Alessandro Colasanti, Responsabile SAM di SoftwareONE e Gabriele Faggioli, legale e Adjunct Professor, MIP-Politecnico di Milano, analizzano le opportunità offerte dai software usati.
Il mercato del software usato in Italia vive oggi una fase di rinascita, grazie alla diffusione anche nel nostro Paese delle normative europee che regolano queste transazioni da parte dei possessori di licenze usate o dei potenziali acquirenti.
Fino ad oggi, infatti, la difficoltà principale era rappresentata dalla legalità dell’operazione, ma a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che si è espressa sul tema della protezione del software, dichiarando legittima la compravendita di licenze d’uso già possedute da soggetti terzi rispetto al produttore, il mercato si è aperto a nuovi sviluppi.
Le previsioni sono ottimistiche e indicano che questo mercato guiderà nei prossimi anni una vera e propria trasformazione del mondo del software proprietario, consentendo alle aziende di estrarre valore dalle immobilizzazioni software e, al contempo, risparmiare sull’acquisto delle licenze.
Certo siamo ancora agli albori, e la situazione appare estremamente frammentata. Secondo una ricerca promossa dall’Aused in collaborazione con l’Osservatorio Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, su un campione di oltre 300 imprese nel nostro paese, solo l’1% delle aziende ha acquistato software usato e un modesto 3% ha preso in considerazione questo mercato.
La percentuale delle aziende che non hanno mai valutato la possibilità di vendere il software usato è ancora maggiore e raggiunge quasi all’80%.
Nonostante una crescente sensibilità verso i risparmi consistenti legati all’acquisto delle licenze usate e ai benefici che questo comporta, come, ad esempio, la possibilità di accedere, a parità di costo, a prodotti software di gamma più alta rispetto a quelli alla portata della capacità di spesa del cliente, permane attualmente una scarsa conoscenza delle normative che regolano il settore. Oltre il 66% degli intervistati nella ricerca sopra citata, ad esempio, dice di non aver ancora valutato la possibilità di avvalersi di tale opportunità in quanto scoraggiata dalla scarsa chiarezza degli aspetti giuridici e dal timore di ritorsioni da parte dei vendor software.
È evidente come la nascita del mercato del software usato ponga le aziende davanti a un orizzonte di scelta molto più amplio del passato, che comporta questioni giuridiche e gestionali mai affrontate in precedenza.
Converrà acquistare l’usato, acquistare il nuovo per avere un supporto a lungo termine, oppure scegliere nuove modalità nel cloud che implicano spesso il noleggio invece che la proprietà?
Per le aziende decidere quale sia la strada migliore non è sempre facile. Non si tratta, infatti, solo di fare la scelta più economica del momento ma anche di non incorrere nel rischio di penalizzare la propria infrastruttura a lungo termine, a discapito dell’innovazione e quindi anche della possibilità di affrontare le sfide che il mercato presenterà loro negli anni a venire.
A fronte di tale complessità emerge un messaggio chiaro: è necessario avvalersi di una figura di intermediazione, un professionista esperto nel mondo del software, che comprenda a fondo tutte le dinamiche del licensing, dagli aspetti legali, alle politiche dei vendor, e che sappia promuovere una gestione completa dell’interno ciclo di vita delle licenze.
Dal punto di vista legale, ad esempio, abbracciare il mondo delle licenze usate comporta passaggi fondamentali come: verificare la provenienza delle licenze, chiedendo una copia del contratto di acquisto e di eventuale altra documentazione disponibile, chiedere copia della dichiarazione di disinstallazione dei prodotti da parte del titolare delle licenze e richiedere copia della comunicazione di notifica dell’avvenuto trasferimento dei diritti d’uso.
In conclusione, è necessario avviare una governance del software perché quest’ultimo non è semplicemente un bene che si acquista, usato o non, ma è un asset fondamentale dell’infrastruttura IT, che deve essere gestito, sottoscritto e rinnovato.
Il supporto dei professionisti del software consentirà di ottenere comportamenti più chiari, maggiori garanzie per i clienti, attenuare i rischi anche in termini di sicurezza e garantire quindi risparmi consistenti nel tempo.
Il segreto è sempre porre al centro della propria attenzione l’azienda-cliente con le sue reali necessità e aiutarla a conciliare le esigenze di business con l’innovazione tecnologica. Solo a partire da un’analisi concreta e completa dello stato attuale del patrimonio software dell’organizzazione e delle sue esigenze di business è possibile avviare quel processo di trasformazione digitale e di rinnovamento dell’infrastruttura di cui il software rappresenta ancora una delle principali leve.