Roberto Montandon, Vice President Strategy and Business Development Customer Care Capability di Xerox Italia, analizza gli scenari futuri della programmazione informatica.
Passeremo la nostra giornata insegnando a una macchina a fare meglio il suo lavoro? Forse non ci abbiamo mai pensato, ma è possibile che sia proprio questa l’evoluzione dell’assistenza clienti. E Xerox, che conosce e utilizza la tecnologia meglio di chiunque altro per offrire un’eccezionale ed efficace customer experience, sta già anticipando le tendenze grazie alle soluzioni virtual agent sviluppate insieme a WDS.
In un futuro sempre più automatizzato, dove petabytes di dati si dovranno tradurre in informazioni rilevanti, all’interno dei luoghi di lavoro andrà progressivamente differenziandosi il ruolo delle macchine e quello delle persone, le quali assumeranno un nuovo e fondamentale compito: migliorare i sistemi di apprendimento delle macchine.
Grazie all’assistenza umana, l’apprendimento delle macchine è pronto a decretare la fine della programmazione informatica così come la conosciamo. Oggi i programmi vengono utilizzati per automatizzare le azioni, ma per cambiare il loro comportamento è necessario interpellare un ingegnere del software. Con l’apprendimento delle macchine, invece, il comportamento del programma sarà in grado di “automigliorarsi” non appena qualcuno gli segnalerà cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Fin dall’epoca di Turing, gli scienziati hanno studiato a fondo l’idea che i computer dovrebbero riuscire ad auto-migliorarsi nel tempo. È stato proprio in quel periodo che è nato il “machine learning”, che successivamente ci ha introdotto al concetto di intelligenza artificiale. La sua popolarità, fin da quel momento, è stata altalenante, ma negli ultimi anni quest’ambito è diventato di nuovo il centro del dibattito scientifico.
Dall’essere una disciplina quasi dimenticata, lo studio delle connessioni neurali è tornato in auge grazie a Andrew Ng di Google, che ha recentemente sviluppato una rete di connessioni neurali su larga scala utilizzando l’infrastruttura informatica di Google. Queste reti sono state allenate a riconoscere concetti complessi come “gatti”, attraverso la semplice visione di un video su Youtube. Inoltre, lo studio degli algoritmi di apprendimento approfondito – quelli che, per esempio, aiutano Facebook a taggare automaticamente i volti all’interno delle foto caricate sulla piattaforma – sono in fase di sperimentazione in alcuni dei più importanti centri di ricerca mondiali.
Un’ulteriore spinta è data dall’aumento dei Big Data. Poiché una consistente quantità di aziende informatiche, per lo più disorganizzate, sta affrontando una crescita esponenziale, gli addetti ai lavori iniziano a riconoscere l’opportunità di dare questi dati in pasto a macchine che potrebbero trarne un senso e agire di conseguenza, a una velocità che noi, esseri umani, possiamo solo immaginare.
Tutto ciò aiuterà le imprese ad anticipare i tempi e le esigenze dei clienti. L’opportunità di aumentare l’efficienza e di migliorare il livello di soddisfazione dei clienti è straordinaria, e sembra suggerirci che la nascita dell’apprendimento delle macchine sia solo l’inizio.
L’apprendimento delle macchine oggi
I benefici pratici dell’apprendimento delle macchine sono già evidenti, specie nell’ambito dell’assistenza clienti. La tecnologia che si basa sull’agente virtuale, sviluppata da WDS, azienda del gruppo Xerox, è ora in grado di apprendere dalle interazioni che avvengono con il cliente, sia online sia dal vivo. Tale tecnologia, inoltre, permette di diagnosticare problemi e proporre soluzioni capaci di fornire risultati tangibili che vanno ben oltre la riduzione dei costi di transazione. Ciononostante, oggi, le macchine non sono ancora in grado di ragionare da un punto di vista “semantico”, ed è tuttora difficile per loro individuare alcuni fenomeni quali l’emozione nel linguaggio. Poiché questo è un fattore essenziale per la buona riuscita dell’interazione tra uomo e macchina, la gestione del dialogo tra questi avrà un peso sempre maggiore sulla formazione lavorativa dei dipendenti, affinché sia possibile intavolare una conversazione efficace con una macchina.
Essendo questo un tipo di apprendimento costante, prevediamo di riuscire a utilizzare le macchine nella maggior parte delle telefonate. Il nuovo ruolo degli agenti umani sarà quindi quello di “formare” e “insegnare” alle macchine, dando loro continui feedback necessari per migliorare le loro performance, intervenendo direttamente in quei casi più complicati per i quali saranno necessari l’esperienza e il “tatto”, tipici di un individuo.
In queste circostanze, è come se il formatore avesse a che fare con un cucciolo molto obbediente. I risultati sono immediati: ciò significa maggior gratificazione nonché soddisfazione sul posto di lavoro.
Il ruolo delle persone
Da tutti questi esempi si evince, inoltre, come la creazione di algoritmi in grado di guidare i programmi informatici di uso quotidiano sia un processo sempre più automatico.
L’apprendimento delle macchine è pronto a rivoluzionare e rendere più democratica la tradizionale programmazione informatica. Invece di chiedere ai programmi di aggiornarsi e apportare cambiamenti, le macchine saranno in grado di fare tutto da sole, riconoscendo, grazie a ciò che hanno appreso, cosa è più adatto a loro.
Cosa implica tutto questo? Personalmente, ritengo che i risultati di questi cambiamenti saranno positivi.
Guardiamo alla tecnologia impiegata nell’assistenza clienti, ossia l’agente virtuale. I clienti possono ora connettersi a helpdesk sofisticati, in grado di osservare e prevedere le loro necessità. Gli agenti virtuali sono proattivi, sanno qual è il momento migliore per intervenire quando appare un problema, e sanno persino interagire nella maniera più adatta in base alla personalità e al livello culturale del cliente.
Se le macchine fossero in grado di adottare tale comprensione anche nella programmazione, si otterrebbe la totale automazione del settore; ci troveremmo, semplicemente, a “enunciare” le nostre idee alla macchina per vederle immediatamente attuate.
La programmazione automatica comporta l’eliminazione di quelle barriere che ostacolano l’innovazione e promette di “democratizzare” la creazione di nuovi software. Tuttavia, ciò non sostituirà il bisogno di avere persone a disposizione; anzi, dà loro la possibilità di raggiungere risultati ancora più grandi.
I programmi automatici si affideranno all’analisi dei dati, messa a punto dalle persone, per capire i problemi. Con tutte quelle informazioni a portata di mano, le macchine saranno capaci di risolvere quasi ogni problema, ma dipenderanno ancora dalle informazioni con cui sono state alimentate.
Lo sviluppo di esseri virtuali che siano di supporto nelle incombenze quotidiane fa parte del nuovo modello economico. Oggi, le aziende di successo si basano sempre più sull’esternalizzazione di servizi che possano essere forniti anche da agenti virtuali.
Quel che conta è l’impatto che si genera nelle persone con cui si ha a che fare.
Ciò che conta è non solo i tecnici informatici, ma anche noi, dovremo riuscire a creare delle tecnologie capaci di raggiungere con successo, se non sorpassare, le nostre stesse aspettative.