione fondamentale è la capacità di mettere in comunicazione le tecnologie nuove e quelle legacy in modo sicuro e produttivo. Ovvero, manutenere in modo efficiente le applicazioni esistenti e al tempo stesso ottenere i vantaggi promessi da nuovi strumenti e architetture e agili.
Gran parte della risposta alla domanda di integrazione sta nel middleware. È la tecnologia che non si vede, che opera per risolvere dietro le quinte problemi diversi e complessi, in sistemi quali prenotazioni alberghiere, biglietterie elettroniche e rilevazione di frodi sulle carte di pagamento. Le tecnologie middleware possono integrare questi sistemi e condividere dati distribuiti su più applicazioni e processi. Esse consentono inoltre agli utenti di elaborare processi e regole automatizzati che aiutano un’organizzazione a rispondere rapidamente a condizioni tipicamente mutevoli. Riorganizzando il back end, oltre a fornire una piattaforma per la creazione di applicazioni, il middleware di integrazione può contribuire ad accelerare l’erogazione di nuovi servizi a clienti e dipendenti. E consente all’azienda di farlo in modo indipendente da ambiente e dispositivo, fornendo la flessibilità di poter implementare applicazioni on-premise, nel cloud o in una qualsiasi combinazione dei due, coprendo la varietà di dispositivi critica per le organizzazioni odierne.
Il più recente Summit di Red Hat ha visto l’azienda presentare numerose nuove soluzioni in questo ambito. Gli annunci hanno riguardato una serie di temi caldi sul mercato, tra cui container, sviluppo rapido delle applicazioni, virtualizzazione dello storage e cloud computing. Come per altri annunci nel suo recente passato, l’azienda integra diversi progetti open source per creare prodotti software di livello commerciale, pensati per fornire un ambiente di elaborazione aziendale affidabile, di semplice utilizzo e manutenzione.

– I programmi e le strutture middleware sono quelle sottoposte a maggiore “trasformazione”, quali aspetti valutare durante il processo? Quali vantaggi aspettarsi?
La tecnologia middleware è pensata per portare flessibilità di business e consentire agilità futura, relativamente a dati e sistemi. Il middleware si colloca sopra il sistema operativo e, in quanto tale, può integrare in modo semplice ed efficace i sistemi e condividere o trasferire dati distribuiti tra più applicazioni e processi, cosa che si sposa molto bene con la necessità da parte delle aziende di ottenere vantaggi da applicazioni di nuiova generazione, utilizzando soluzioni come microservizi e container.
Il middleware offre agli utenti regole e processi di business automatizzati – e può farlo in modo indipendente dalle tecnologie interessate, nuove o esistenti, aiutando di fatto le aziende a rispondere in modo rapido a condizioni che variano.
Come esempio, per uno spedizioniere importante come Hermes, il middleware di integrazione permette una raccolta migliore delle informazioni di consegna presso i clienti – un processo manuale di due ore per la raccolta dei dati e il loro invio alle applicazioni web rivolte al cliente è stato reso automatico e ridotto a 60 secondi.

– Uno strato middleware ben organizzato consente di ottimizzare lo sviluppo delle applicazioni e di approfittare delle enormi opportunità offerte in ambito Big Data. Come si concretizza tutto questo?
Oggi, estrarre valore reale dai dati è un aspetto critico per ogni azienda . Un valore che le organizzazioni possono usare per ridurre i costi, per operare in modo più efficiente, e trovare nuovi modi di generare utili. Ma prima di andare alla ricerca delle informazioni utili al business, è necessario poter accedere ai dati in arrivo dalle differenti fonti possibili in modo accurato, sicuro e veloce. Ma come? Con una base tecnologica in grado di integrare più fonti di dati e di poter trasferire workload tra scenari on-premise e cloud. Questo comporta il fatto di trattare i dati meno come un magazzino statico, e più come un tessuto connettivo dinamico.
Gli approcci tradizionali all’integrazione portano con sé il costo e le complessità tipicamente associati con le tecniche di data warehouse e data pipeline (i tradizionali processi ETL – extract, transform, load). Comunque, con un data fabric, le organizzazioni possono ottenere immediate funzionalità di elaborazione che possono riunire dati provenienti da fonti differenti, aggiungere con semplicità fonti ulteriori dimenticandosi di fatto dei silo tradizionali. Ancora, possono pensare di utilizzare tecnologie middleware per fare tutto ciò, sotto forma di tecnologie di data virtualization.
La data virtualization può essere usata per implementare un layer di accesso dai dati, che raccoglie i dati sottostanti e li prepara agli strumenti di analisi. In questo modo, le organizzazioni possono raggiungere livelli superiori di produttività ed efficienza, estraendo dati dai silo e ottenendo informazioni realmente unificate alla velocità stessa del business. Come risultato, team di business intelligence dotati degli strumenti giusti possono ricercare questi dati e ottenere informazioni che possono portare grande valore al business e all’esperienza offerta ai clienti.
Per come la vedo, le tecnologie middleware sono fondamentali per un’architettura moderna, e le organizzazioni che ne riconoscono il valore strategico potranno ottenere un significativo vantaggio di partenza nel loro percorso verso la digitalizzazione.