Verizon suggerisce venti termini da conoscere per avere una conoscenza essenziale del fenomeno cloud, una tecnologia semplice ma al tempo stesso difficile da comprendere.
Fondamentalmente, il cloud è un mezzo di distribuzione e hosting di contenuti, applicazioni, storage e altro ancora. In modo simile a quanto fatto con CD o floppy disk, utilizzati in passato per il trasporto di dati e software, la tecnologia cloud sta diventando oggi il mezzo virtuale scelto da imprese e consumatori per lo storage e la distribuzione di contenuti.
Tuttavia, la tecnologia e le infrastrutture che sono alla base del cloud sono molto più elaborate e possono generare facilmente confusione. L’obiettivo di questo glossario è cercare di semplificare la complessità che c’è dietro la terminologia legata al cloud, sperando di chiarire qualunque dubbio sul tema.
Application Performance Management (APM) — la procedura di monitoraggio della disponibilità di applicazioni software per determinare la velocità con la quale queste forniscono informazioni o completano transazioni verso l’utente finale, all’interno di una rete specifica o di un’infrastruttura web-based.
Application Program Interface (API) – una connessione programmatica tra un’applicazione e la piattaforma cloud. Consente all’applicazione di apportare modifiche all’infrastruttura cloud quasi in tempo reale, senza più la necessità per l’utente di modificare le configurazioni manualmente mediante una console cloud.
BYOL – acronimo di Bring-Your-Own-License. Il BYOL permette alle aziende di mantenere la propria licenza in essere con uno specifico software vendor pur spostando l’applicazione nel cloud.
Cloud Application Management for Platforms (CAMP) — si tratta di una specifica progettata per la gestione semplificata delle applicazioni, compreso packaging e deployment attraverso piattaforme di cloud-computing pubbliche e private.
Cloud ibrido – combinazione della tradizionale infrastruttura IT on-premise con il cloud pubblico e/o privato. Alcune applicazioni e alcuni dati rimangono all’interno dell’azienda (nel data center proprietario, protetto da firewall), mentre altri sono archiviati nel data centre del cloud provider (in un’infrastruttura cloud pubblica o privata). Inoltre, il termine cloud ibrido può essere utilizzato quando si parla di ambienti IT che incorporano più piattaforme cloud di diversi fornitori.
Cloud privato – il provider fornisce tutto l’hardware e il software che, protetto da un firewall, è localizzato nel data centre del provider o in quello dell’azienda. Il provider offre networking dedicato e virtual machine all’azienda utilizzando principalmente reti private IP, come ad esempio nella soluzione Verizon’s Secure Cloud Interconnect. Questo modello ha inizialmente un costo più alto, in quanto, a differenza di un modello pubblico, le risorse non sono condivise. In questo modo, è possibile assicurare maggiore sicurezza, affidabilità e flessibilità.
Cloud pubblico – tutto l’hardware e il software si trovano presso il data centre del provider, dove sono memorizzati i dati aziendali. Gli utenti accedono ai dati via Internet, mentre per l’azienda non c’è più la necessità di acquistare e mantenere un’infrastruttura on-premise hardware e software potenzialmente costosa. I provider possono offrire scalabilità e accessibilità in genere più veloce grazie alla loro infrastruttura e competenza. Tuttavia, le stesse risorse hardware e software sono condivise con più organizzazioni. Questo può sollevare preoccupazioni per le operazioni aziendali sensibili in termini di sicurezza dei dati, affidabilità e flessibilità operativa.
Colocation – i server e i dispositivi fisici di un’azienda sono ospitati all’interno dei data center del cloud provider. In questo modo, si sfrutta l’infrastruttura, l’esperienza, la sicurezza e molti altri vantaggi che si possono ottenere collocando le attrezzature all’interno di un data centre professionale.
Content Delivery Network (CDN) — una serie di dispositivi geograficamente distribuiti che ha in cache lo stesso contenuto destinato ai browser web. Una volta ricevuta la domanda di un contenuto, viene identificato in modo dinamico il server in grado di fornire quanto richiesto più rapidamente ed efficacemente. Questo aiuta a migliorare l’esperienza dell’utente finale e riduce potenzialmente l’infrastruttura di rete necessaria per avere una presenza sul web nazionale o globale. Inoltre, diminuisce la necessità di investimenti.
Data Center – si intende sia il luogo fisico in cui avvengono le operazioni dell’IT provider, che i diversi apparati nei quali vengono memorizzati, gestiti e distribuiti i dati.
Hosting Dedicato – quando le apparecchiature del provider sono noleggiate da un’impresa per un unico scopo, come ad esempio l’hosting di un sito web. Gli apparati possono essere situati on- o off-premise e l’azienda gestisce la manutenzione giornaliera dei sistemi hardware, software e sistemi operativi.
Hypervisor – una piattaforma (software, firmware, hardware) che gestisce più virtual machine (VM) ed assegna a ciascuna di loro le risorse hardware di uno o più server host. Le risorse, come il processore e la memoria, sono distribuite dai server host tra le diverse virtual machine (chiamate anche guest machine) in un modo tale da evitare che i loro sistemi operativi possano influenzarsi vicendevolmente.
Infrastructure-as-a-Service (IaaS) – una delle tre grandi categorie di cloud computing (IaaS, PaaS, SaaS). È una soluzione che mette insieme hardware e software in sostituzione o supporto di un data center. Questo può includere archiviazione, network e server virtuali.
Managed Hosting – una tipologia di hosting dedicato in cui l’apparato si trova presso lo stabilimento del provider ed è quest’ultimo che ne gestisce l’infrastruttura (hardware, software e sistemi operativi). Le imprese noleggiano le attrezzature e hanno, generalmente, accesso amministrativo, anche se raramente utilizzato. Accedono, invece, di solito all’ambiente di hosting attraverso un’interfaccia web-based, che offre strumenti on-line per gestire siti web e applicazioni. I provider possono scegliere di offrire all’interno di un contratto una serie di servizi aggiuntivi, come ad esempio la mitigation di attacchi DDoS.
PAYG – acronimo di pay-as-you-go, nell’ambito del cloud computing rappresenta la possibilità per le aziende di pagare soltanto per i servizi utilizzati, in relazione al tempo di impiego (minuti, ore o giorni).
Platform-as-a-Service (PaaS) – l’uso di infrastrutture gestito da un fornitore per lo sviluppo di software su server virtualizzati. I provider continuano a gestire i server, il load balancing, i sistemi operativi e la capacità di calcolo. Le imprese accedono alla piattaforma tramite portali web, API o software specifici del gateway.
SLA (Service Level Agreement) – documento in cui fornitore e azienda concordano i livelli di servizio della soluzione di cloud computing. Questo accordo è, in genere, parte del contratto con il cliente e deve essere il più esauriente possibile e includere i livelli di servizio delle infrastrutture di sistema, come tempi di risposta, installazione, disponibilità e altro ancora.
Software-as-a-Service (SaaS) – modello di business che consente ai vendor di offrire il software come opzione di leasing, invece che come acquisto una-tantum. Le imprese pagano una spesa ricorrente e ricevono tutti gli aggiornamenti e le future versioni dell’applicazione. Il cloud sta rapidamente diventando lo strumento preferito per offerte SaaS, tuttavia questa definizione non è legata alla piattaforma. Due esempi popolari di SaaS sono Microsoft Office 360 e Adobe Creative Cloud.
Virtualized Disaster Recovery – sfruttare il networking, l’elaborazione e le risorse di storage di un provider, sotto forma di Virtual Private Cloud, per replicare applicazioni e dati. Questo serve come back-up completo di dati critici, sistemi operativi, database e applicazioni dell’impresa.
Virtualizzazione – per ciò che riguarda il cloud computing, con il termine virtualizzazione ci si riferisce generalmente ai server virtuali. Un server fisico ospita le risorse di storage e di calcolo che supportano diversi server virtuali. Le capacità di storage e computing da un singolo server fisico sono distribuite tra i server virtuali come se fossero indipendenti gli uni dagli altri.